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Siamo ritornati al The Manzoni, di cui abbiamo scritto qui, che ricordiamo porta la firma di Tom Dixon, designer del Design Research Studio di Londra il quale ha conferito un accento british al ristorante arredato con elementi di acciaio, ottone, pietra lavica, marmo capace di comunicare sensazioni di grezzo, di naturale.

 

La location, si sviluppa in profondità sino ad arrivare all’ampia cucina a vista. Tutte le lampade, gli arredi, gli oggetti esposti e in uso al The Manzoni sono in vendita.

Il motivo della nostra visita è il cambio di guardia in cucina che da quest’anno vede all’opera lo chef Giuseppe Daniele con la sua brigata. Daniele si è formato in cucine prestigiose come quelle di Antonio Guida, di Niko Romito e di Luigi Taglienti.

 

La linea guida che lo nobilita e ne fa uno chef di rango è la semplicità, l’essenzialità, così da arrivare all’esprit della materia prima, al cuore dell’ingrediente. La semplicità è la non doppiezza, è la capacità di cogliere il segno, di interpretare e quindi di saper valorizzare.

 

I piatti hanno una propria originalità e compiutezza e lasciano intuire una tecnica culinaria salda, ben posseduta e quindi esercitata con sicurezza dallo chef.

 

Abbiamo apprezzato il Carpaccio di gamberi rossi, foie gras e caffè (foto 1), non solo per l’essenziale bontà dei gamberi crudi, ma per il sintonico abbinamento con il foie gras la cui persistenza amarognola bene bilancia la dolcezza dei crostacei, mentre la polvere di caffè tostato, come una spezie, arricchisce l’ampiezza aromatica del piatto.

 

 

Gli Gnocchi agli spinaci, crema di cavolfiore e liquirizia (foto 2), sono gnocchi di patate che riproducono una tonalità verde conferita dalla clorofilla degli spinaci, posti su crema di cavolfiore cosparsi di polvere di liquirizia. È un piatto giocato sulla morbidezza, con le avvolgenti note dolci del cavolfiore.

 

La Triglia, crema di pane e cime di rapa (foto 3) ci è segnatamente piaciuta perché valorizza il sapore pieno e particolare di questa varietà ittica, con sfumature iodate e umami. Il pane acidulo, comunica freschezza, vivacità, mente le cime di rapa diffondono garbate note amarognole. In questo piatto le differenti consistenze sono ben differenziate e la triglia svetta per la cottura calibrata, particolare non secondario, capace di conservarne la morbidezza, l’umida compattezza, che sono attributi propri delle migliori esecuzioni.
In merito così lo chef racconta il suo piatto: “La triglia è un pesce che non si alleva. Trovarla, soprattutto della stessa pezzatura, è stata una ricerca importante anche di selezione dei fornitori. Abbiamo pensato di servirla su una crema di pane di recupero inacidita e adagiata su uno strato di cime di rapa. Ci vuole pazienza e meticolosità nella sua preparazione. La triglia rimane intatta perché pulita internamente e non privata della coda per mantenerla in equilibrio nel piatto”.

 

Una portata d’autore: il Galletto disossato ripieno alla cacciatora e peperoni arrosto (foto 4). Sapori spinti, con la salsa cacciatora che si combina con il gusto pronunciato della carne e anche qui un elemento di dolcezza conferito dai peperoni che danno al piatto una valenza gustativa morbida, morbida come la consistenza della carne.

Irresistibile la Sfera di cioccolato oro e cremoso al caffè (foto 5): già dal nome si può intuirne l’attrattività con il cremoso al caffè contenuto nel guscio di cioccolato guarnito, virtuosismo dello chef, con una colata d’oro.

Per tutta l’estate in vigore il menu alla carta che potete consultare cliccando qui. Si tratta di piatti costruiti con lo stesso stile in cui l’ingrediente viene valorizzato proprio perché rispettato.

 

 

Nota. i piatti fotografati, a eccezione della Sfera di cioccolato, si riferiscono a un menu degustazione, per cui in porzioni più piccole rispetto ai piatti in carta.

 

Di questo Autore