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Nico Conta presidente dell’azienda Enrico Serafino ci ha presentato tre referenze, gli Alta Langa Oudeis 2016 e Zero 2014 e il Barolo Serralunga 2016 (foto 1) in un incontro su piattaforma zoom organizzato dall’agenzia di comunicazione Gheusis.
Nico Conta ha fornito una breve storia dell’azienda e delineato il contesto territoriale dell’Alta Langa.

La storia

Serafino di cognome Enrico, non proviene dal mondo del vino. E’, infatti, il rampollo di una ricca famiglia del Canavese produttrice di pasta. La decisione di occuparsi di enologia è molto razionale. Il motivo è la percezione di una importante novità che comincia a movimentare il mondo del vino, ossia l’introduzione del Metodo Classico, all’epoca champenois (méthode champenoise), portato in Italia da Carlo Gancia.

Serafino Enrico intuisce l’importanza di investire nel vino, cosa che i contadini non facevano, e quindi fonda la sua azienda come un atto di volontà, e non di prosecuzione di una tradizione familiare. Lascia il Canavese e si sposta a sud della regione, in direzione Langhe. La prima cittadina che incontra è Canale, nel Roero, e probabilmente è il luogo dove è più conveniente acquistare la terra e qui costruisce nel 1878 la sua cantina, come accadeva all’epoca, nel centro della cittadina. La struttura sotterranea è concepita in modo da poter spostare il vino sfruttando la forza di gravità ed è costituita da due livelli, uno a 180 cm sotto il livello stradale dove viene raccolto il mosto che arriva dalle presse con un sistema di tubi, e un secondo livello più sotterraneo in cui si effettua l’affinamento e l’imbottigliamento del vino.

La visione di Serafino Enrico si rivela da subito molto orientata al mercato; le sue etichette sono considerate lo stato dell’arte del marketing dell’epoca. Utilizzano una simbologia che comunica messaggi precisi: la ciminiera indica che è un imprenditore e non un semplice vignaiolo; il bastimento sottende che esporta vini oltreoceano e il treno specifica che approvvigiona tutta la clientela nazionale ed europea. Già all’epoca vende in numerosi paesi tra i quali Stai Uniti, Cina, America Latina, e colleziona numerosi riconoscimenti vincendo medaglie. La cantina, riconoscimento importante, è tra le tre produttrici di Barolo invitata all’Esposizione Internazionale di Torino del 1911.

Oltre al Barolo e al Grignolino, produce Asti Champagne, denominazione che può utilizzare sino al 1935 e che testimonia la produzione di champenois. Attualmente Enrico Serafino è la più antica cantina di Canale con alle spalle ben 143 vendemmie consecutive e già nel 1970, in concomitanza con l’istituzione della Doc del Barolo e del Barbaresco, grazie al ruolo ricoperto nella storia di questi due vini le è concesso il “diritto storico acquisito” di condurne l’intero processo di vinificazione e affinamento nelle proprie cantine di Canale, in deroga alla zona prevista dalla denominazione.

Con Serafino Enrico nasce una dinastia di vinicoltori che arriverà sino a metà degli anni settanta del secolo scorso sin quando, cioè, nel 1976 l’ultimo erede si giochrà tutto, perdendo, a carte.

Prima dell’attuale proprietà l’azienda è acquistata nel 1989 da Barbero e nel 2003 da Campari, proprietaria sino al 2015. In quell’anno Kyle Krause, italo americano arrivato in Langa nel 2014, compra casa con la moglie e da lì comincia ad acquistare vigneti di Barolo a Serralunga, ma arrivata la vendemmia non sa cosa fare delle uve e ha bisogno di una cantina in zona. E proprio in quel momento Campari decide di vendere il gruppo vino, e Kyle Krause acquista la Enrico Serafino per produrre Barolo e contestualmente anche l’Alta Langa. La cantina è ripartita in locali secondo i vini prodotti, per cui vi è la Cantina Barolo 1878, la Cantina Spumanti e via elencando.

Enrico Serafino oggi

L’azienda è a conduzione familiare e produce circa 340-350 mila bottiglie l’anno. Dispone di 25 ettari di vigneti di proprietà e ne controlla altri 35 ettari. Produce 21 vini, la maggior parte con uve nebbiolo: il focus aziendale è il Barolo e tutto ciò che è attorno al mondo del nebbiolo come il Barbaresco, il Picotener che è un biotipo del nebbiolo. Dei 21 vini prodotti tre sono Barolo, un Barbaresco, sei Alta Langa, e i restanti vini da vitigni autoctoni.
Durante la vendemmia le uve che hanno raggiunto la perfetta maturazione fenolica, sono raccolte e trasportate velocemente in cantina quindi sono selezionate nei tavoli di cernita. La vinificazione prevede il 5-7% a grappoli interi, 15-20% ad acini interi, e il resto è sottoposto a pigiatura tradizionale. Nella cantina sono presenti tini di legno troncoconici, vasche di acciaio di fermentazione, presse inertizzabili con azoto autoprodotto, per evitare contatto con l’ossigeno, oltre ai legni.

Enrico Serafino e sostenibilità

L’azienda è attenta alla sostenibilità attestata dall’attivazione della Certificazione VIVA “La Sostenibilità della Vitivinicoltura in Italia”, che è un progetto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare istituito con lo scopo di misurare e migliorare la performance di sostenibilità della filiera vitivinicola.
La Certificazione è basata su standard internazionali, misurabili, migliorabili e condivisibili in tutto il mondo. VIVA prende in considerazione non solo l’attività nel vigneto, ma anche dell’ azienda, l’utilizzo di acqua, l’emissione di CO2, il rapporto con il territorio, l’energia utilizzata. E’ in attesa di VIVA il vigneto in Alta Langa e sarebbe la prima certificazione della zona.

Progetto Alta Langa

Il progetto è nato nel 1990. L’idea era legare il territorio alla qualità del vino spumante, mentre prima valeva soprattutto la classificazione tra i metodi Charmat e Classico.
Si è cominciato a selezionare i vigneti migliori, i contadini più motivati e i cloni più interessanti. E’ stato messo a dimora un vigneto di pinot nero, uve che il Piemonte ha utilizzato per decenni approvvigionandosi nell’Oltrepò Pavese, suo fornitore ufficiale, che del resto, sino al 1859 era piemontese. L’agronomo iniziatore di questo progetto è lo stesso della Serafino, per cui l’azienda ha partecipato alla sua attuazione sin dall’inizio tant’è che dei primi 50 ettari sperimentali piantati tra il 1991 e il 1994, Enrico Serafino ne controlla ancora più del 20 per cento. L’area vitivinicola si colloca nella zona della Robiola di Roccaverano, ossia nell’Alta Langa più povera, quella degli allevamenti di ovini e di caprini.

Per contro la denominazione nasce ponendosi subito un disciplinare con regole molto rigide e ambiziose, uniche tra le regioni spumantistiche: l’altitudine minima dei vigneti e 250 metri s.l.m.; l’obbligatorietà del millesimo; la fermentazione in bottiglia di almeno 30 mesi. La denominazione è nata andando a selezionare i punti più significativi e i cru migliori, mentre in genere le Doc e le Docg nascono per sancire una situazione precedente e poi con il tempo si individuano i cru più felici. Qui il processo è stato inverso e i risultati si evidenziano proprio nei punti del disciplinare appena elencati. I comuni sono 148 e ciò potrebbe far pensare a una zona molto estesa. Però di fatto gli ettari autorizzati sono 350. Per farsene un quadro è utile dar luogo a un confronto con altre realtà locali: la zona del Barbaresco comprende 3 comuni e mezzo e si sviluppa su quasi 800 ettari, mentre quella del Barolo, costituita da undici comuni, conta 2120 ettari.

Alta Langa Enrico Serafino 
Punto di forza dell’Azienda è il patrimonio di vigneti che forse nessun’altra cantina può vantare. Lavora su 41 località diverse in 16 comuni suddivisi al momento in 56 parcelle. La vendemmia ha una durata di 29 giorni, per garantire il raggiungimento della maturazione fenolica. La differenza altimetrica tra il vigneto più basso e quello più alto è più di 300 metri con distanze tra vigneti sino a 50 chilometri e ciò permette di comprendere quanto sia variegato il patrimonio da cui può attingere la cantina. La Enrico Serafino, non disponendo negli anni novanta vini di punta, investe tutto sull’Alta Langa e pertanto l’azienda è la prima a partite, e ora ha più vini di riserva in assoluto, più annate in assoluto, e grazie alla sperimentazione, l’azienda si è persuasa che gli affinamenti degli Alta Langa giovino sostanzialmente, che selezionare le parcelle sia fondamentale e, infine, che i dosaggi ridotti siano molto importanti. Pertanto la cantina ha deciso non solo di dosare con poco zucchero, ma di non utilizzare mai Cognac o altri distillati nella liqueur, per conferire al vino l’impronta del territorio.

Per quanto riguarda gli affinamenti, la cantina produce, tra gli altri, Alta Langa Zero140, vino lasciato sui lieviti per 140 mesi, praticamente circa12 anni. La prima annata, la 2005 è stata presentata nel 2018. A maggio di quest’anno sarà commercializzata la 2008. Lo Zero140 della scorsa vendemmia verrà degorgiato nel 2033. Va ancor aggiunto che i vini non svolgono la fermentazione malolattica e se questa si innesca è involontaria.

I vini in degustazione

Alta Langa Oudeis Brut 2016 (foto 2)
Oudeis, dal greco nessuno. E’ l’etichetta prodotta da più tempo, ossia dal 1999; in realtà è nata prima, ma solo dal 1999 è documentabile. Oudeis è vinificato con le uve di 16 parcelle con altimetria media di 400 metri e il 2016 è prodotto utilizzando l’80-85 % di pinot nero e il 15-20% di chardonnay. E’ rimasto sui lieviti circa 40 mesi anche se in genere sosta 36 mesi, e la liqueur comprende 6 g litro di zucchero. I terreni non sono poveri, ma molto compatti per cui le sostanze nutrienti non sono facilmente assimilabili dalla pianta. La componente di chardonnay conferisce maggiore capacità di beva, pur non togliendo complessità, che è il tratto più apprezzato di questo vino.

Note gustative
Nel calice riflette colore giallo paglierino intenso che vira al dorato, percorso da fini, continue bollicine.
Al naso si colgono profumo floreale, una nota di ginestra e fruttato di pesca.
In bocca è complesso, e nonostante gli zuccheri, il sapore è molto secco. Per quanto non abbia svolto la malolattica, l’acidità non si avverte come aggressiva e armonizza con le altre componenti del vino. Cogliamo un piacevole nonché stuzzicante salinità che e una nota finale che ci ricorda l’anice stellato.

Alta Langa Zero Riserva Pas Dosé 2014 (foto 3)
Nasce unicamente da uve pinot nero di tre parcelle di altitudine media poco superiore a 500 metri. E’ stato il primo Alta Langa a dosaggio zero a essere prodotto: la prima annata risale al 2004. Il vino permane sui lieviti prima della sboccatura per 72 mesi, quindi è rabboccato unicamente con vini di riserva senza altre aggiunte.

Note gustative
Colore giallo paglierino; bollicine molto fini e continue
Al naso sentori floreali si mescolano a ricordi di erbe aromatiche, frutta a polpa bianca con sfumature di ribes.
In bocca, dopo aver degustato Oudeis che è Brut, ci saremmo aspettati un impatto molto più asciutto, e invece la differenza di morbidezza dei due vini è quasi impercettibile. Il sorso è piacevolmente fresco, ma senza avvertire un’acidità aggressiva, anzi, la percepiamo contenuta.
Se la nota salina caratterizza il Brut, qui avvertiamo una più complessa mineralità.

Rispetto a Zero 2014, ma ciò vale anche per Oudeis, Nico Conta ci spiega che nonostante l’acidità non sia percepita aggressiva Zero ha un ph compreso tra 2,90 e 2,94 e 8,5 di acidità fissa, ma anche gli altri Alta Langa hanno un ph inferiore a 3. Sulla carta, quindi dovrebbe presentare un’acidità esagerata considerato che il ph di un vino è compreso tra 3 e 4 e se si scende sotto il 3 si entra nell’ambito di un’acidità paragonabile a quella del limone, come ha esemplificato un magazine americano per cercare di illustrare ai suoi lettore lo spettro del ph, mentre l’acidità fissa è elevatissima, L’armonia che si riscontra in bocca è data dalla complessità e dalla struttura del vino tali da potere sorreggere l’acidità. Va ancora detto che il pinot nero non è vendemmiato prima che sia completamente maturo, come succede in genere per le uve da spumantizzare se si vuole garantire acidità, e come succederebbe con il nebbiolo, se si volesse utilizzare in uno spumante. Invece il pinot nero, con questo ph, è perfettamente maturo, e pertanto conferisce al vino tutta la propria complessità legata all’espressione del territorio

Barolo Serralunga 2016
Barolo prodotto a Serralunga, da un assemblaggio di 5 vigneti di uve nebbiolo. Il mosto è prima raffreddato, quindi fermenta in vasche di acciaio e in tini troncoconici di legno. La macerazione si protrae per quasi un mese, quindi il vino è elevato in tonneau da 700 hl di diversi passaggi per una durata di 12 mesi, e una parte in botti da 25 hl per 16 mesi. Segue l’affinamento in bottiglia.

Note gustative
Colore rosso rubino con sfumature granate.
Profumo ampio, con ricordi fruttati, sentori di piccoli frutti, di ciliegia, di mora cui si uniscono ricordi di rosa; nuance balsamiche, di liquirizia, delicatamente speziato.
In bocca rivela la struttura possente, ed è ricco, con trama tannica evidente, ma ben intessuta e il sorso si allunga grazie all’acidità la quale armonizza con tannini e tenore alcolico. Il legno non è invadente, e, educato, fa da sfondo. Vino persistente.

Nella foto 4 un momento della degustazione.

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