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Siamo attentissimi all’acqua che beviamo, e a quella del rubinetto preferiamo l’acqua minerale, ma quando beviamo una bibita on the rocks la soglia di attenzione si attenua, eppure è proprio il momento in cui non dovremmo abbassare ka guardia. Ad allertarci ci pensa l’Istituto Nazionale Ghiaccio Alimentare (INGA). Per ghiaccio alimentare si intende quello preparato con acqua giudicata potabile dall’Ufficiale Sanitario e che alla fusione si riduce in acqua egualmente potabile.

Il ghiaccio se non risponde a tali condizioni viene denominato “NON alimentare” o ghiaccio “NON commestibile“.

Il dato inquietante è che, come spiega l’INGA, spesso bar, discoteche, ristoranti, alimentari e operatori del settore turistico-ricettivo producano ghiaccio che nel 90% dei casi non rientra nella definizione di ghiaccio alimentare. Il ghiaccio non alimentare, per intenderci, va bene da mettere nel secchiello per raffreddare le bottiglie, nelle borse frigo, nei contenitori temici per raffreddate lattine e bottigliette ossia in quegli ambiti in cui non entra a contatto diretto con le bevande o il cibo. Ma quello che mettiamo nel bicchiere per rinfrescare il nostro drink , DEVE essere alimentare. Su questo punto spesso manca l’attenzione necessaria. Basti pensare che in vacanza in paesi esotici dove si sa che l’acqua non è sempre potabile siamo giustamente attenti anche all’insalata ma poi beviamo il cocktail con ghiaccio senza tanti problemi e quel ghiaccio  con tutta probabilità non è di acqua potabile.  

Per quanto riguarda l’Italia, il ghiaccio non idoneo al consumo in più delle volte non è prodotto in cattiva fede, ma  per ignoranza in materia. Per esempio non basta che l’acqua utilizzata per produrlo sia potabile: il ghiaccio una volta fuso e ritornato in forma liquida, non è più potabile divenendo di fatto illegale e non salubre. Ciò può essere dovuto, come spiega l’INGA a una errata manutenzione del macchinario che non viene sottoposto alle procedure conformi, come pulizia, manutenzione generica, sostituzione dei filtri e più in generale alla non corretta applicazione del manuale HACCP e della prassi di conservazione e somministrazione degli alimenti.

Per saperne di più contattare L’INGA cliccando qui.  

Di questo Autore