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E’ il caso di parlare dei percebes, perché sono sempre più reperibili anche se, considerati i prezzi, non potranno avere una grande diffusione in Italia e rimarranno un prodotto di nicchia.

Sono crostacei cirripedi, il nome scientifico è Pollicipes cornucopiae o Pollicipes pollicipes, assomigliano a rametti con la base attaccata al suolo, sono lunghi circa 4-5 centimetri larghi poco meno di un centimetro e terminano con una sorta di unghia che può assomigliare a un becco. Contengono iodio, calcio oltre vitamine del gruppo B e, come tutti i crostacei, aminoacidi. In Europa si raccolgono in Galizia e in Portogallo, e vivono attaccati agli scogli battuti dal mare in colonie. I raccoglitori di questi crostacei, ossia i perceberos, operano su scogli scivolosi sopra cui si calano con una fune, tra il mare che batte e il vento che soffia, rischiando pericolose cadute, talvolta mortali, e raccolgono i percebes staccandoli con un coltello. Ciò spiega perché questi crostacei siano molto costosi; inoltre sino a oggi non sono allevati perché non sono facilmente riproducibili e richiedono un particolare habitat. I migliori sono quelli “de sol” (del sole) che crescono in zone soleggiate più in superficie e sono in genere tozzi; meno pregiati sono quelli “de sombra” (dell’ombra) che vivono sugli scogli costantemente sotto il livello del mare, più allungati e stretti e dal sapore acquoso. I percebes hanno sapore di mare, non paragonabile a quella di altri crostacei, anche se, soprattutto crudi, possono ricordare la canocchia ma con sapore più pieno che si avvicina a quello dello scampo e del riccio. Si cuociono tradizionalmente in acqua bollente (meglio se di mare). Sono però ottimi crudi; in questo caso si recidono alla base, si portano alla bocca e poi si succhiano schiacciandoli con le dita. Per accedere alla ricetta base dei percebes cliccare qui.

Dei percebes ne parliamo nel libro Prelibatezze, Fabbri Editori 2006. 

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