Quando i primi sushi bar alla fine degli anni ottanta hanno sostituito, quantomeno a Milano, i ristoranti giapponesi “storici” frequentati da una piccola, qualificata nicchia, riscontrarono in breve tempo un grande interesse così che il sushi divenne presto uno dei piatti fast food più apprezzati soprattutto dalle nuove generazioni. Si trattava però di una preparazione omologata che solo in alcuni, pochi, ristoranti assumeva la dignità di grande portata. Ma per arrivare a una forte promozione della gastronomia nipponica dobbiamo aspettare Expo 2015.
L’Esposizione fece conoscere la cucina giapponese “reale”, le tante sfumature dei sake, la cultura nipponica nel suo complesso a un pubblico allargato tant’è che il padiglione giapponese suscitò grande interesse. A luglio di quell’anno dopo un simposio sulla cucina giapponese tenutasi al Palazzo Stelline, fu presentata nel ristorante giapponese Zero Contemporary Food la carne wagyu di cui scrivemmo per l’occasione qui. Nell’articolo entrammo nel merito del significato di wagyu e della scala di valutazione delle carni da cui si evinceva che l’wagyu raggiungeva, così come ora, gli indici qualitativi più elevati. Expo 2015 rappresentò un momento di promozione per la cultura giapponese in generale e per quella legata al cibo in particolare, cultura che negli anni successivi si è sempre più radicata in Italia.
La marezzata carne wagyu, a sua volta, si rivela sempre più apprezzata non solo per l’indiscussa qualità, ma anche perché nasce da allevamenti estensivi, pertanto sostenibili; inoltre si tratta di una carne ricca di grassi insaturi. In questo contesto dopo un analogo evento romano, il 7 febbraio nel ristorante Alice di Milano, si è tenuta una degustazione di carne wagyu organizzata dal Comitato Giapponese per l’Esportazione di Prodotti Animali Nostrani. L’wagyu non richiede elaborazioni particolari e scottata brevemente in padella raggiunge di per sé livelli gastronomici impensabili per altre carni. Per wagyu qui intendiamo unicamente la carne giapponese allevata in Giappone e non quella omonima prodotta in altri paesi. Unicamente con questa carne in un apposito ambito chef e blogger sono stati invitati a esprimere la propria creatività con ricette che verranno pubblicate sul sito web del già citato Comitato Giapponese per l’Esportazione di Prodotti Animali Nostrani. L’originalità di questa iniziativa sta nell’interpretazione italiana dell’wagyu, in modo da dare così vita a piatti fusion. La realizzazione di ricette dal forte accento italiano che vedono la carne wagyu come protagonista è sicuramente una strizzata d’occhio e un suggerimento per chi vuole cimentarsi in cucina in base alle proprie capacità utilizzando questo prodotto. La carne wagyu a Milano oltre che in alcuni ristoranti, si trova on-line, e ci segnalano, presto in alcune macellerie.
Nell’evento milanese da Alice, dove erano esposti i piatti degli autori del ricettario (foto 2), si sono succeduti tre cooking demo rispettivamente di Rubina Rovini, Gualtiero Villa e Ryuji Higashiyma. La prima ha al suo attivo il libro Si salvi chi cucina, è Personal Chef e per l’occasione ha cucinato Fumo: wagyu affumicato, piselli, caviale di colatura di alici (foto 1); la carne, ossia il lombo, è messa marinare a secco, quindi sciacquata, asciugata, affumicata e affettata. Gualtiero Villa reputato chef è promotore di Cucina In, non tanto una scuola di cucina, quanto un contenitore social in cui i partecipanti possono condividere esperienze culinarie diverse. Fortemente fusion e al tempo stesso facilmente riproducibile il suo piatto Spaghetti alla carbonara di wagyu (foto 2): la carne, saltata a dadini come fosse guanciale e affettata sottile e tenuta cruda, completa il piatto tradizionale. Di Ryuji Higashiyma, chef giapponese, basterà dire che in patria è soprannominato Master Wagyu, e nel suo show cooking ha dato dimostrazioni di taglio e di utilizzo anche di parti meno nobili di carne e ha preparato wagyu in insalata (foto 3).
I piatti degli altri autori del ricettario esposti dimostravano grande manualità, disinvoltura e talvolta complessità. Ci è piaciuta, per la semplicità della preparazione, in controtendenza rispetto alle ricette più autoreferenziali, Le bistecche di wagyu in marinatura fredda (foto 4): la carne è affettata e appena scottata così da valorizzarne il sapore originario e la marinatura a freddo ne completa il sapore. L’autrice è Teresa Balzano food blogger di Peperoni e Patate. Per lo stesso motivo ci è sembrata interessante La tartare di wagyu, olio allo zenzero e scalogno e salsa di ostriche (foto 5) di Tiziana Colombo blog Nonna Paperina. Un piatto fusion calzante Sono i Cuoppoloni di Gragnano ripieni di carne wagyu zucca caramellata e piselli (foto 6) di Doriana Tucci, Signora dei fornelli.