A Milano non è facile trovare buoni ristoranti capaci di riprodurre i piatti della tradizione. Insegne non mancano, ma è sufficiente visionare i menu per accorgersi delle forti reinterpretazioni che di fatto stravolgono la natura di certi piatti. Sarà perché si vuole aggiungere un ingrediente d’effetto, sarà perché il cuoco ci tiene a inserire una nota creativa, sta di fatto che la “rivisitazione” , a prescindere se l’abbia migliorato o peggiorato, spesso snatura il piatto.
Quando abbiamo visitato Il Capestrano (foto 1) di via Gian Francesco Pizzi, ristorante abruzzese, abbiamo incontrato una cucina tradizionale evoluta, ma non contaminata. Evoluta perché al passo con le attuali esigenze alimentari, pertanto più leggera di quella “storica”, ma mantenendo l’armonia originaria. Inoltre alle ricette della tradizione si sono affiancate altre in quanto riprodurre la tradizione non significa rinunciare alla ricerca. Il Ristorante Il Capestrano, alla cui guida vi è l’imprenditore Wladimiro Babbo, si trova in una vietta defilata, ma si raggiunge comodamente oltre che in auto, anche con i mezzi pubblici, in un quartiere in piena evoluzione, quello per capirci, che si sviluppa sulla sinistra di via Ripamonti dopo aver superato la circonvallazione di viale Isonzo procedendo dal centro.
Il ristorante si sviluppa su due livelli, uno seminterrato con ampie sale e una più raccolta che può fungere da privé e il piano a livello strada. Oltre ai piatti cucinati qui si possono trovare i più qualificati e rappresentativi prodotti tipici abruzzesi provenienti dai presidi Slow Food.
Abbiamo degustato, tra gli altri:
la Mortadellina di Campotosto dalla caratteristica forma ovoidale, ottenuta con tagli scelti di maiale con il caratteristico lardello posto nel centro che definisce il salume;
l’inarrivabile e sempre più rara salsiccia di fegato, in cui il fegato si mescola a tagli di maiale scelti in un susseguirsi di sapori sapidi, dolci, amarognoli;
il Salsicciotto Frentano, prodotto utilizzando prosciutto, spalla, lombo e con la parte grassa costituita da pancetta e grasso diprosciutto che non supera il 30% del totale; la ventricina vastese è un insaccato prodotto prevalentemente con prosciutto e lombo di maiale cui si unisce peperone tritato, peperoncino, semi di finocchio.
Dei formaggi degustati uno per tutti il Canestrato di Castel del Monte, prodotto con latte di pecora, è un cacio intenso dalle note piccanti non invadenti, per non dire del Marcetto, un formaggio che stagionando cremifica dando luogo a un tripudio di sfumature di sapori, dal sapido all’umami con un’ accattivante nota piccante.
Per quanto riguarda il menu, oltra ai piatti della cucina vi è una serie di preparazioni alla brace a partire dagli arrosticini per continuare con le costatine di pecora.
Va ancora detto che i pani, le paste, i dolci sono tutti casarecci…
Abbiamo assaggiato una porchetta (foto 2 con Wladimiro Babbo, foto 3) appena sfornata: cotenna croccante, parte grassa fondente, polpa più che tenera: un capolavoro la cui bontà si fonda da un lato sul pregio delle carni utilizzate, dall’altro sulla magistrale cottura così da ottenere un gioco di consistenze e in un susseguirsi di sapori che non capita spesso di sperimentare.
Abbiamo visto preparare a mano sia gli spaghetti alla chitarra (foto 4) dalla caratteristica sezione quadrata, sia i cazzelletti (foto 5) sorta di piccoli gnocchi che possono ricordare le orecchiette e i cavatelli.
Entrambi propongono i sapori rassicuranti della tradizione: gli spaghetti sono conditi con ragù di castrato e scaglie di Pecorino di Castel del Monte (foto 6): sapore intenso, schietto, è una pagina di gastronomia abruzzese. Sicuramente la pasta fatta a mano offre una base di partenza privilegiata, ma altrettanto sicuramente la cura con cui è preparato il ragù, con cottura senza fretta e la nota finale del formaggio, fanno del piatto un esempio più che rappresentativo della gastronomia abruzzese.
I cazzelletti alle cime di rapa (foto 7), sono sicuramente una preparazione semplice eppure… svettano rispetto ad altre preparazioni simili. Qui sono proposta saltati con cime di rapa, alici e peperoncino.
Abbiamo visto tagliare la carne di pecora a pezzetti (video 8) e infilarla sugli spiedini degli arrosticini alternati a grasso (video 9) per mantenere morbida la carne e questa è la traduzione, ma abbiamo provato anche la tartare di pecora con uovo di quaglia (foto 10) che rappresenta un piatto nuovo, l’evoluzione frutto di ricerca.
Gli arrosticini (foto 11), serviti in un’apposita brocca (foto 12), sono un piatto goloso, uno spiedino tira l’altro quasi come le ciliegie… la tartare, a sua volta, ha sapore pieno ed è molto più delicata di quanto si potrebbe pensare.
Dolci abruzzesi tra i quali il Parrozzo preparato con mandorle tritate, ricoperto di cioccolato servito su crema pasticcera
La cantina è abruzzese con varie sfumature di montepulviano dal crasuolo al rosso riversa e con referenze di grande reputazione come Masciarelli Villa Gemma