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Originario del Mediterraneo, era coltivato ai tempi dei Romani e citato anche da Plinio; in cucina si è diffuso dopo il ‘500, soprattutto in Scozia, dove a partire da quel secolo appare sullo stemma reale scozzese. Esistono diverse varietà di cardo, che si distinguono a seconda della regione italiana di provenienza. Il piemontese Gobbo di Nizza Monferrato ha la caratteristica forma a gobba in quanto a settembre sono ripiegati e coperti di terra così da sbianchirli, ed è l’unico adatto a essere consumato anche crudo, perché è particolarmente tenero. Il Gigante di Romagna ha il gambo lungo color verde chiaro ed è molto spinoso; il cardo di Bologna, invece, è senza spine, mentre il cardo di Chieri è poco spinoso, molto resistente e di buona qualità. Esiste anche il cardo selvatico, una specie spontanea diffusa soprattutto nel centro sud e nelle isole. Prima di cucinare il cardo è necessario pulirlo bene e con cura, eliminando le coste e le foglie; inoltre, è consigliato lasciarlo in acqua acidulata col succo di limone, prima di cuocerlo, per evitare che annerisca a contatto con l’aria. I cardi sono ottimi bolliti e gratinati al forno, negli sformati, nei risotti o come contorno, e sono immancabili nella tradizionale bagna cauda piemontese. In alcune regioni si utilizza un estratto dei fiori dei cardi del genere Cynara come caglio vegetale per alcune produzioni casearie.

Valori nutrizionali per 100 g di parte edibile

 

Proteine: 0,6 g

Lipidi: 0,1 g

Carboidrati: 1,7 g

Fibre totali: 1,5 g

Valore energetico: 10 kcal

Il cardo è ricco di calcio, ferro, magnesio, potassio e fibre; si trova da fine settembre a febbraio. Depura fegato e organismo.

 

Il segreto

E’ sconsigliato congelare il cardo, perché diventa molle e perde molte delle sue sostanze nutritive; invece, si conserva o bene appeso in un luogo fresco e asciutto, lontano da luce e forti fonti di calore.

 

 

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