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Metodo Bellussera. L’Azienda vitivinicola Ca’ di Rajo  nasce nel 2005 a opera della Famiglia Cecchetto produttrice di vini dagli anni trenta del secolo sorso (ne abbiamo parlato qui). La struttura aziendale comprende La Chiesetta del Carmine con adiacente Casa Convento, costruita nel Trecento e i resti della Torre di Rai edificata nel X secolo su fondazioni romane.

Conducono ora l’azienda i fratelli Simone, Alessio e Flavio. La cantina si avvale di tecnologie avanzate, ma al tempo stesso conserva il meglio di ciò che ci ha lasciato il passato.

L’esempio calzante è dato dal mantenimento di una pratica agricola nata a fine Ottocento che oggi definiremmo sostenibile, ed è in via di estinzione. Si tratta della Bellussera, ossia di un metodo di allevamento delle uve ideato dai fratelli Bellussi che portò a innalzare le viti sino a quasi 4 metri dal suolo, disponendole a raggio (foto 2) allo scopo di difendere le piante dalle malattie che andavano diffondendosi nelle campagne.

Questo metodo comportò un aumento della produzione, ma soprattutto permise di coltivare negli interfilari i cereali che rappresentavano la base dell’alimentazione degli agricoltori. La Bellussera ha di fatto protetto il paesaggio garantendo un equilibrio ambientale. Questa coltura rende infatti impraticabile l’impiego di macchinari per la maggior parte delle operazioni sulle viti così da soddisfare le esigenze di ecosostenibilità sempre più richieste dai consumatori maggiormente documentati e attenti. Abbattimento dei mezzi agricoli significa abbattimento delle emissioni di CO2. Infine la Bellussera svolge un ruolo di mantenimento della biodiversità e permette di conservare varietà viticole in lenta scomparsa altrove, oltre a garantire un canale d’aria che svolge un’azione benefica sulla salute delle uve (della Bellussera abbiamo scritto anche qui).

La realtà Ca’ Di Rajo comprende 85 ettari di terreno equamente suddivisi tra Veneto (zona del Piave) e Friuli. La cantina si trova nel cuore di un’area di 25 ettari vitati dal nonno dei fratelli Cecchetto 60 anni fa, Quindici ettari di questi sono coltivati a Bellussera dove radicano soprattutto vitigni autoctoni. L’azienda ha presentato alcuni vini della propria collezione al ristorante Ceresio 6 di Milano.

I vini degustati:
Iconema, Tai Doc Piave
Notti di Luna Piena Melanotte Del Piave Docg 2013
Notti di Luna Piena Melanotte Del Piave Docg 2009
Notti di Luna piena Melanotte Del Piave Docg 2007
Ciàcoe Torchiato di FregonaColli di Conegliano Docg Docg

Iconema Tai Doc Piave 2018 (foto 3)

E’ una produzione limitata di 3083 bottiglie e 120 magnum da uve tai coltivate con il sistema Bellussera. I grappoli sono colti a maturazione quasi completa, passati in fruttaio per 25 giorni su graticci. La fermentazione avviene prima in acciaio, poi in legno, quindi il vino affina in acciaio 8 mesi a contatto con i lieviti e 4 mesi in bottiglia. Nel calice il vino si presenta giallo che vira al dorato. Al naso è complesso, con ben pronunciate note di frutta estiva matura come la pesca gialla, confettura e nuance di zafferano. In bocca rivela un ottimo equilibrio tra acidità e alcolicità, ed è sapido, caldo, avvolgente con lungo finale. Abbinato a Tartare di manzo, insalata rustica e curcuma.

Notti di Luna Piena Melanotte Del Piave 2013
E’ il vino più rappresentativo dell’azienda. Prodotto con uve raboso, questo rosso illustra in etichetta una leggenda che vuole che nelle notti di luna piena il diavolo arrivi a Rai, frazione di San Polo di Piave, appoggiando un piede sulla citata torre e l’altro sul campanile della Chiesa così come riprodotto sulla bottiglia (foto 4). Anche la denominazione del vino, si ispira alla leggenda. Dopo la raccolta il 30 per cento delle uve è tenuto per 90 giorni in fruttaio, mentre il vino ricavato dalle altre uve matura in botti grandi per 36 mesi. Il 2013, per quanto abbia un’età già apprezzabile, mostra di essere in pieno divenire. Il vino ha raggiunto un proprio equilibrio, tannini garbati, giusta acidità, ma promette longevità. Da riprovare fra uno-due anni.
La versione 2009 è intensa e complessa; il vino è di grande soddisfazione, dotato di piacevoli sentori di ciliegia e di cuoio, di tabacco con nota balsamica. In bocca si allarga, rivela ricordi speziati già percepiti al naso, frutto maturo e lungo finale. E’ un vino in pieno splendore.
Il 2007 non ha l’armonia delle altre annate pur avendo tutti i requisiti per entrare nel novero dei migliori Raboso.
I tre Raboso sono stati serviti con Vitello i doppia cottura, carciofi e purea di olive.

Ciàcoe Torchiato di Fregona Docg 2013 (foto 5)
Il vino è prodotto con uve glera, verdiso, boschera e autoctone (bianchetta, daocio) lasciate appassire. Il Torchiato era il vino prodotto dalle famiglie viticoltrici da centellinare i giorni di festa. Possiede colore oro intenso dal profumo ampio di frutta matura estiva, albicocca essiccata, confettura, sentori agrumati, miele di zagare e sentori di vaniglia. In bocca la dolcezza è equilibrata dall’acidità così da risultare oltre che morbido anche fresco, ed è suadente, profondo con note di miele dotato di una lunga persistenza. Ciàcoe è stato servito con Cioccolato bianco, maracuja e pistacchi salati.

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