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Aggiornamento gennaio 2018
Yuzu è una tappa fissa dei nostri itinerari gastronomici. Proviamo i piatti “storici” , ne assaggiamo altri.
Il sushi (foto 1) si conferma per questa fascia di prezzo (24 euro) forse il migliore della città. Anche il ceviche è sempre riprodotto in modo magistrale (foto 2). Abbiamo provato il toban yaki di mare (foto 5). Il piatto prende il nome dal recipiente di ceramica, il toban, dotato di coperchio del medesimo materiale, in cui viene cucinato e servito: il toban è portato a tavola dove viene scoperchiato davanti al cliente. Il toban yaki che abbiamo scelto, ossia di mare, consiste gamberi, cappesante, verdure, germogli di soia, funghi shiitake, pannocchiette (di queste ultime avremmo fatto volentieri a meno) messi nel recipiente con una salsa al miso, cotti a calore intenso per circa 2 minuti. Crostacei e molluschi si rivelano molto teneri grazie alla breve cottura ed è un piatto che ci sentiamo di consigliare (18 euro).

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Aggiornamento febbraio 2017

Il ristorante si conferma di grande affidabilità. Siamo tornati per provare altri piatti, in particolare il somen e l’ebi fry. Il somen (foto 3), zuppa fredda di spaghettini sottili è piacevole e delicata. Il brodo è un dashi profumato di yuzu; sopra gli spaghetti  sono adagiati strisce di salmone scottato con fiamma di cannello e uova di salmone. Piatto fresco, leggero, soddisfacente. Gli ebi fry (foto 4): i gamberi differiscono da quelli in tempura in quanto non sono in pastella, ma  ricoperti da una sorta di panatura. Sono un piatto goloso croccante e morbido al tempo stesso, e rispetto agli altri piatti provati quello meno leggero.

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Si dice che i sushi debbano essere eseguiti dagli uomini perché il calore delle palme delle loro mani permetterebbe di modellare al meglio il riso.  Nulla da eccepire se poi, degustando un nagiri,  si è in grado di riconoscere se il riso è stato modellato da mano femminile o maschile. Però, di fatto, da Yuzu, piccolo ristorante in zona  Porta Romana, Yoko Matsuda, la signora che lo gestisce, formatasi alla scuola di cucina di Tokyo ed ex allieva di Nobu, prepara un sushi tra i migliori della città.

E’ da anni che  frequentiamo Yuzu; sino a non molti mesi fa era piccolissimo  e quando si è ampliato, ma solo di pochi tavoli, per un momento temevamo che la qualità potesse risentirne, ma  il “motore” della cucina, e soprattutto del bancone  del sushi, si è adeguato ai nuovi ritmi. Yuzu è il nome di un agrume giapponese che Yoko ama particolarmente e ne fa spesso uso per profumare i piatti. Se si è soli, meglio sedersi al bancone per ammirare la chef e farsi incantare dalla sua gestualità mentre affetta il pesce e modella i suoi piatti griffati. Il  panorama della ristorazione nipponica milanese vede ristoranti stellati e altri sicuramente molto vicini alla stella, che producono piatti di un livello decisamente elevato a prezzi adeguati. Yuzu, rispetto a questi, è più una “trattoria”, ma con alcune proposte sicuramente superiori alla media.

Per esempio il sushi; nulla a che vedere con quello omologato che trionfa da più di vent’anni nei sushi bar più modesti e che si trova persino nei supermercati. Per questo motivo sino a non molto fa il sushi era il piatto da non ordinare: decisamente meglio il sashimi. Ora però l’alta ristorazione giapponese propone sushi che sono tanti pezzi di cucina compiuti, piccoli capolavori, preparati con ingredienti di prim’ordine che talvolta comprendono  anche carne Wagyu o Angus, ciascuno condito  con una propria salsa e con  il riso dosato quanto basta, giustamente condito. Ovviamente i prezzi sono molto superiori a quelli dei sushi omologati, ma la differenza qualitativa è abissale. Il sushi di Yuzu si avvicina più a quelli dell’alta ristorazione,  ma con prezzi da sushi bar  (24 euro) per cui è, per il rapporto prezzo qualità, forse il migliore di Milano. Come si può vedere anche dalla foto, si presenta in modo certamente diverso da quelli standard. Anche gli ingredienti sono selezionati: cappesanta cruda, gambero crudo, uova di salmone; alcuni pezzi, come  la ricciola, sono scottati con la fiamma del cannello e completano il repertorio alcuni urumaki alle uova di pesce.  Ogni pezzo ha una propria salsa, e in ogni caso un  proprio equilibrio di sapori.

Va ricordato anche il sashimi di Yuzu che si distingue da quello dei competitor sia per la qualità degli ingredienti, sia per il servizio su couche di ghiaccio.

Da Yuzu va provato anche il ceviche. Cosa c’entra un piatto della cucina peruviana? Degustandolo ci si accorge come sia diverso da quello tradizionale, senza però farlo rimpiangere. Si tratta di un piatto nikkei, dal nome della cucina peruviana interpretata dai giapponesi di seconda generazione residenti in Perù che si è fusa con quella locale dando vita a un filone fusion. Diego Muñoz è lo chef peruviano del ristorante Astrid y Gaston di Lima, considerato il migliore dell’America del Sud; prima  ha lavorato in Spagna da El Bulli, tanto per citarne uno. Muñoz spiega che una volta il ceviche era preparato la sera prima mentre ora si realizza al momento grazie alla ricerca del sapore del pesce stesso non falsato dalla marinatura, ed è questo, precisa, l’apporto della cucina nikkei. A corroborare quanto detto in occasione di Expo, Muñoz a Identità Expo ha preparato un menu che comprendeva un ceviche  realizzato in questo stile. Quindi da Yuzu si può provare il nippo-ceviche, sempre con un rapporto qualità prezzo abbordabile (16 euro). Una cena che comprenda tre portate costa mediamente da 50 a 60 euro bevande escluse (un ceviche nikkei lo presentiamo anche qui).

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