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Inizia a giugno la nuova avventura di questo giovane talento all’Osteria Arborina, all’interno della Tenuta Arborina. Mi trovo in Piemonte ed è un privilegio essere tra i primi a scoprirlo.

Comincio con il dipingere il paesaggio che ci circonda. Siamo a un passo da La Morra, in frazione Annunziata, uno dei gran cru del Barolo, dove nel 2015 trova dimora il bellissimo relais gestito da Rossana De Gaspari. Un gioiello di architettura contemporanea immerso tra le vigne dove vale la pena fermarsi anche la notte per godere di tutta le sua bellezza e staccare la spina (foto 2).

Sono dieci le camere, spaziose, arredate con gusto e complementi di design, e con una spettacolare parete tutta vetrata che si affaccia sul panorama mozzafiato (foto 3 e 4). Completa il quadro la piscina, anche riscaldata per l’inverno (foto 5), e una spa con percorsi e rituali tailor made, per un’esperienza di unicità che oggi diventa ancora più esclusiva grazie all’arrivo di Enrico Marmo. Arrivo che è anche un ritorno nella sua terra d’origine, dopo un anno in Toscana e un bagaglio di altre esperienze di prestigio da Cracco, Palluda e ai Balzi Rossi.

Il ristorante si sposta in terrazza e diventa un tutt’uno con le vigne, le colline e la cucina a vista, per un’esperienza multisensoriale e coinvolgente. Sono solo lui e Jacopo Rosti, suo braccio destro da diverso tempo, che lavorano in totale interazione con gli ospiti regalando un’atmosfera informale e casalinga. Viene spontaneo alzarsi da tavolo e avvicinarsi al pass, per essere rapiti dalla magia della creazione e finitura dei piatti, con tutte le sensazioni che ne conseguono. Una parola, uno sguardo, la concentrazione, l’adrenalina, l’entusiasmo, la professionalità e la passione. Arriva tutto questo, tanto che avresti voglia di mangiare direttamente lì, per ridare nell’immediato anche a loro le stesse emozioni (foto 6).

New look Classe ’87, e che classe! Davanti a me ho un bel ragazzo, alto, sorridente, spontaneo e molto deciso. Davanti a me ho un cuoco che ama il suo lavoro, maturo, e con una forte identità. Una vera sorpresa, soprattutto arrivando da una serata bistellata di grande spessore.
La tartare di pomodoro cuore di bue, maionese di latte di soia alla bottarga e semi di girasole (foto 1), che apre il percorso, è sullo stesso livello. Piatto incredibile, che traduce la passione per il vegetale e il gioco con la tradizione, perché si ha la sensazione di mangiare bue (carne) e non cuore di bue (varietà di pomodoro). Come ci riesce? Perché e bravo potrebbe bastare come risposta. Approfondendo: il pomodoro viene condito in insalata e poi messo ad asciugare, quindi ridotto in tartare e completato con olio al cipollotto (classico), finta maionese di latte di soia e bottarga (tono deciso), scorzette di limone fermentate e candite (freschezza) e infine semi di girasole (croccantezza). Capolavoro.

Sulla stessa lunghezza d’onda l’insalata di erbe selvatiche, midollo e nocciole (foto 7), antipasto o intermezzo va bene ovunque,  in cui domina ancora la nota vegetale, questa volta delle erbe selvatiche, raccolte personalmente quasi ogni giorno e altra firma dello chef.
Fantastiche sensazioni al palato. L’amaro e il balsamico delle erbe, il gusto del midollo arrostito che con la nocciola rimanda al burro fuso. L’apparente semplicità.

Il lavoro sul territorio è il suo punto di partenza, non solo nella selezione delle materie prime ma anche culturalmente, per la ricerca della vera tradizione che poi traduce con il suo linguaggio.

Ne è un esempio la tagliatella integrale al ragù di cortile (faraona e interiora di volatile). Rustica, golosa come dev’essere un primo piatto e con quell’aggiunta di salsa a base di fegatini e durelli stufati e pezzettini di cuore fricassato che fa la differenza, ricordando la nonna nell’esecuzione.
Graditissimo il fuori menù. Capretto dell’azienda agricola del papà dello chef con insalata di carote selvatiche e cerfoglio. Materia prima eccezionale, rispettata al punto da fare un passo indietro all’ingrediente assecondandolo e non mettendoci mano se non per valorizzarlo con la cottura e poco altro.

Ancora un vegetale a seguire, con una carica di sapore che lo posiziona a diritto tra i secondi. Arrosto di scarola al midollo, latte al rosmarino e prugne essiccate. Già nel nome si sente il carattere, figuratevi a mangiarlo. Doverosa la scarpetta, soprattutto con un pane così, che oltre al gusto incontra anche l’etica. Focaccia, pane integrale tipo 2 e cialde soffiate, realizzate utilizzando quello raffermo, reidratato in acqua per 45 minuti con farina di riso e katsuobushi e quindi essiccato. Le farine sono del Molino Sobrino. Top.

La dolce conclusione non può che essere ancora una volta l’espressione del territorio, sempre al centro dell’attenzione, come lo è nella proposta vini.

I classici sono modernizzati e alleggeriti, non certo per un’ esercizio di stile ma per amplificarne il gusto.

Il tavolo si riempie di assaggi ed è già una gioia alla vista. Ecco i preferiti: tortina di nocciole a base di farina di avena, una nuvola, gelato alla nocciola con una nota molto decisa grazie a una tostatura più spinta voluta dallo chef e all’aggiunta di baci di dama sbriciolati, e ciliegie di vigna sotto spirito, aromatizzate con scorza di limone, petali di rosa e cardamomo.

Territorio, dal salato al dolce, nei tre menù degustazione, Langa, Arborina e 4×4 (4 piatti e 4 vini, lasciatevi stupire!) e nella piccola carta, che però si amplia potendo scegliere i piatti anche dal menù, per un’esperienza davvero imperdibile, a pranzo, a cena e con la merenda sinoira, altra novità introdotta dal cuoco. Una bella e antica usanza della campagna piemontese proposta dalle ore 18, per non dimenticare da dove si viene ma raccontandolo in modo attuale e con personalità. Un calice di vino, piattini da condividere e mi raccomando la giusta compagnia, fondamentale (foto 8 e 9).
Arriva il momento di lasciare il Piemonte, non prima di finire il dipinto inziale con un tocco di luce su questo luogo, che già c’era ma ora necessita di nuovi colori per il suo nuovo abito, che ci ha conquistato.

Articolo di: Michela Brivio

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