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Andrea Moser, enologo di Erste+Neue, ha presentato alla stampa, insieme con Massimo Zanichelli, degustatore, wine writer e documentarista, in un incontro su piattaforma Zoom organizzato dall’Agenzia di Comunicazione Fruitecom, quattro referenze della sua cantina.
I vini presentati in occasione del restyling delle etichette e del logo e del corporate design sono Puntay Pinot Nero Riserva 2018, Puntay Chardonnay 2019, Puntay Sauvignon 2019 e Pinot Nero 2020 (foto 1).

Lo stile Erste+Neue
Il filo conduttore che lega queste quattro referenze, soprattutto i tre Puntay, ma riteniamo l’intera produzione della Erste+Neue, è l’eleganza che possiamo definire in rapporto all’acidità partendo da un approccio chimico. Oltre all’acidità fissa gioca un ruolo molto importante, anche se spesso non preso adeguatamente in considerazione, il ph. Per chiarire il ph del vino va da 3 a 4; quello del limone è inferiore a 3.

I vini bianchi hanno in genere un ph più basso e un’acidità fissa più elevata rispetto ai rossi. Questi due valori determinano la verticalità del vino. Per verticalità, Andrea Moser intende “la sensazione tattile che parte dal vino in bocca, come si comporta il vino in bocca. Un vino non è verticale quando in bocca si dilata, mentre è verticale quando mantiene anche in bocca una caratteristica molto centrale e sul finale dà salivazione data dalla salinità”. Considerato che l’eleganza è strettamente legata alla bevibilità, ciò significa che in cantina non si cerca la concentrazione, pertanto niente macerazioni prolungate, fermentazione malolattica, uso massiccio di legni soprattutto piccoli. E nel vigneto si tiene conto dei terreni, che devono essere molto salini, non si cercano cioè suoli che vadano a ingrassare i vini, ad allargarli molto dal punto di vista palatale.

Queste sono le linee guida di Moser, ovviamente con tutte le sfaccettature del caso in quanto ogni vino ha le proprie caratteristiche e richiede una particolare attenzione in fase di vinificazione. Riteniamo che questa introduzione possa servire per stabilire un approccio corretto per interpretare un vino, cercandone la “sintassi” anziché perdersi in “analisi grammaticali”, puri esercizi alla scoperta di sfumature olfattive gustative che non sempre giovano alla comprensione del vino stesso; come dire, vogliamo coglierne l’essenza, esattamente come si cerca in un quadro il significato, l’emozione che comunica, anziché perdersi nell’elencarne i colori.

I vini
Le bottiglie Erste+Neue sono state sottoposte a un restyling e nelle etichette ora riportano il profilo delle montagne come elemento figurativo per porre l’accento sulle vette alpine dove radicano i propri vigneti. L’etichetta dei vini bianchi ha colore giallo verde acido per esprimere freschezza, agilità e verticalità per cui, come visto, acidità alta, ph bassi, con conseguente non eccessivo utilizzo del legno e della malolattica anche se talvolta è parzialmente svolta. Il colore delle etichette dei rossi è il blu dei grembiuli tipici dei contadini sudtirolesi. La scritta Puntay in etichetta riprende lo stile calligrafico utilizzato in cantina sulle botti o sulle barrique per identificare i singoli vini della linea.

Puntay
I vigneti dei produttori conferenti sono dislocati in zone diverse e pertanto la Cantina è andata alla ricerca delle loro caratteristiche comuni per la creazione della linea Puntay. Il nome suggerisce montagna, altitudini, ma anche vino di punta. I vigneti sono spesso radicati su pendii scoscesi, ad altitudini che vanno da 500-550 metri sino a 860-900 metri slm. Caratterizzano tutti i vini della linea oltre a quanto sin qui detto, rese molto basse, e ottime maturità delle uve. Le macerazioni, come anticipato, non sono esasperate, e avvengono a freddo per i bianchi.

Per tutti i vini Puntay la fermentazione è “spontanea guidata”. Moser è molto critico in merito alle macerazioni spontanee: le preferisce “guidate” perché alla fine tende a chiuderle con lieviti selezionati in modo da avere profumi diretti e zuccheri a zero permettendo di valorizzare la nota salina di questi vini.

Chardonnay e Sauvignon passano in legno. Però la condizione da rispettare rigorosamente è che il legno venga utilizzato senza che copra il bouquet del vino: il legno serve per comunicare la dolcezza a complessare l’acidità, ma anche per favorire l’evoluzione necessaria per sviluppare determinate note, come per esempio nello Chardonnay la mineralità nella sua espressione di pietra focaia.

Puntay Chardonnay 2019 (foto 2)
Per l’elevazione dello Chardonnay è, sia pur parzialmente, utilizzata la barrique, e viene svolta una parziale malolattica. Nel caso dello Chardonnay, per evitare di estrarre potassio e quindi di abbassare l’acidità e alzare il ph, si procede con pressatura con uva intera, tecnica utilizzata anche per le basi spumante.

Puntay Sauvignon 2019 (foto 3)
L’unico bianco macerato in modo significativo è il Sauvignon. Sino a oggi, ossia sino all’annata 2019, è stato vinificato utilizzato solo legno grande. Probabilmente in futuro per aumentare la caratteristica spigolosità, perché il Sauvignon deve essere irruento, spiega Moser, come vuole il nome il cui etimo è sauvage, e per valorizzarne la salinità, verranno utilizzati contenitori di ceramica, i Clayver.  Qui il vino ha un’evoluzione come se fosse in barrique o in un tonneau, ma senza che acquisisca i sapori e i profumi ceduti dal rovere. L’obiettivo di Moser è di enfatizzare il più possibile ciò che dà il territorio.

Pinot Nero
Moser precisa che, come il Kalterersee, non considera il Pinot Nero un vino rosso; non lo considera né bianco né rosso, o meglio, è un vino rosso con caratteristiche chimico fisiche da bianco vale a dire con un ph basso. Si potrebbe definire come verticalità nel Pinot Nero la croccantezza, la sensazione che si prova quando si ha l’uva in bocca, quando si masticano gli acini, mentre per contro se c’è ossidazione il vino tende ad allargarsi molto in bocca e a comunicare una sensazione ovattata, magari anche dolce, perché l’ossidazione dà dolcezza, ma stanca. La verticalità, anche in questo caso, è bevibilità.

Pinot Nero 2020 (foto 4)
La linea classica è passata in piccolissima parte in legno per, 4-5 mesi, il resto matura in acciaio. Al momento il vino non è ancor in commercio, ed è un po’ chiuso, soprattutto al naso ma rivela una buona croccantezza, una bella tensione in bocca, è fruttato quanto basta e ha già una piacevole, beva.

Puntay Pinot Nero Riserva 2018 (foto 5)
Si riconosce lo stile di Andrea Moser che non ama gli alcol estremi, non ama le “marmellate”, e preferiscce l’eleganza come nei bianchi per cui freschezza, verticalità, beva.
Il vino è prodotto utilizzando 7-8 differenti vinificazioni, che comprendono fermentazioni e tempi di macerazione molto diversi. Sono usati i Clayver e sufficiente uva intera da riempire un serbatoio da 50 quintali. Per il futuro aumenterà la parte in Clayver, diminuirà la sosta in legno così da svinare dalle barrique tra luglio e agosto anziché in novembre. Moser vuole ottenere più croccantezza, più freschezza, più frutto, meno ossidazione. Nel 2018 si colgono da un lato la freschezza che la cantina ricerca e dall’altro si seente la territorialità, e occorrono altri anni in bottiglia perché si possa esprimere al meglio.

Fair’N Green
La Cantina è Fair’N Green  il sistema per misurare la sostenibilità ed è al terzo anno di certificazione. E’ stata la prima realtà italiana a ottenere il riconoscimento.

Conclusione
Potremmo sintetizzare lo stile della cantina con una formula: eleganza=verticalità=bevibilità
che è la chiave di lettura dei suoi vini.

Nella foto 6, Andrea Moser in un momento della degustazione

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