Skip to main content

Il Ristorante Collina si trova nel comune di Almenno San Bartolomeo sulle Prealpi Orobiche, a nord ovest di Bergamo da cui dista una dozzina di chilometri. Staccato dalla cittadina, il ristorante dimora in un edificio a due piani che guarda verso la sottostante pianura bergamasca. Del patron e cuoco, Mario Cornali, abbiamo scritto qui

 

Il ristorante è costituito da ambienti compositi: da una parte un fumoir caldo e raccolto reso ancora più accogliente dal camino che suggerisce atmosfere d’antan; dall’altra due sale, entrambe ampiamente vetrate, con arredi essenziali che comunicano modernità… e il pianoforte a code nella sala principale ha un suo perché (foto 2). La cucina è a vista, a porre l’accento sul côté contemporaneo. Il ristorante esiste da più generazioni. Era un chiosco aperto dai nonni di Mario Cornali, poi divenne una balera, una locanda, una trattoria per la gente del posto e l’esprit della tradizione è stato ereditato dall’attuale generazione, con gestione sempre familiare.

 

Come l’ambiente si è trasformato nei decenni, anche, la tradizione ha seguito una proprio percorso evolutivo attualizzandosi, o entrando nel cuore di alcuni ingredienti per valorizzarli. La tradizione, in ogni caso, suggerisce i piatti terragni, mentre pare dileguarsi quando a tavola arriva l’altra anima del locale con i piatti di pesce lacustre. Mario Cornali, più volte alla settimana va dal “suo” pescatore di fiducia che gli procura il pesce del ramo lecchese del Lago di Como, mentre il salmerino di Preore lo acquista da un allevatore in Trentino. Una scelta audace proporre pesce di lago mentre i palati più comuni non vanno oltre al pesce di mare che è in genere più “facile” da proporre.

 

Ovviamente non cadiamo nella superficiale e un po’ grossière stoltezza di ritenere che uno sia meglio dell’altro, giacché ci limitiamo a costatarne la diversità. Quello che notiamo nei piatti è che sono in buona parte ragionati, dove ogni ingrediente viene messo per sposarne o equilibrarne un altro: la nota acida si intreccia con la componente grassa o molto saporita e quella intensa fa da contrappunto alla preparazione che merita di essere animata…

Ma veniamo ai piatti.

 

Il primo è il Risotto alla milanese (foto 3) in stile amuse-bouche. Qui il cuoco si è divertito tra simulazioni e scomposizioni. L’ingrediente che riempie il piatto non è il risotto, ma una crema d’uovo allo zafferano; il riso è rappresentato da qualche chicco soffiato, e il midollo non manca. E il Grana o il Parmigiano Reggiano? C’è ed è una crema divenuta crocchetta. Non si può definire trompe-l’oeil, ma che il gioco di colori voglia ingannare l’occhio è certo.

 

Il Carpaccio di salmerino di Preore, Agrì e mandarino (foto 4): sono il formaggio fresco Agrì e il mandarino a vivacizzare una portata dal gusto nobile, equilibrato, morbido, senza coprirne il sapore timido.

 

La Lingua morbida e croccante su crema d’erbe, scorzonea, aceto balsamico e olio di semi di zucca (foto 5), è un piatto assoluto; è una delle portate che entra nel cuore dell’ingrediente. E’ uno dei piatti che ci ha maggiormente convinto proprio per la semplicità, l’essenzialità, la decisione di mettere al centro dell’attenzione un unico ingrediente protagonista; viene servito un cubo di lingua di vitello bollita, non insulse fettine, così che si possa soddisfare sicuramente il palato grazie al sapore che non si fa pregare, ma permette soprattutto di godere della consistenza: va addentata senza tagliarla a piccoli pezzi, va sentita cedere tra i molari e da lì rilasciare il sapore.

 

A proposito di piatti ragionati: Risotto di nero venere, salsa di spinaci e fondente di missoltino (foto 6). Il riso venere essendo integrale non è adatto alla preparazione dei risotti in quanto non rilascia l’amido sufficiente. Ecco però trovato un donatore forte e generoso, il Carnaroli che adeguatamente cotto e ridotto in crema permette al venere di mantecarsi e lasciarsi meglio insaporire dal fondente di missoltino, ossia l’ agone del lago di Como salato, essiccato, tanto per non dire umami.

 

Ragionati anche i Ravioli di brasato di cervo, Branzi, lampone e cioccolato (foto 7), dove quest’ultimo costituisce il primo assaggio e prepara il palato al sapore di selvaggina e lo spunto acido del lampone modera e disciplina l’intensità della persistenza.

 

Una porta sull’orto (foto 8) è un piatto “riposa gusto” che qui si ricompone: oltre alle verdure e a qualche tocco di frutta vi è una crema allo zenzero per rendere più intrigante la preparazione e per ampliare il repertorio di consistenze ecco una spugna all’alloro, a base di panna e broccoletto frullati, sifonati e cotti.

 

Quel ramo del lago di Como che volge ad… oriente (foto 1  video 9), una zuppa di pesce di lago, ossia trota, pesce persico, luccio e luccioperca, in bisque di crostacei; convince per delicatezza e garbo; è una portata ordinata, dal gusto smussato, rotondo, di buona agilità, dove le note morbide si intessono con gli accenni di sapidità.

 

Lumache ceci e sugo d’arrosto (foto 10) è un piatto del territorio: alle lumache, e ai ceci in crema, si unisce un preziosismo dato dalle sfoglie di ceci che fanno il proprio lavoro fornendo un tocco crunch per non rischiare una monotonia di consistenza e fornire sonorità.

La Guancia di vitello lenta cottura, bligocc e Islay Scotch whisky (foto 11) è il trionfo dell’umami. La consistenza è piacevolmente cedevole, sostenuta dalla densità compatta delle castagne secche leggermente affumicate, dette localmente blicocc. E’ il miglior modo per concludere la sfilata di piatti salati, una portata impattante senza salse che vogliano attenuarne la forza: sapidità e note umami, grazie anche all’whisky torbato, trionfano sulla dolcezza delle castagne e definiscono la preparazione.

Agrumeto (foto 12). Sarebbe da filmare l’esecuzione di questo piatto che viene costruito direttamente al tavolo su un foglio di carta da forno. Come il pittore dipinge la tela così lo chef spezza sul suo quadro un tortino al limone, poi gli affianca a pezzetti, a pennellate e a spruzzi spuma di mandarino, coulis di clementine, crema pasticciera, pomata d’arancia, bergamotto candito, ruota di arancia essiccata, polvere di buccia d’arancia, cedro… è un quadro da odorare: il profumo degli agrumi aleggia mentre un tripudio di sapori dolci e freschi trastulla il palato. In questo piatto notevolmente variegato, l’armonia non manca: è la famiglia degli agrumi declinata in tante preparazioni compite che non stonano né ostentano nel loro dialogare.

 

La conclusione.

Non abbiamo voluto definire questa cucina in quanto non va definita né vuole esserlo; abbiamo pertanto preferito raccontarla. Molto di questi piatti valgono il viaggio, in particolare la lingua, la zuppa di pesce, la guancia e, perché no, agrumeto. Va ancora detto che la tavola è apparecchiata con pani prodotti con diverse farine, e con una focaccia troppo buona.

Di questo Autore