L’azienda Terenzi, di cui abbiamo scritto del Morellino di Scansano Riserva Purosangue qui ha proposto mercoledì 3 maggio una verticale a Milano delle prime sei annate del Morellino di Scansano Riserva Madrechiesa al ristorante giapponese Iyo, cui è seguito un pranzo abbinato ad altri vini della maison. La Terenzi, fondata nel 2001 con l’acquisizione di un casale in Maremma, ha da subito applicato le migliori tecniche in vigna e in cantina, per esprimere il meglio del territorio. Azienda famigliare, ha sempre creduto nell’importanza determinante dell’intervento dell’uomo nella caratterizzazione di un vino e pertanto come filosofia non ha voluto imporre un proprio “stile”, ma lavorare per la valorizzazione dei vitigni. Nella produzione del Morellino di Scansano, per quanto il disciplinare di produzione preveda l’impiego di altri vitigni, l’azienda ha puntato sul sangiovese in purezza così da ottenere un rosso che rispetta il territorio e che risulta pulito, elegante al contrario di quei rossi locali soprattutto del passato, scuri, concentrati, “marmellatosi” che facevano supporre che fosse quella l’espressione dell’enologia maremmana. Il Morellino di Scansano Riserva Madrechiesa nasce nel 2009 con l’acquisto di una vigna in precedenza gestita in affitto. Si tratta di un progetto in evoluzione, che sta coinvolgendo i migliori appezzamenti della tenuta; ha suscitato subito interesse sul mercato e oggi conta su una produzione di 15 mila bottiglie più che raddoppiando quella iniziale. Madrechiesa è un brand nel brand , in quanto vive di luce propria. E’ un sangiovese diverso giocato in sottrazione per l’ottenimento un prodotto più bevibile di quelli tradizionali, diverso anche da un punto di vista cromatico considerato che è più scarico. Affina solo in botte, non in barrique, ma senza denigrarla, al contrario. Negli anni la barrique 90 era diffusissima, mentre oggi, che il clima più caldo impone altre esigenze, è la botte spesso a essere privilegiata e l’azienda l’ha adottata, per ottenere un rosso elegante modificando pure il modello viticolo: negli anni 90, per esempio, si diradava, e i diradamenti erano spesso esasperati, al fine di concentrare gli zuccheri; ma oggi il clima è più caldo e l’azienda anziché diradare preferisce alleggerire e dimezzare il peso dei grappoli, rallentare la maturazione per ottenere un’uva più equilibrata.
La verticale Madrechiesa:
il 2009 riproduce sentori di piccoli frutti rossi, nota di goudron, corpo pieno e tannini ben intessuti dotato di 14 gradi alcolici;
il 2010 possiede una gradazione meno sostenuta, ha maggiore acidità e tannini un po’ più presenti del 2009; è in vino rinfrescante con nota quasi balsamica;
la 2011 fu un’annata calda, e il vino esprime note di frutta matura, senza essere “marmellattoso”;
la 2012 fu un’annata calda, ma l’effetto brezza marina che mitiga e un settembre fresco hanno permesso di produrre un vino di complessità e di struttura, che rispetto all’annata precedente possiede acidità finale più marcata;
la 2013, annata fresca, da giugno in avanti il tempo fu bellissimo e il vino prodotto è molto equilibrato, con struttura e tannini presenti, finale avvolgente e teso;
il 2014 è un’anteprima non ancora in commercio, frutto di un annata con temperature piuttosto basse ma con settembre molto asciutto che ha permesso di raggiungere una maturità, anche fenolica, perfetta. Per quanto sia in divenire si rivela molto equilibrato, succoso, con frutto, carnoso e un grande potenziale
La verticale è stata preceduta dalla degustazione di due vini bianchi. Ad aprirla il Vermentino di Maremma Toscana Balbino. L’Azienda ha cominciato a produrlo prendendo come modello quello corso perché l’isola francese è alla stessa latitudine, ha una parentela climatica, oltre a essere più vicina della Sardegna e della Liguria, regioni italiane che producono “storicamnte” il Vermentino. Terenzi ha lavorato per esaltare le caratteristiche del territorio con la coscienza che il vitigno è il tramite per esprimerle. Nel caso specifico di questa zona dal clima caldo, ma posta a una certa altitudine, mitigato dalla brezza marittima, dal libeccio che arriva dal Tirreno, il Vermentino ha mantenuto eleganza e freschezza, la giusta acidità note floreali che ricordano i fiori d’arancio, la macchia mediterranea, note di frutta a polpa bianca, di pesca, sapidità finale che lo qualifica. Per esaltarne le caratteristiche semi-aromatiche in cantina l’uva è sottoposta dopo la pigiatura, a una breve macerazione pellicolare. Al Vermentino ha fatto seguito il Viognier Montedonico. Il Viognier è un vino bianco francese tradizionalmente affinato nel legno, con modesta acidità. La Terenzi ha voluto sottolinearne la freschezza e dopo alcune prove in legno ha preferito affinarlo in acciaio ottenendo un vino floreale di viola con nota citrina; il bocca entra largo, strutturato dotato di una certa grassezza, ma chiude con una bella acidità e con una nota di anice dolce.
Nel corso del pranzo, tra gli altri vini è stato servito il Petit Manseng 2013, dalle omonime uve appassite su graticci. Affina in barrique e in bottiglia. Di colore giallo dorato, ha profumo di frutta tropicale, di miele ed è pieno e avvolgente