Colline Albelle è una giovane azienda toscana con sede nel comune di Riparbella, borgo medievale in provincia di Pisa, nata dall’incontro di Julian Reneaud (foto 1), agronomo ed enologo, con due produttrici di vino e le relative famiglie.
Vogliamo presentare Julian Reneaud non solo per il ruolo sostanziale che svolge nell’azienda, ma per la sua storia ricca di vissuto e per certi versi avventurosa. Laureatosi a Tolosa nel 2008 decide di viaggiare, come spiega “per un giro del mondo, seguendo le vendemmie da un continente all’altro, senza soldi e senza aereo”. Partito da Carcassonne in autostop si imbarca a Bordeaux da dove navigherà per gli oceani come aiuto cuoco sui cargo o in veste di cameriere sugli yacht. Fa tappa anche a Cuba quindi arriva in California dove lavora presso un’azienda agricola, la Flowers, per poi viaggiare in Sud America, in Nuova Zelanda in Australia, e rientra in Francia attraversando l’Asia.
Tornato, decide di ripartire, questa volta in direzione Levante. Approda nuovamente in California dove dal gennaio del 2013 svolge il ruolo di Assistant Winemaker alla Opus Wine Winery.
Nel 2014 un vino della casa ottiene 100 punti da Robert Parker, e ciò comporta una pioggia di offerte di lavoro da più parti del mondo indirizzate allo staff, una delle quali, in Toscana, suscita il suo interesse. Torna così in Europa dove assume il ruolo di Estate Director presso la prestigiosa azienda Caiarossa dove si ferma per circa cinque anni per poi cominciare una nuova avventura nell’attuale tenuta Colline Albelle.
Quando vi arriva la prima volta, capisce che si sarebbe fermato lì per il contesto collinare, per le argille bianche, per la bellezza del sito, e una vigna in abbandono con un grande potenziale. Nasce e si concreta così il progetto con l’idea di lavorare in biologico e in biodinamico. Lascia pertanto animali quali bovini, ovini, caprini pascolare in vigna così da compiere un primo passaggio “e a farmi anche un po’ di compagnia sulle prime potature”. Dopo due anni di trattamenti, vale a dire nel 2020, la vigna torna produttiva.
Abbiamo incontrato Julian Reneaud, in occasione di un press lunch organizzato presso il ristorante milanese Andrea Aprea, dove ha presentato una selezione di vini Colline Albelle di cui è titolare.
Mentre ci racconta la sua storia fa servire un Tholomies Crémant de Limoux Brut (foto 2), azienda in cui lavora come consulente, prodotto con prevalenza di uve chardonnay, piacevolmente fresco con note agrumate di limone.
Le etichette in degustazione
La selezione di etichette in degustazione comprende Inbianco 2020 e 2021, Inrosso 2021, e Serto 2020 (foto 3), quest’ultimo un Sangiovese al suo debutto.
Ciò che colpisce di questa collezione è la forte caratterizzazione di ciascun vino.
Inbianco Vermentino Toscana IGP (foto 4) cento% vermentino, è atipico: dotato di 10° alcolici, delicato e ricco di acidità, si presta a lunghi affinamenti. Produrre un vino di qualità con così bassa gradazione alcolica non è da tutti, ed è solo la conseguenza di una scelta. Reneaud decide cioè quale sia il momento della vendemmia quando le uve esprimono gli aromi che cerca e nel caso di Inbianco, li ha trovati mentre l’uva non era ancora pienamente matura, vale a dire nella fase in cui generalmente viene colta per la preparazione degli spumanti; pertanto la bassa gradazione non era espressamente voluta, anche se era prevedibile. La base degli spumanti è spesso imbevibile a causa dell’elevata acidità.
Pertanto per ottenere un vino di piacevole beva e per non estrarre troppa acidità e troppe note vegetali, è stata effettuata una pressatura leggerissima, di 0,6 bar mentre un bianco in genere si pressa a 1,2 bar, ossia con una pressione doppia.
Il vino fermenta a bassa temperatura con lievito indigeno e questo permette di mantenere e proteggere gli aromi che all’inizio sono molto delicati. Inoltre svolge la malolattica che generalmente si evita nei bianchi per mantenerne la freschezza, mentre in questo caso si voleva ridurre l’elevata acidità malica. Alla malolattica segue la chiarifica, con sedimentazione a freddo, quindi il vino è elevato per sei mesi in barrique non tostate, ossia piegate al vapore (Acquaflex), e ciò permette di ottenere maggiore micro ossigenazione e un tannino che ammorbidisce il vino senza però intervenire sulla trama aromatica.
È un bianco fresco, pulito, decisamente verticale, con note floreali e minerali, caratteristiche presenti in entrambe le annate, ma più accentiate nella 2020 dove a una struttura più salda si uniscono sentori minerali che virano su tenui note di idrocarburi.
Per questo, così come per gli altri vini la linea guida è per ogni parcella un solo vitigno, una sola uva.
L’altra linea guida è quella di lavorare con i vitigni autoctoni toscani. Però l’unica parcella di uve rosse vinificabili era di merlot “che non è un vitigno autoctono toscano” considera ironicamente Julian Reneaud “ma ho pensato che almeno era più locale di me” e pertanto decide di vinificarla rivisitando però il Merlot. Nasce così Inrosso Merlot Toscana IGP 2021 (foto 5) la cui singolarità risiede nel lavoro in vigna durante la fase vegetativa, quando una particolare potatura di alcuni tralci fa sì che crescano grappoli che rimangono leggermente più verdi rispetto agli altri, ricchi, pertanto, di pirazina, un precursore aromatico che comunica al vino note di peperone, ma che con il procedere della maturazione si perde. Con tale procedura la pirazina permette di trasmettere a Inrosso due caratteristiche che in genere i Merlot non hanno, ossia la nota speziata di peperone che conferisce eleganza, quindi maggior carattere grazie ai tannini più densi.
Rispetto ai Merlot tradizionali, è più verticale, lungo, elegante. Vendemmiando presto, a metà agosto, essendo il carico di tannino significativo, il pigiato è sottoposto a una macerazione corta, di soli 8 giorni, quindi liberato dalle bucce fermenta con lievito indigeno; segue la malolattica e dopo una sedimentazione a freddo, l’ottanta% passa in barrique per 18 mesi, mentre il restante in anfore cocciopesto Drunk Turtle per lo stesso tempo. È un rosso piacevolmente fruttato con nota erbacea con reminiscenze di peperone verde, verticale, con giusta presenza di tannino.
“Amo produrre vini molto puliti e dritti” spiega Reneaud e questa idea è riprodotta anche nel logo aziendale (immagine 6) “con la C che rappresenta il viticcio della vite e la parte artistica del mio lavoro, in vigna e in cantina, mentre la A è la parte scientifica e quindi l’idea di fare vini puliti e senza deviazioni. Ci tengo molto a mantenere sempre questo equilibrio”.
Serto Toscana IGP 2020 (foto 7), da uve sangiovese in purezza, ha debuttato quest’anno con l’annata 2020. Il nome è mutuato dalla corona di alloro utilizzata anticamente dai romani e oggi dagli studenti al momento della laurea. I tannini del sangiovese possono dimostrarsi nei primi anni un po’ di disturbo alla degustazione però poi con il protrarsi dell’affinamento comunicano eleganza. Pertanto Serto è stato elevato di 30 mesi in barrique, quindi affinato 6 mesi in bottiglia. La permanenza in barrique ammorbidisce i tannini. La nota amara, di mandorla, si attenua con gli anni “così da farla diventare più un pregio che l’inizio di un difetto”.
Serto è una classica espressione di sangiovese, e nel bicchiere si riconosce per la sua tipicità. Succoso, ai sentori floreali e fruttati unisce note balsamico e una trama tannica integrata.
Ad affiancare l’attuale produzione vi saranno due vini, un Ciliegiolo e, che per unicità suscita già interesse, un Canaiolo bianco. Ma prima di concludere vorremmo dire della conduzione biodinamica della tenuta.
La conduzione biodinamica
Ciò che ha portato Julian Reneaud alla biodinamica è la base, ossia la ricerca di un equilibrio tra le zone produttive e quelle improduttive. Per esemplificare, si può vitare tutta la superficie di una tenuta e ottenere la certificazione bio se la conduzione ne segue i principi. Ma per ottenere la certificazione biodinamica innanzitutto la superficie coltivata, in questo caso vitata, deve essere pari a quella non produttiva, che a Colline Albelle è il bosco. Ciò garantisce la biodiversità che il solo vigneto non garantirebbe. Come spiega Reneaud, l’armonia di questa scelta è raccontata dalle stagioni.
All’epoca della fioritura gli insetti si moltiplicano esponenzialmente, ma ciò comporta un equilibrio in quanto nessuno prende il sopravvento così da diventare invasivo e soprattutto risolve il problema di tignola e tignoletta, che sono particolarmente temute. Successivamente grazie alla presenza del bosco, sono gli uccelli a ridurre in modo drastico la popolazione di insetti. E quando l’uva diventa matura e gli uccelli potrebbero danneggiarla ecco che arrivano i rapaci, le poiane, che per cacciare hanno bisogno di spazio, come quello che garantisce il vigneto e pertanto gli altri uccelli ritornano nel bosco. Questo è solo un aspetto della conduzione biodinamica, ma che rende l’idea di quanto sia armonica e sintonica con l’esprit di Colline Albelle.