Ristorante Collina (introduzione)
Non è mai un’operazione semplice, e spesso viene pure fraintesa. Sarà l’abitudine che gli deriva dalla passione per il parapendio, o forse la condizione di figlio d’arte cresciuto ai sani principi del lavoro e della modestia, certo è che Mario Cornali, patron del Ristorante Collina, riesce a “volare alto” anche in cucina con estrema naturalezza seppure il ragionamento con cui arriva a sviluppare i piatti è raffinato, perfino colto come dimostra questo libro che arriva dopo quello di poesie già dato alle stampe per gli amici alcuni anni fa (sì, di poesie, belle per giunta).
Qui le ricette non sono altro che il terminale di racconti che trasudano anch’essi di poesia, storie che non sono un pretesto per allungare il brodo…bensì il brodo necessario da cui estrarre l’essenza della materia prima, l’obiettivo che ogni bravo cuoco deve porre al centro delle sue attenzioni. Nel “brodo” Mario Cornali frulla ambiente, tradizioni, umanità, insomma tutto quel che concorre a formarne la specifica identità.
Poi ci mette del suo naturalmente, ma solo dopo avere cercato in tutti i modi di carpire la dinamica del processo di produzione e della qualità organolettica. Fuori dalla metafora artistica, dalle quali lo stesso Mario Cornali, pur grande appassionato di pittura, rifugge, il suo stile di cucina punta a mantenere vivo il sapore primario attraverso l’utilizzo di tutte le tecniche disponibili di cui è diventato padrone ed interprete non dogmatico ma libero.
Un atteggiamento che gli ha valso anche la messa a punto di elaborazioni geniali come gli “infinitesimali” di alcolici (che il cognato Giovanni Beretta utilizza in dolci strabilianti) o il “latte al fieno” che, utilizzato negli impasti conferisce al gelato come agli gnocchi i profumi dell’erba di collina (ogni riferimento al nome del locale non è puramente casuale). Consapevole che sarebbe velleitario esprimersi al meglio su tutti i fronti, ha focalizzato la sua attenzione su quel che può reperire direttamente, senza intermediazioni. Perciò dal menu il pesce di mare di origini incerta è stato bandito in favore di quello di acqua dolce del vicino lago di Como.
E avanti con le carni di animali da cortile – vivaddio l’usanza di allevarli nelle cascine della zona non s’è ancora persa totalmente – piuttosto che con i tagli bovini più scontati. La verdura e la frutta è quella di stagione, ma solo della stagione che è di casa da queste parti. Dal bosco i funghi, i tartufi (neri), i loertis (germogli del luppolo), le castagne. I formaggi sono quelli dei casari della zona che trasformano il proprio latte. Una decisione presa in tempi non sospetti, quando in pochissimi si preoccupavano di valorizzare il territorio, quando prodotti e cucina a “chilometri 0” non erano ancora diventati di moda. E quando la moda passerà? Non è un problema che tange Mario Cornali, la sua cucina ha un feeling naturale con il territorio, non c’è stato bisogno di inventarselo. La soluzione ce l’ha in casa: rimanere se stesso.
Articolo di: Elio Ghisalberti