Bobbio di cultura, Castell’Arquato la Pompei del Nord, e ovunque il buon vino. Castell’Arquato, la Pompei del Nord, dove sono stariritrovati reperti fossili di Alee e rinoceronti, ed è terra di buon vino.
C’era un tempo e c’è ancora, la calcarenite simile alla rena del mare e abbondantissimi resti fossili, alcuni di essi consegnati a Leonardo da Vinci nel 1492 da villani (contadini) detti necchi in Valdarda sui Colli Piacentini.
Ne sorgerà una raccolta intera custodita oggi, grazie al contributo di scienziati ed appassionati e poi un Museo, il Museo di Castell’Arquato ( un video vi racconta cosa si è verificato qui milioni di anni fa).
Il Museo di Castell’Arquato che promuove visite guidate, nel borgo medievale del paese di Castell’Arquato (Castello di Torquato del patrizio romano Caio Torquato che edificò la fortificazione), è una perla del piacentino per l’esempio architettonico.
Velleia, la Pompei del Nord, all’incrocio con la via Emilia, lasciata l’eredità di centro nevralgico della intera area attorno, a Castell’Arquato, si trovava poco distante, citata nella sua Naturalis historia da Plinio il Vecchio, fondata dalla popolazione ligure Veleiates, poi sottomessa ai Romani.
Velleia che scomparve nel III secolo d.C. senza lasciare tracce fino al 1747, fino a quanto non è riemersa la Tabula alimentaria traianea nell’area presso la chiesa e quando scavi sistematici riportarono alla luce la struttura dell’antica città con tutti i suoi reperti.
Una significativa testimonianza per la tutela delle giovani popolazioni delle campagne, La tabula alimentaria voluta da Traiano consisteva in un prestito ipotecario concesso ai proprietari terrieri che versavano obbligatoriamente per il sostentamento di giovani fanciulli indigenti per il mantenimento della vita nelle campagne.
A Velleia è stata ritrovata una coppa per il vino e tale informazione arricchisce il nostro bagaglio di dati raccolti su quello che è stato il contenitore per il liquido goloso nel corso dell’antichità fino a giungere a noi, come lo conosciamo: calice o bicchiere. Strumento preziosissimo per forme e materiali. Il reperto è conservato a Parma.
Quindi senza mai dimenticare che un territorio eccezionale regala vino eccezionale, non distante si trova il Borgo di Vigoleno che ne produce uno pregiatissimo. Dal 1998 nel disciplinare dei Colli Piacentini doc con menzione Vin Santo di Vigoleno da uve: Santa Maria e Melara (minimo 40%), Bervedino e Trebbiano Romagnolo (il restante). La modifica del disciplinare nel 2004 ha visto l’aggiunta dell’Ortrugo, il Marsanne e il Sauvignon anche se una parte dei produttori rimane fedele alla prima versione.
L’Educational Tour promosso e organizzato grazie a Roberto Rossi, Visit Emila, Coolture Agenzia per il Turismo di Bobbio ci ha consegnato informazioni, sul passato e sulla tradizione di questo territorio.
Strabone ( 54 a.C. 24 d.C. ) che ha scritto anche a favore del vino dice, nella sua Geographia “ ognuno ammetterà che in vari periodi una gran parte del continente è stata coperta e poi di nuovo rilasciata a secco dal mare “
Tutte le cose sono continuamente in moto e subiscono grandi cambiamenti: molta parte della Terra essendo mutata in acqua e molta acqua mutata in terra.
Pietre, portatrici di messaggi lontani, furono causa di roghi per uomini definiti eretici, colpevoli di aver osservato più attentamente di altri.
Storie di creature, glossopetre o lingue di pietra, identificate da Leonardo come denti di squalo fossilizzati, capaci, per i più di poteri guaritori per i morsi da serpente o per l’ epilessia. Creati da fulmini caduti a terra,Leonardo da Vinci ne riceve alcuni da villani come dicevamo poco sopra e ne riporta descrizione sul codice Leicester (folio 9 verso, folio 10 recto, folio 10 verso)offrendoci visioni paleografiche di straordinaria intuizione.
A far data dal 700 diviene nota la collezione di reperti di Giuseppe Cortesi e viene definito il termine Piacenziano , uno stratotipo, identificato nell’epoca geolocica Pliocenica.
Giuseppe Cortesi studia diritto a Parma e arriva ad amministrare la giustizia a Castell’Arquato dove viene attratto dai resti fossili che inizia a raccogliere e fu nominato da Maria Luigia*, la buona duchessa, professore onorario di Geologia.
Scheletri affiorano, lunghi 23 metri e dalle mandibole larghe 2 metri e mezzo, balene, delfini, rinoceronti ammassati più o meno nello stesso punto, tra i calanchi dei colli ora a 300 metri slm, sono raccolte al Museo di Parma, unici esemplari documentate dal un filmato dell’Istituto Luce che descrive in un minuto e mezzo l’emozione degli scavi.
Giovanni Podestà, ricercatore locale, nel 1842 scopre la Balena. Antonino Menozzi, farmacista ne riporta alla luce e recupera i resti dal Golfo Pliocenico che si adagiava sulla pianura padana.
*Maria Luigia che ricevette il ducato di Parma e Piacenza dal Congresso di Vienna nel 1814 dopo la sconfitta di Napoleone I, suo marito, a suggello della pace di Vienna tra Francia e Austria, italianizzò il suo nome e favorì la spinta culturale in questa area di Castelli giunta fino a noi.
Possiamo raccontare di un altro Castello ancora che fa parte del circuito piacentino, dove si soggiorna particolarmente bene arricchito di un centro wellness spa sorto proprio tra le sue mura, quello di Rivalta, aperto tutto l’anno, si trova a 14 chilometri da Piacenza.
Il Castello di Rivalta (foto 2) racconta innanzitutto la storia della famiglia del Conte Orazio Zanardi Landi, ed ha ospitato innumerevoli illustri ospiti. Il Castello custodisce un Museo ricchissimo di uniformi, armature, armi e una sala di convivialità riprodotte nello stile d’epoca. Una cucina, una sala da pranzo allestita con una mise en place, in cui il vino non veniva versato dal personale, il commensale provvedeva da sé servendosi da due ampolle, poste a tavola, una per il vino bianco e una per il vino rosso. Il Sommelier non era ancora codificato come verrà fatto in seguito.
Ha ovviamente richiamato la nostra attenzione il bicchiere del vino preferito. Il più vicino al commensale anche se il più piccolo, il più prezioso.
Nel centro benessere abbiamo trovato un ambiente ben concepito, rilassante (foto 3) e che utilizza prodotti di bellezza a base di reserveratrolo (foto 4), un componente benefico per la cura della pelle, contenuto nell’uva.
Castello, una spa e un ristorante. 3 elementi, 5 sensi che si possono subito soddisfare: Vista, Olfatto e Gusto e Tatto e Udito che possono raccontare in una giornata di visita e periodi di vacanza senz’altro molto più lunghi.
Si accede con facilità nel borgo del Castello che raccoglie anche:
La Bottega, un tempo la Macelleria
Locanda del Falco
Il Ristorante, La Locanda del Falco, è gestito dalla famiglia piacentina Piazza, dalla Signora Rina Piazza nel 1975, e oggi attraverso Sabrina Piazza.
Nato a fianco della Macelleria oggi bottega di specialità gastronomiche (foto 5 ) dai colori e sapori inebrianti, mantiene il ricordo del negozio di generi alimentari primari.
La Locanda del Falco fa vivere il momento del pranzo durante la settimana, come una naturale modalità piacentina di interpretazione della pausa del mezzogiorno. Lo chiamano “Il Pasto operoso”.
Celebrativo e consapevole, con i moti del passato e con la concezione del futuro attraverso Chef internazionali che imparano tradizioni locali.
Sedimentazioni, stratificazioni di storie. Son quelle che si cercano in terre di vini, qui raccontano di storie fantastiche.
Tra qualche bicchiere di vino e storie, è normale che qui molto passi attraverso il racconto popolare.
Manifestazioni prendono corpo e intanto, Bellocchio, della città di Bobbio e direttore del Festival del Cinema proprio di Bobbio, provincia di Piacenza, stravince ai Nastri d’Argento per l’ applauditissimo suo ultimo film “Il Traditore”
Appuntamento con lui dal 27 luglio fino al 15 agosto al Bobbio Film Festival, al Chiostro di San Colombano**.
**San Colombano, l’irlandese che fonda qui il suo Monastero (foto sarcofago) Visi scolpiti che raccontano…
Qui, si fondono: il tessuto sociale, la storia, la fantasia.
Bobbio, questa culla di cultura, celebra Franca Rame….di Bobbio anche lei e la sua Famiglia (foto 6)
Franca Rame, bimba a Bobbio, artista a Milano, conservava in sé un modo di osservare appreso dalla sua famiglia. Pio Rame, il nonno di Franca creava marionette. Producevano a fine anni ‘50 spettacoli non scritti. Ogni volta diversi. Il canovaccio serviva per sapere che costumi indossare, quali personaggi venivano coinvolti nella storia.
Fu lei, Franca Rame, capace di tradurre per Dario Fo, antichi testi che contenevano codici incomprensibili a Dario. Si trattava di codici utilizzati dagli artisti come quelli della sua famiglia per proporre canovacci di spettacolo, annotando i principali argomenti, abbreviando e di cui tenevano a mente solo i tratti dei personaggi e delle principali trame, facendo diventare diverso, ogni volta, il racconto reso spettacolo di paese in paese, nel piacentino.
Così Dario Fo, poté interpretare poi il suo Mistero Buffo.
Molto ancora, Franca Rame mise ordine tutte le informazioni che Dario continuava a raccogliere, trovando il fil rouge, una collocazione. Dal riconoscimento degli antichi detti dialettali che sopravvivono nel vissuto popolare quotidiano, ricordando storie realmente avvenute alle cantilene dei cordari, mondine che scandivano il tempo della fatica coi i loro canti e movimenti di lavoro.
Nascerà con lei tutto questo e tanto ancora con Dario Fo, e si può festeggiare una data importante: il 50° anniversario, nell’anno corrente “di giullarate” 2019 di quel Mistero Buffo.
Appuntamento il 14 agosto nel Chiostro Abbazia, ore 21.30 Omaggio a Dario Fo e Franca Rame.
Sicuramente il Bobbio, Piccolo centro di cultura, ci appare un bacino di cultura che trasmette tantissime ed entusiasmanti storie…
Visitare le Valli Piacentine, è contagioso, e ci vuol un attimo…
Per conoscere delle persone, noi dobbiamo entrare in casa loro. Volete sapere come potete fare oltre che a seguire tutti gli indirizzi che vi abbiamo suggerito? Se volete fare come noi ma siete ancora incerti, iniziate col visitare il museo Etnografico della Val Trebbia.
Sarà come entrare nel tempo passato e nelle abitudini casalinghe rivelandovi tutto della personalità e della vita di questi luoghi.
Alcuni esempi di vita quotidiana che potrete continuare a scoprire visitando e degustando nelle valli piacentine, piatti tipici. Vedrete come alcuni gesti, alcune attrezzature, van bene anche oggi.
Un poco come dire: “squadra che vince non si cambia”.
Qui cambia il modo di fare storia, si racconta, si raccontano storie di balene, storie di giullari, ci si ispira.
Appena arriva l’autunno e decideste di tornare nei luoghi del racconto, sentirete il richiamo dei Pisarei e Fasò (foto ), il piatto capolavoro di cucina tradizionale.
Ricordatevi che quelli veri sono quelli con i fagiolini dall’occhio e senza pomodoro (l’America non era ancora stata scoperta).
La ricetta tradizionale la fanno ancora.
Potete trovarli di sicuro a Il Poggio CardinaleCardinale, Alessandra vi accoglierà con il sorriso e vi assicuriamo che degustarli nell’agriturismo in cima a quella collina, vi farà sembrare di mangiare cose di un altro mondo, nelle Valli Piacentine e sentirete raccontare altre storie.
#mangiarepiacentino