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Siamo tornati al ristorante Arya dell’Hotel the Square Milano Duomo di cui abbiano detto qui. Confermiamo quanto in precedenza scritto sulla costante evoluzione culinaria sotto la regia dello chef Paolo Scaccabarozzi. Una cucina in cui si possono trovare i sapori che potremmo definire “classici” proposti in preparazioni che utilizzano tecniche sia tradizionali sia innovative con impiego di tecnologie avanzate. Nelle elaborazioni dello chef vediamo che lo spirito di ricerca è sempre presente, con piatti che nascono da ricette della tradizione che lo chef ridisegna con mano sicura.

Un esempio è la zuppa di mare solida (foto 2), un piatto sicuramente inconsueto: crostacei e pesci sono avvolti in una guaina di fumetto gelificata, accompagnati da crostini caldi. A contatto con la bocca la copertura gelatinata si fonde così da riprodurre il sapore del brodetto di mare sostenendo il sapore naturale del pesce. E’ una portata che incuriosisce, in qualche modo diverte, stuzzica, ma soprattutto piace.

Un’altra preparzione che ci ha incuriosito si presenta come un quadrato spesso poco meno di un centimetro d’aspetto semitrasparente in cui prevalgono nuance rosate (tanto da farci pensare a un carpaccio di gamberi), sormontato da puntarelle, acciughe, burro che scopriremo essere salato, cipolla trattata al vino e una cialda di pane (foto 1). Assaggiamo il quadrato e sentiamo aprirsi, allargarsi in bocca un gusto della memoria, il sapore inconfondibile dei nervetti, piatto irrinunciabile dei milanesi di una volta qui riproposto in chiave contemporanea. Gli “ammennicoli” che accompagnano i nervetti, ne fanno di fatto un’insalata: la cipolla comunica acidità e dolcezza, le puntarelle rinfrescano il gusto e aggiungono una nota amaricante che bene si fonde con la sapidità umami delle acciughe, il tutto accarezzato dal gusto lievemente salso del burro, e non manca il pane.

Una portata compiuta, elegante, nata da una preparazione decisamente popolare.

Da non perdere, visto che siamo ancora in stagione di funghi, la spuma di patate ratte con porcini e baccalà (foto 3). Anche questo piatto, come i nervetti, ha una matrice popolare, ma l’esecuzione è nobilitante e di indubbia piacevolezza: la spuma con il baccalà fonde in bocca, mentre i funghi crudi alimentano il sapore senza prevaricarlo, piuttosto vivacizzandolo con una nota vegetale. E se consideriamo la spuma un’entrée, passiamo sicuramente al primo piatto.

Però prima vorremmo dire degli stuzzichini che hanno introdotto la cena (foto 4), con i quali lo chef ha dato il timbro all’intero menu, e pensiamo divertendosi pure. Nel piatto in alto nella foto un cioccolatino che in bocca si rivela farcito non già di granella di nocciola, ma, sorpresa, di foie gras. Inutile entrare nel merito della felicità dell’abbinamento e di quanto il palato possa goderne. Più sotto la cialda di nero di seppia con caprino e limone dona una nota crunch alla portata; alla destra un dadino di ananas avvolto in salsa di pomodoro con nota di anice tanto per proporre un abbinamento insolito, quanto riuscito e per ultimo… le crocchette di patate devono essere croccanti e morbide al tempo stesso e non è un piatto scontato. La crocchetta di patate con Casera e porcino qui servita, è perfetta per consistenza e rotondità di sapore: un altro piatto popolare diventato gourmet.

Ma veniamo al primo, i bottoni sono la versione dei ravioli dell’alta ristorazione, in cui la pasta viene tagliata attorno al ripieno per eliminare le eccedenze. In questo caso i bottoni al pomodoro  Ciro Flagella e stracciatella sifonata (foto 5): definiscono la portata sapidità e freschezza.

In informatica il termine camouflage si utilizza per indicare un file nascosto, “camuffato”, in un altro così da non essere visibile. Il piatto proposto dopo i bottoni è il risotto Carnaroli Riserva San Massimo Camouflage (foto 6). In questo caso non si allude a file ma a ingredienti nascosti nel risotto ossia porcini, aglio nero, prezzemolo e Parmigiano Reggiano. Scaccabarozzi ha utilizzato un riso superbo nato in un parco nauraledi cui abbiano scritto qui e ha saputo valorizzarlo cucinandolo con ingredienti tenuti separati così da fornire alla preparazione sapori distinti e distinguibili, puliti e precisi. Abbiamo apprezzato anche la cremosità della mantecatura e la consistenza del riso.

Il piatto forte. Qui lo chef propone una preparazione della cucina classica, ossia il filetto alla Wellington (vale a dire in crosta di pasta sfoglia talvolta spalmato di salsa Duxelles, a base di funghi in genere prataioli) da lui reinterpretato con padronanza e disinvoltura: filetto di fassona alla Wellington (foto 7) dove la crosta è di pane bianco cotto in burro chiarificato salato, e il tutto è sormontato da un cappello di porcino come richiamo della Duxelles. Esecuzione magistrale con la carne succulenta associata alla croccantezza friabile del pane  e con le avvolgenti note gustative del porcino per sottofondo.

Per dessert un saggio di pasticceria: il cannolo di nocciole, cioccolato ruby, castagne, spuma di mandorle, caramello salato e fior di latte (foto 8).

Infine il gelato di pistacchio e sale di Maldon (foto 8) chiude il menu.

Per concludere, Paolo Scaccabarozzi ama reinterpretare piatti nobili o popolari che siano, sempre con molta gentilezza, vorremmo dire in maniera educata, senza forzature. Le preparazioni nascono da intuizioni, da sensibilità, da ragionamenti, e sono molto comunicative, chiare, che non richiedono interpreti e anche quando sono elaborate. Ed è tale la comunicatività il plus di questa alta cucina.

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