Prima che fosse posto il divieto del fumo nei locali pubblici, sicuramente qualcuno, fumando in quegli stessi luoghi, avrà sostenuto che ciascuno è libero di fumare o meno, arrogandosi tale diritto e affumicando gli astanti. All’epoca poteva essere considerato un atto di ignoranza, di cattiva fede o di maleducazione, mentre oggi tale atteggiamento sarebbe censurato, non ammesso.
Analogamente chi afferma ora che ciascuno è libero di mangiare ciò che vuole con riferimento alla carne, così come è attualmente, ossia da allevamento intensivo, in un prossimo futuro con tutta probabilità sarà nello stesso modo censurato. Se tutta la popolazione del pianeta decidesse, potendolo fare, di consumare carne, per nutrire gli animali necessari occorrerebbero le risorse di un pianeta grande più della terra.
Gli allevamenti intensivi, richiedono ingenti risorse e in cambio inquinano. Per allevamenti intensivi si intendono quelli nati negli anni sessanta del secolo scorso in cui centinaia, se non migliaia di animali, sono rinchiusi in capannoni industriali privati di libertà di movimento, dell’aria e della luce del sole, costretti ad alimentazione forzata, immunodepressi. Vorremmo però prescindere dagli aspetti etici, che sono soggettivi, per valutare invece quelli ambientali, che sono oggettivi.
L’allevamento intensivo si è sviluppato perché ha costi di produzione apparentemente bassi. Essendo il consumo di carne in aumento, la produzione deve ovviamente aumentare.
Oggi, dei 70 miliardi annui di animali allevati e macellati, circa 46 miliardi provengono da sistemi intensivi. Per alimentare questi animali si utilizzano risorse alimentari sottratte all’uomo; infatti buona parte di soia, il 60 per cento di mais e di orzo sono coltivati per alimentare gli animali, mentre se fossero destinati all’alimentazione umana le risorse disponibili sarebbero sensibilmente maggiori. Questi allevamenti modificano gravemente l’equilibrio dell’ecosistema distruggendo le biodiversità: per alimentare gli animali si assiste a un vero accaparramento delle terre che porta alla distruzione degli ecosistemi presenti, alla deforestazione (vedi Brasile e Argentina).
Basti considerare che per produrre 1 kg di carne di manzo, occorre disporre di 15 kg di cereali e oltre 10 mila litri di acqua. Infatti, l’allevamento intensivo assorbe direttamente o indirettamente l’8% dell’acqua che utilizza il pianeta ed è fonte di inquinamento dell’acqua che non usa. Oltre ai costi in realtà altissimi per mantenere gli animali, va considerato l’inquinamento prodotto.
Nel 2006, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha segnalato l’allevamento intensivo come uno dei fattori che causa più problemi ambientali. A titolo di esempio gli allevamenti producono azoto e fosforo che si riversano nelle acque dolci del paese. Per meglio capire cosa ciò comporti occorre considerare che la presenza significativa di azoto e fosforo nei corsi d’acqua, ma anche nei mari, comporta la proliferazione di alghe le quali possono assorbire l’ossigeno presente nell’acqua, così da uccidere le altre forme di vita, come pesci e altre piante sino a creare zone morte. Ma non è tutto. Parte dell’azoto passando alla fase gassosa si trasforma in ammoniaca, gas responsabile della riduzione dello strato di ozono che mette inoltre in pericolo la salubrità degli approvvigionamenti idrici.
L’allevamento del bestiame è responsabile di oltre il 60% delle emissioni globali di ammoniaca. (FAO)
La temperatura della terra è in costante crescita e si prevede un aumento di altri due gradi entro pochi anni se non ci sarà un’inversione di tendenza; parte del gas serra, che è responsabile del cambiamento climatico, è prodotto direttamente o indirettamente dagli allevamenti intensivi .
Questo è il prezzo che stiamo pagando per poter affermare che ciascuno è libero di mangiare ciò che vuole. Che fare? Qui non si tratta di contrapposizioni tra vegani e onnivori spesso improduttivo perché radicalizzato. Si tratta invece di fate informazione per spiegare quanto siano letali gli allevamenti intensivi. Chi non volesse rinunciare alla carne abbia la cura di mangiarla stando attento alla filiera. Si nel comparto delle uova come sia aumentata la richiesta di uova da galline allevate a terra e all’aperto; ciò può e deve valere anche per gli animali da carne. In Italia vi è un incremento della produzione zootecnica non intensiva e non volendo rinunciare all’onnivorismo è questa la strada sostenibile da intraprendere.
Occorre cioè evitare di acquistare prodotti in cui non sia chiara la filiera, e rifiutarli se di allevamento intensivo. La salute del pianeta è minata dagli allevamenti intensivi.
fonti:
www.fao.org/home/en/