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Si è svolta presso l’hub di Identità Golose, a Milano una tavola rotonda che ha focalizzato un argomento che ci riguarda da vicino, ossia la filiera avicola lombarda. Sì parlato quindi di allevamenti di polli per la produzione di carni e di galline per la produzione di uova. E’ stata l’occasione anche di approfondire alcuni aspetti nutrizionali della carne di pollo. Tra i partecipanti Mario Crescenti Presidente del Distretto della Filiera Avicola Lombarda e Vicepresidente Unaitalia, Evelina Flachi  nutrizionista, Fabio Rolfi Assessore all’Agricoltura Regione Lombardia, Laura Facchetti responsabile comunicazione Avicola Alimentare Monteverde, Filippo Cerulli responsabile  relazioni esterne Eurovo.

La carne di pollo risponde al meglio alle esigenze dietetiche attuali; però vi sono pregiudizi o sbagliate informazioni che la penalizzano.

Le 6 verità sul pollo

1) L’87% degli italiani ritiene che la carne del pollo di allevamento possa contenere ormoni. Si tratta però di un luogo comune senza fondamenta. Se gli ormoni sono stati utilizzati in passato, oggi il loro utilizzo in Italia e in Europa è vietato. Le Autorità Sanitarie Italiane vigilano perché non se ne faccia uso effettuando migliaia di controlli annui. Va inoltre precisato che il ciclo di vita dei polli è breve e pertanto l’eventuale uso illegale non avrebbe alcun effetto sulla crescita dei capi. I polli oggi sono più pesanti e grandi di quelli di trent’anni fa perché è migliorata la selezione delle razze così come l’alimentazione che utilizza unicamente alimenti di origine vegetale con l’aggiunta di vitamene e minerali. I polli oggi crescono meglio, più velocemente di ieri con una più efficiente conversione da mangime in carne senza l’ausilio di ormoni.

2) Un’altra fake new a cui crede il 77 per cento degli italiani vuole che nelle carni del pollo vi siano antibiotici. Nella realtà negli allevamenti italiani gli antibiotici sono utilizzati unicamente a scopo curativo e mai per favorire la crescita. Inoltre prima di somministrare gli antibiotici si utilizzano altri metodi di prevenzione. Infine quando sono utilizzati per curare gli animali malati, il veterinario controlla che sia rispettato il tempo di smaltimento, ossia il tempo di sospensione del farmaco, prima che l’animale lasci l’allevamento.

3) I polli non sono allevati in batteria, come crede l’83% degli italiani. Questo tipo di allevamento è stato abbandonato 50 anni fa. Nelle batterie, semmai, sono tenute le galline per la produzione di uova, ma non di carne. Oggi gli animali sono allevati a terra in capannoni ben illuminati e aerati oppure all’aperto. I capannoni di nuova generazione permettono agli animali di uscire all’aperto.

4) Su tutti gli alimenti che noi acquistiamo, possono essere presenti microorganismi patogeni nocivi per la salute (video 2). Però la cottura a 70 °C uccide questi germi e pertanto per gli alimenti che, come il pollo, richiedono cottura il problema non sussiste. Però bisogna fare attenzione mentre si manipolano i cibi da cuocere per evitare di contaminare cibi che si mangeranno crudi. Pertanto dopo aver manipolato il pollo crudo occorre lavarsi le mani con acqua calda e sapone e lavare anche il piano di lavoro e i coltelli o altri attrezzi utilizzati. Non va lavato il pollo, come crede il 77 per cento degli italiani, in quanto non serve e facilita la dispersione dei microrganismi così da contaminare altri cibi. L’importante è cuocere bene il pollo.

5) Il 71% degli italiani ritiene che solo le carni rosse contengano ferro. E’ un’altra falsa notizia da sfatare. Basti dire che 100 g di coscia di pollo privata della pelle contiene 1,4 mg di ferro; un’altra carne bianca, la fesa di tacchino 1,5 mg. Invece la carne rossa per definizione, ossia il bovino adulto , contiene ogni 100 g di costata 1,3 mg e ogni 100 g di lombata 1,4 mg. Il colore rosso della carne non è dato dal ferro, ma dalla mioglobina.

6) Il pollo che acquistiamo è italiano, per cui garantito per quanto sopra detto. In ogni caso è sufficiente guardare l’etichetta che accompagna ogni confezione dove è riportata la dicitura origine seguita dal nome del paese di provenienza, nel nostro caso Italia. In ogni caso il 99 per cento del pollo venduto in Italia è italiano ossia animali nati, allevati e macellati in Italia.

Il comparto delle uova in Italia

La produzione in Italia è di 12,2 miliardi di uova annue garantita da 38 milioni e 900 mila galline ovaiole.

Dal 2012 la Legislazione Europea ha proibito per l’allevamento delle galline ovaiole l’uso di gabbie convenzionali sostituite dalle cosiddette arricchite leggermente più ampie. La produzione di uova in Italia proviene per il 55% da gabbie arricchite, che però non vanno interamente sul mercato per il consumo fresco in quanto nel 2017 rappresentava il 45% delle uova vendute. Sono invece l’11 per cento dei capi proveniva da galline allevate all’aperto o bio.

Ma confrontando gli ultimi due anni di produzione, ossia il 2017 e il 2018 vi è un’evoluzione confortante dei consumi attenti alla sostenibilità. Infatti in un anno la vendita di uova da gabbie arricchite ha segnato una flessione del 19 percento arrivando al 42 per cento del venduto, mentre il 45 percento, ossia il valore più alto, è di galline allevate a terra con un aumento del 28 per cento. Le uova da allevamenti all’aperto hanno visto un incremento del 25 per cento mentre le bio del 12 per cento.

Occorre notare che gli italiani che acquistano uova di galline allevate in gabbia sono sempre meno numerosi e alcune catene della grande distribuzioni le hanno eliminate, o ridotte in modo drastico, dal proprio assortimento così che questo valore è in netta discesa in quanto gli italiani si dimostrano sempre più sensibili all’aspetto etico-salutare. Gli italiani stanno dimostrando una forte sensibilità per le condizioni di vita di questi animali (dati ISMEA).

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