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La Locanda Radici si trova a Melizzano, nel Sannio Beneventano, alla confluenza dei fiumi Calore e Volturno, sulle prime pendici occidentali del Taburno.

 

È luogo non solo di bellezze paesaggistiche, ma anche di giacimenti enogastronomici, ricchi cioè di prodotti quali gli asparagi selvatici e i turioni di Pungitopo, i funghi porcini di Cusano Mutri, i carciofi di Pietrelcina, i tartufi bianchi e neri pregiati, la mela annurca, il Caciocavallo, la Mozzarella di Bufala, di vini DOC e DOCG, del Taburno, del Sannio, di Solopaca, a base di Aglianico, Falanghina, Greco, dell’olio extravergine di oliva delle Colline Beneventane DOP e via elencando

 

Eccellenze che alimentano la dispensa della Locanda Radici (foto 1 interno) considerato che la cucina punta dritto all’essenza dei sapori più autentici e genuini, al gusto originario delle materie prime.

 

Dirige la cucina lo chef Angelo D’Amico che può vantare un curriculum di prim’ordine grazie alle esperienze di rilievo presso alcuni dei più apprezzati ristoranti in Italia e all’estero. Formatosi all’Istituto Alberghiero di Benevento, ha lavorato a Roma all’Eden con Enrico Derflinger, a Palazzo Sasso di Ravello con Anthony Genovese; al Cracco Peck a Milano con Carlo Cracco, a Oxford al Le Menoir di Raymond Blanc e a Parigi all’Arpege di Alain Passard. A seguire, ancora con Bernardino Lombardo e a Labico nel ristorante di Antonello Colonna come executive. Tale patrimonio esperienziale lo ha portato a confrontarsi con tecniche e tendenze contemporanee come pure con la cucina classica francese. Tutto ciò senza rinunciare alla cucina di casa, ai sapori veri, quelli intensi e forti del territorio, costantemente oggetto della sua indagine, della sua ricerca e, in ultimo, della rivisitazione più attuale.

 

La sua è una cucina sostenibile, in rapporto all’impatto ambientale, al risparmio energetico e al riflesso economico, capisaldi irrinunciabili nella gestione della Locanda Radici. Ciò grazie a Giuseppe D’Amico, laureato in ingegneria energetica, che ha sviluppato un complesso modello matematico-analitico che consente di valutare l’impatto ambientale di ogni piatto proposto. Risparmio energetico ed emissioni di CO2 (con lo scopo, evidente, di ridurle al minimo) diventano i parametri cardine monitorati dalla produzione della materia prima fino alla sua trasformazione. La selezione accurata dei fornitori, che non può più prescindere da questi parametri, e la particolare attenzione che segue nella realizzazione dei piatti, consente fin da ora di segnalare già nel menu, attraverso il simbolo del trifoglio, piatti particolarmente ecosostenibili.

Ogni piatto è depositario dell’intessersi di esperienze, di tecniche sia remote sia innovative e di riferimenti al territorio, dove i migliori sapori, quelli della memoria, sono restituiti attraverso proiezioni nuove ricche di picchi gustativi che sostengono il ricordo. Per esemplificare questo racconto basterà dire dell’Uovo croccante, Mozzarella di Bufala e tartufo (foto 2), la ricetta cliccando qui: il tuorlo fritto, al tempo stesso “croccante” e cremoso, è coperto da lamelle di tartufo (eccellente del beneventano) cui si aggiunge la mozzarella per completare la polifonia.

 

O come l’Agnello Laticauda: carré arrosto alla lavanda, pancia, polpetta di spalla con menta e pecorino (foto 3). Una preparazione in cui la razza autoctona Laticauda, viene valorizzata al meglio in tre diverse preparazioni per tre sue parti distinte. Un piatto che non nasce da una singola ispirazione ma da una somma di esperienze e considerazioni, arrivando ad affermare l’importanza di valorizzare ogni parte di un animale e quindi il valore della circolarità come elemento della sostenibilità in cucina.

 

Ma potremmo ancora dire del Tortello di Caciocavallo di Castelfranco in Miscano (foto 4).

 

E volendo riprendere il nome Locanda Radici, occorrono radici profonde e salde per proiettarsi tanto consapevolmente nel presente e ci vogliono radici che continuino a scavare. Anche nella memoria.

Di questo Autore