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Conosciamo il ristorante Il Moro  di Monza (per la recensione cliccare qui), e in questo ultimo anno abbiamo notato la costante coerenza con la sicilianità che è l’anima del locale, il perfezionamento dei piatti dal punto di vista concettuale e l’evoluzione delle tecniche culinarie.

Un percorso evolutivo

Il buon livello che abbiamo sempre verificato, è stato protagonista di un apprezzabile salto qualitativo. L’idea del piatto è sempre più chiara e porta a una realizzazione pulita, netta. E’ come se il cuoco avesse maturato una maggiore coscienza di sé e pertanto oltre a concentrarsi sul cuore del piatto, realizza ciascuna sfumatura, costruzione plastica, traccia cromatica con l’attenzione e la cura al pari del cibo protagonista della preparazione. Questo per dire che osservando alcuni piatti sorgono due considerazioni ossia che lo chef ha una sicurezza tale che può “giocare” sul particolare senza uscire dal tema, e che Il Moro è un ristorante di alta cucina. L’evoluzione del Moro, gestito dai fratelli Butticè (vedi nota in fondo all’articolo), è anche della sala anch’essa in evoluzione, sempre più di tono, sempre più all’altezza della cucina come se ne seguisse il percorso evolutivo.

La carta
Prima di lasciar parlare i piatti va ancora detto che la carta si compone di due sezioni, una dove le preparazioni sono suddivise per portata, e l’altra dedicata ai menu, che sono una caratteristica di questo ristorante. Imperdibile il Viaggio in Sicilia, in sei portate.

Le ostriche
Abbiamo scelto i piatti alla carta. Nella prima portata, Le ostriche e le mandorle di Raffadali (foto 2), troviamo un abbinamento più che insolito, vorremmo dire unico. Le ostriche e il proprio jus esprimono tutta la sapidità del mare, mentre le mandorle comunicano la dolcezza pacata, ma persistente, e alla morbidezza della crema si aggiunge la croccantezza del seme. E’ un piatto che va provato e gustato con molta attenzione per coglierne i piacevoli equilibri.

I gamberi
Nell’ assoluto di Gambero di Mazara del Vallo (foto 1), i crostacei sono accompagnati da una salsa emulsionata e da una crema di lattuga romana. I gamberi rossi sono ben completati dagli altri ingredienti. In particolare la salsa emulsionata ci ha riservato una sorpresa; potevamo aspettarci un’ailoli, invece era una maionese montata con il corallo dei gamberi stessi. Sappiamo tutti che il corallo è parte importante ma saperlo utilizzare al meglio è un altro discorso. Ciò trova maggiori analogie con la ristorazione giapponese capace di valorizzare ogni minima parte di un alimento. La lattuga fa la sua parte completando, diluendo i sapori, ma sempre rispettandoli e le foglioline croccanti sono un vezzo, una concessione al gioco di consistenze.

Lo spada
Proseguiamo e dopo le mandorle di Raffadali e i gamberi di Mazara, arriva il pesce spada altro piatto forte della gastronomia siciliana. Lo chef in questa Tartare di spada, ricotta, passion fruit e pera (foto 3) gioca, si esibisce in preziosismi sempre funzionali alla portata. Il pesce spada è sapido, tenero, condito quanto basta ma il piatto è anche la cialda di pera, tre triangoli che contengono il disco di pesce disegnando una corona, sono anche le salse che sembrano ammiccare, nella loro semplicità perfetta, né troppo penetrante una né troppo dolce l’altra. La pera sorprende perché la felicità dell’abbinamento porta a stupirci per non averlo mai considerato: accostamento elegante e di grande equilibrio completato dalle salse di giusti sapori, intensità, densità, e all’esame visivo lucide perché ben eseguite.

I bottoni
I bottoni e la norma (foto 4) sono una riproduzione del celebrato piatto catanese. La pasta all’uovo avvolge un cuore di melanzana che in bocca è fondente; possiamo indugiare gustando sensazioni che ci comunica, ma soffermiamoci anche sul guazzetto di pomodoro, mediterraneo, scorrevole, avvolgente che convince per felicità di esecuzione. Il guazzetto parte sicuramente da un ingrediente di prima scelta, ma per valorizzarlo, “tirargli fuori” tutta la bontà occorre la mano di un grande chef.

Il fritto
Per finire un piatto che potrebbe sembrare “facile” ossia il fritto di mare… ma quando è stata l’ultima che volta ne abbiamo mangiato uno che ci abbia convinto pienamente? Il Fritto (foto 5 nella foto mezza porzione) che abbiamo mangiato era piacevole al palato, leggero, fragrante e goloso. Anche questo piatto comprende un elemento insolito ossia una salsa béarnese in cui intingere il pesce e le verdure. Inoltre un particolare non è passato inosservato, vale a dire i gamberi fritti senza carapace, ma provvisti di zampe che danno croccantezza senza ostacolare la masticazione, come nell’alta cucina giapponese dove le zampette vengono fritte separatamente per poi accompagnarle al gambero cucinato in altro modo.

Per concludere
Per quanto riguarda la pasticceria vogliamo solo dire dei quadrati di cioccolato (foto 6) homemade in stile modicano ovviamente, con una salatura dichiarata che fornisce una pennellata di sapidità che fa da contrappunto al gusto dolce e amaricante. Potremmo ancor dire della crema di bieta con cozza accompagnata da patata soffiata, degli sfincioni, dei canelé e dei macarons, ma ci fermiamo qui. Per quanto riguarda i vini di accompagnamento Champagne Grande Reserve Brut Alexandre Bonnet (foto 7) , Bellone delle cantine Sanvitis (foto 8) e con il cioccolato Grappa Riserva del fondatore “Paolo Berta”.

Nota sui fratelli Butticè
Antonella 29 gennaio 1979
Laureata in scienze dell’amministrazione;
maître e sommelier ( 3 liv fisar – ) del Moro
Docente di Sala e bar presso Istituto Alberghiero di Monza

Salvatore 22 ottobre 1976
Chef e sommelier ( 3 liv ais-master) del Moro

Vincenzo 05 ottobre 1972
Restaurant manager ( Alma- Business school sole24ore) , chef del Moro e resp. Risorse Umane
Docente di cucina presso Istituto alberghiero di Monza

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