Si è tenuta giovedì 18 gennaio una Tavola Rotonda che ha avuto per tema “Valore concreto, le prospettive di sostenibilità del Prosciutto di San Daniele e i passi futuri della filiera”.
Tavola rotonda introdotta da Giuseppe Villani, Presidente del Consorzio del Prosciutto di San Daniele, e che ha visto la partecipazione di relatori sia dello staff direttivo del Consorzio, sia di altri operatori del settore (veterinari, AGRI Lab) alla presenza di giornalisti del food. Villani ha impresso il timbro all’evento e al dibattito, moderato e stimolato da Laura Bettini giornalista di Radio 24, introducendo alcuni concetti base.
Innanzitutto il ruolo delle aziende non deve essere solo economico, ma anche sociale. Se si vuole pertanto affrontare il tema della sostenibilità bisogna aver chiaro che questa non deve essere solo ambientale, ma anche sociale, pertanto inclusiva.
L’ economia sta cambiando in quanto oltre alla produzione e alla commercializzazione della merce, acquisisce sempre più importanza il fattore umano, che implica un processo inverso a quello di reificazione spesso connesso al nostro sistema produttivo. E in merito Villani sottolinea il fallimento del modello capitalista in quanto la ricchezza si è concentrata in mano a poche persone, perché non vi è stata e non vi è equa distribuzione del reddito.
La sostenibilità nel comparto in cui opera il Consorzio implica, ed è imprescindibile, il benessere animale. Villani sottolinea in merito che il nuovo Disciplinare di produzione, evidenzia l’importanza della tracciabilità, perché “se il suino sta bene, la carne è più buona.”
Il Consorzio del Prosciutto di San Daniele Dop
Il distretto produttivo del Prosciutto di San Daniele, per quanto sia di rilevanza nazionale, è molto localizzato, perché la trasformazione del prosciutto si svolge in un comprensorio circoscritto all’omonimo comune friulano. La filiera, per contro, è molto estesa e interessa un’area costituita da 10 regioni del nord e del centro Italia, dove si trova il comparto allevatoriale (3626 allevamenti) e di macellazione (45 macelli). Il Consorzio nasce nel 1961, da una iniziativa cittadina, ossia da un’associazione di produttori di prosciutto, di commercianti, di professionisti locali quali il farmacista e il notaio, con la mission di difendere e tutelare le caratteristiche del San Daniele. Non nasce quindi da un’iniziativa dei soli produttori, in quanto coinvolgeva tutta la città: una prima espressione, sia pur in nuce, di sostenibilità.
Il progetto sostenibilità esordisce invece attorno al 2019, come conseguenza di una serie di scelte operate nei precedenti anni. Ma perché sia attuabile, occorre che sia d’avanguardia e segnatamente attrattivo perché da un lato vi è un distretto produttivo omogeneo, dall’altro realtà produttive e di macellazione lontane, ma che sono state coinvolte e pertanto seguono le linee di economia sostenibile consortile. Ed è questo un aspetto rilevante perché, come ricorda Mario Emilio Cicchetti, Direttore del Consorzio, senza tal coinvolgimento non si potrebbero realizzare certi progetti in quanto “si può invitare, ma non obbligare un allevatore a compiere certe scelte” al contrario di ciò che accade con le aziende che lavorano direttamente con il Consorzio.
Il Disciplinare di Produzione Prosciutto San Daniele Dop
Il Disciplinare, decretato nel 1994 con lievi modifiche nel 2007, è l’insieme delle norme che i produttori del prosciutto di San Daniele Dop si sono dati e al quale devono attenersi. Ciò comporta che il prosciutto deve essere di suino italiano, rispettando una certa genetica, rispettando un’alimentazione particolare, un’età e dei metodi di macellazione.
Nel 2019 venne modificato e d’accordo con gli allevatori e le aziende di macellazione è stato raggiunto l’obiettivo della tracciabilità ed è importante perché implica la comprensione che il suino deve avere una certa genetica, che la genetica deve essere controllata, che gli allevatori devono rispettare le norme di questa genetica, non possono essere cioè suini di tutti tipi, ma avere una precisa provenienza. Da questo è stato stabilito che al momento della macellazione i capi devono avere un peso minimo e massimo oltre che un’età minima. Conseguentemente l’allevatore si deve uniformare a queste direttive e consegnare all’industria di macellazione suini con pesi determinati. Ciò fa sì che l’allevatore ha fatto suo il concetto di uniformità. La produzione di un suino più uniforme, con precisi standard qualitativi, comporta una valorizzazione importante del prosciutto che ne deriva, e pertanto i prosciutti così ottenuti hanno una qualità superiore a quella degli altri, e il Consorzio paga per ottenere tale uniformità. Conseguentemente l’allevatore esamina con più attenzione la vita dell’animale, fa in modo di trattarlo meglio perché sia più uniforme. “Con queste indicazioni” spiega Villani “gli allevatori hanno ottenuto un maggiore reddito, ed qui è la chiave di interpretazione della sostenibilità: non costa di più, ma costa meno, perché se tratta meglio il suino, lo fa vivere meglio, e se è trattato meglio la carne è più buona”.
Il benessere animale
La sostenibilità si misura, sul benessere animale che, per un allevamento dovrebbe essere un fattore imprescindibile.
Di fatto, però, per benessere animale spesso l’ultima attenzione è per l’animale, perché si pensa alla sostenibilità economica, più che quella etica. Ma l’approccio migliore alla sostenibilità passa per quello etico. Ed è “il cambio di passo” come spiega Giovanni Alborali, Medico Veterinario “che deve fare chi considera l’allevamento come qualcosa che produce merce, ossia animali intesi come merce e non come esseri”.
Il punto di partenza è come l’animale viene allevato. E qui interviene Classyfarm una piattaforma informatica inserita nel portale nazionale della veterinaria, che elabora dati provenienti da diverse fonti quali: valutazioni in campo del benessere animale e biosicurezza dell’allevamento; utilizzo di antimicrobici; parametri dell’allevamento come alimentazione, stati sanitari; rilevazioni al macello di dati sanitari (es. score polmonari) e di benessere (es. lesioni alla coda nel suino). Classyfarm è uno strumento non soggettivo, non di settore. Deve avere punti cardine che riguardano l’etica e il benessere dell’animale. Parte proprio con l’obiettivo di fornire uno strumento che dia dati oggettivi per quegli allevamenti e per quei prodotti che diventano alimenti per l’uomo, e che derivano da allevamenti che lavorano nel rispetto e nel benessere degli animali, con attenzione nell’utilizzo degli antimicrobici, nel prevenire le malattie.
Il sistema è in grado di valutare il lavoro degli allevamenti, grazie a un sistema di rilevazioni oggettive da dati di banche dati e da valutazioni esterne, fatte in allevamento comprese anche quelle del servizio sanitario nazionale, delle autorità sanitarie. Ciò vale anche per la macellazione. L’analisi dei vari organi deve dimostrare che l’animale è stato allevato bene.
Il Consorzio San Daniele e la relazione con Classyfarm?
Classyfarm è un sistema operativo dal 2018 riconosciuto dalla Comunità Europea dal Ministero della Salute, dal Ministero dell’Agricoltura per la categorizzazione degli allevamenti in merito alle caratteristiche di livello di benessere, di livello di sicurezza, di consumi antimicrobici elevati tant’è che serve anche per stabilire se un allevamento è a maggior o minor rischio, indirizzando quindi i controlli delle autorità competenti. Il Consorzio San Daniele ha fatta sua la valutazione oggettiva degli allevamenti per migliorare il livello di benessere animale, già quando Classyfarm non si chiamava ancora così, nome dato successivamente in accordo con la Comunità Europea.
Il Consorzio San Daniele ha voluto sin da subito partecipare con concretezza e costanza. Concretezza perché è uno dei primi Consorzi che ha voluto capire come oggettivizzare il dato e quindi come rendere concreto il concetto di benessere che veleggiava senza basi concrete; costanza in quanto dal 2015 sta promuovendo questo sistema. I punti cardine del benessere animale focalizzano il modo in cui i suini sono allevati, gli spazi che ciascun capo ha a disposizione, all’aria che respira, come viene dato l’alimento, e il consumo di antibiotici. Questo è il prodromo di quello che deve essere il sistema di valutazione per andare a selezionare e a promuovere gli allevamenti che lavorano per il benessere nei fatti.
E una volta selezionati gli allevamenti virtuosi come comunicarlo? L’*SQNBA Sistema di qualità nazionale per il benessere animale “stabilisce le procedure atte a qualificare con apposita certificazione volontaria, la fase di allevamento di animali destinati alla produzione di alimenti tramite la definizione dei processi e dei requisiti di salute e benessere animale secondo criteri superiori a quelli già definiti dalle vigenti norme europee e nazionali”.
L’SQNBA , è l’espressione che trasforma il dato oggettivo presente in Classyfarm; dato gestito in maniera oggettiva per permettere al consumatore di conoscere tramite un apposito marchio la filiera produttiva di animali allevati secondo i criteri sopra esposti. L’allevamento, aderisce volontariamente al sistema e ci sono modi per verificare se tra adesione e pratica ci sia corrispondenza totale. Vi sono due livelli di monitoraggio. Il primo è quello dell’autorità sanitaria, mentre il secondo riguarda la certificazione che prevede che ci siano degli agenti che vadano a controllare e verificare che quanto dichiarato sia veritiero.
Oggi questo sistema monitora, non controlla. È monitorato dai veterinari di stato. SQNBA è un modello di benessere animale che il Consorzio condivide e sostiene come modello base nazionale per avere elementi oggettivi di controllo. A tutt’oggi, però, manca la fase attuativa, un decreto ministeriale che porti alla seconda fase, ossia oltre ai controlli veterinari, quello di enti preposti per verificare sul campo che gli animali siamo realmente allevati nel benessere. Quando sarà attuato il sistema di certificazione, sui prodotti sarà apposto un bollino che certifica che proveniente da allevamenti con animali allevati secondo il sistema di qualità nazionale del benessere. I dati dell’SQNBA sono quelli di Classyfarm e quelli rilevati dagli enti di certificazione.
La tracciabilità
Il Consorzio interviene direttamente sull’attività di trasformazione dei prosciuttifici , mentre a monte è il Disciplinare che regola le fasi precedenti. E il Consorzio, garantisce che sia rispettato, spiega Alessandro Ciciliot, Servizi Tecnici e Vigilanza, grazie a una serie di interventi che evidenzia la tracciabilità del prodotto:
entro il primo mese dalla nascita, le cosce del suino sono tatuate con un codice univoco identificativo dell’allevamento, del luogo e del mese di nascita del suino così da definirnel’ origine;
in fase di macellazione, è impresso sulle cosce un timbro a fuoco con il codice identificativo del macello;
ogni prosciutto viene marchiato nel prosciuttificio con la data di inizio di lavorazione, che ne certifica l’immissione nel circuito del San Daniele DOP;
a fine stagionatura, superate le verifiche svolte dall’Organo di controllo del Consorzio, avviene la marchiatura a fuoco con il marchio del Consorzio che riporta il codice identificativo del produttore.
Il consumatore che acquista il prosciutto affettato del Consorzio nelle apposite vaschette, può grazie al QR Code univoco (foto 7), posto su ogni confezione, accedere al sistema di tracciamento digitale in tempo reale, per mezzo di uno smartphone, con cui visualizzare le informazioni in merito all’intera produzione: origine della materia prima, durata della stagionatura, data di affettamento, ingredienti, peso, luogo di stagionatura e di affettamento (foto 8). Sulle confezioni verrà in futuro apposto, quando l’attuale ministero lo decreterà, il bollino SQNBA .
La salute dell’ambiente, la salute dell’uomo e la salute dell’animale fanno parte dello stesso insieme collegato al Consorzio San Danele che esprime questo concetto di tracciabilità, lo certifica, lo dimostra, lo misura con dettaglio di dati. Ma occorre pubblicizzarlo perché, come spiega Vitaliano Fiorillo, Direttore Agri Lab SDA Bocconi “la tracciabilità non costituisce di per sé una comunicazione. Il sistema di tracciabilità è solo un mezzo, ma non è il mezzo di comunicazione finale, è uno step intermedio”. Il sistema di tracciabilità va spiegato al consumatore. Il consumatore ha un peso notevole nelle scelte aziendali delle realtà produttive di filiera animale.
Un esempio calzante è dato dalle aziende produttrici di uova dove la sempre maggiore attenzione per il benessere animale del consumatore sta orientando gradualmente gli acquisti in favore di uova prodotte in allevamenti più sostenibili mentre a diminuire vistosamente è la vendita delle uova provenienti da allevamenti in gabbie. Per il consumatore, “sostenibile” è garanzia non solo di prodotto etico, ma maggiormente affidabile e pertanto se riconosce questo valore, è disposto a pagarlo. Pertanto la stampa deve svolgere un ruolo informativo sempre più esauriente perché le scelte virtuose, che fanno bene a tutti, abbiano adeguata visibilità.
Conclusioni
Da quanto detto, emerge il lavoro di promozione del Consorzio, il primo del settore nato in Italia, e da subito in linea con la sostenibilità già prima che questo concetto si andasse delineando. Gli investimenti, la costante attenzione per il benessere animale che assume la centralità, rappresentano fatti, sono impegni concreti che vanno non solo riconosciuti, ma promossi.
Ciò che non è emerso dalla tavola rotonda, e se ci sono dati “sostenibili” in merito andrebbero divulgati, riguarda la fase finale, ossia il passaggio dei capi di bestiame dall’allevamento al macello, fase che svolge a parer nostro un ruolo non secondario.
La “dignità” che un allevamento garantisce all’animale, deve essere tale anche al momento del trasporto, nel come far salire i suini sul mezzo, garantendo loro uno spazio durante il trasferimento, per non rendere ancora più drammatico questo step. Inoltre, riveste importanza anche la distanza tra allevamento e macello, in quanto dovrebbe essere la più breve possibile.
E questa “terra di nessuno”, questo “cono d’ombra” tra allevamento e macello, andrebbe illuminato perché se gestito coerentemente, come ipotizziamo, con il resto della filiera, conferirebbe ancora più credibilità alla sostenibilità che ha per focus il benessere animale.
* SQNBA “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale”, è stato istituito con decreto-legge 19 maggio 2020, introdotto dalla legge di conversione 17 luglio 2020 e disciplinato dal decreto del 2 agosto 2022 del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali emanato di concerto con il Ministro della Salute.