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La campagna olearia 2018/2019 sta per concludersi e le proiezioni sulla produzione italiana sono tutt’altro che confortanti. Si stima che la flessione produttiva media nazionale si attesterà attorno al 50%, complici condizioni climatiche avverse e infestazioni parassitarie. Ma quanto conosciamo l’olio extra vergine d’oliva che, da sempre, portiamo sulle nostre tavole? In origine era il simbolo dell’alimentazione dei Paesi mediterranei, portato in Italia dapprima dai Fenici e, successivamente dai Greci.

 

L’Italia è attualmente il quarto produttore mondiale di olio da olive, dopo Spagna, Grecia e Tunisia, ma prima per biodiversità: si annoverano infatti circa 540 varietà autoctone, che hanno fortemente caratterizzato i territori di provenienza. L’olio extra vergine d’oliva rappresenta oggi un elemento irrinunciabile alla base di un regime alimentare bilanciato. Anche a livello legislativo ne è stato riconosciuto ufficialmente il valore: l’Unione Europea ha fissato, con il regolamento n. 2568/91, gli standard qualitativi da rispettare per la commercializzazione con la dicitura “olio extra vergine”.

 

Il nettare verde mette tutti d’accordo: dal nutrizionista allo chef stellato, dalla massaia al medico di base, in sintonia con le tendenze del momento e le evidenze scientifiche piú autorevoli. È un concentrato di acidi grassi monoinsaturi (dal 55 all’85%), in particolare di acido oleico, il cui valore misura l’indice di aciditá di un olio: in un buon extra vergine deve attestarsi al di sotto dello 0,8%. Gli acidi grassi saturi sono presenti tra l’8 e il 22% (acido palmitico e acido stearico), mentre gli acidi grassi polinsaturi tra il 6% e il 10% (acido linolenico e acido linoleico); questi ultimi non sintetizzati naturalmente dall’organismo, tuttavia essenziali nella dieta.

 

Un ulteriore fattore propedeutico al consumo di olio extravergine è il suo effetto antiossidante, grazie all’azione dei polifenoli, fondamentali nella difesa dai radicali liberi. Ma quanti e quali siano gli extra vergini migliori o quali siano gli abbinamenti corretti a tavola, passando per la valutazione organolettica, nessun consumatore abituale medio è in grado di affermarlo con certezza . Non che sia un peccato, semplicemente un vuoto della nostra cultura alimentare, che troppo si basa sulle mode del momento e sulle abitudini, molto meno sulla conoscenza di ció che si consuma.

 

È pur vero che, nel caso dell’olio extra vergine d’oliva, riuscire a scegliere un prodotto con il giusto rapporto qualità/prezzo si traduce in un vicolo cieco. L’offerta della grande distribuzione ci obbliga a sperimentare, guidati molto spesso da vendite sottocosto e ci induce a chiederci: perché un prezzo così basso? Le risposte potrebbero essere svariate, ma una su tutte dovrebbe prevalere: rifiutare il risparmio a discapito della qualità. Ma come riconoscere un buon olio? Ne parliamo nella prossima puntata.

Di questo Autore