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Da cosa dipende la bontà della pasta? Dalla materia prima, dalla trafila utilizzata e dalla modalità d’essiccazione, ossia dall’intero ciclo produttivo. La semola di grano duro deve essere di prima qualità, ma non basta; l’acqua utilizzata per l’impasto deve essere leggera, non “dura”.
L’impasto viene poi foggiato dalla trafila, ossia la mascherina forata attraverso cui viene fatto passare così da ottenere spaghetti, fusilli, penne ecc.
Le trafile di bronzo sono molto reputate perché permettono di ottenere paste ruvide al contrario delle trafile di teflon, ossia quelle industriali, che producono paste lisce, ossia di minor valore gastronomico. Anche l’essiccazione svolge un ruolo fondamentale. Deve avvenire nel modo più naturale possibile; se forzata, ossia breve perché svolta a elevate temperature, superiori a 60-70 °C, sottopone a una trasformazione chimica l’amido così da vetrificare la pasta; se invece avviene in tempi lunghi e a basse temperature, il prodotto si manterrà poroso. Va da sé che, poniamo gli spaghetti, se lisci e vitrei, una volta conditi scivoleranno nel sugo senza raccoglierlo, mentre una pasta ruvida e porosa raccoglierà e si impregnerà di salsa. La filiera del pastificio Verrigni di Roseto degli Abruzzi in provincia di Teramo è virtuosa, grazie alla qualità del grano, all’acqua del Gran Sasso paragonabile a un’oligominerale, alle trafile di bronzo e alla lunga essiccazione. Ma l’azienda non ha voluto fermarsi qui in quanto a quelle di bronzo ha affiancato trafile in oro. Queste “in virtù del minore stress che l’impasto subisce a contatto col metallo nobile” conferiscono alla pasta “una nuova ruvidezza, una nuova dolcezza e una nota distintiva che conquista”. Ed è quella preferita di alcuni grandi chef grazie alla consistenza più duratura.

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