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14 novembre 2018: al timone del ristorante Tre Cristi di Milano (il ristorante ha chiuso) arriva l’executive chef Franco Aliberti (foto 1 con Monica Angeli responsabile di sala e sommelier, foto 2 e foto 3). Classe 1985, nato a Scafati (SA), ma già da anni proiettato sulle scene della ristorazione d’eccellenza italiana e non solo. Pasticcere di formazione, ora patron del ristorante di Porta Nuova Varesine, esprime la sua abilità organizzativa e il suo puntiglio nella creazione di pietanze non scontate, in cui della materia prima non si spreca proprio nulla. La semplicità che crea stupore, questo il suo mantra, che è possibile riconoscere nelle sue creazioni, mai banali. Come il suo curriculum: nonostante la giovane età, annovera esperienze da far impallidire il più stellato dei colleghi e vanta al suo attivo numerosi riconoscimenti.

Ultima gli studi alberghieri a Salsomaggiore, dove ha modo di improntare la sua formazione di pasticcere all’Antica Corte Pallavicina, da Massimo Spigaroli. Trascorre poi un periodo a Parigi, in cui lavora con Alain Ducasse. Passando poi per Le Calandre, da Massimiliano Alajmo. Importante l’incontro con Gualtiero Marchesi, all’Albereta, con cui collabora nell’organizzazione dell’apertura del Marchesino di Milano. Lavora poi a San Patrignano, presso il ristorante  Vite e con Massimo Bottura, all’Osteria Francescana. Apre nel 2014 un ristorante a Riccione, l’Evviva. Terminata questa esperienza, si trasferisce in Valtellina, dove collabora con lo chef Gianni Tarabino del ristorante La Preséf, all’interno dell’azienda agricola La Florida, a Mantello.

Ed ecco che il cerchio si chiude e chef Aliberti decide di affrontare una nuova avventura, in solitaria, prendendo le redini del Tre Cristi, in cui sublimerà in totale libertà il suo estro sostenibile. I menù proposti traducono il suo intento in fatti: “In cittá”, otto portate che celebrano Milano e coloro che hanno contribuito a renderla grande; “A due passi da Milano”, dieci portate, tutte rispettose della stagionalità, le cui materie prime provengono da piccole aziende del territorio, possibilmente a chilometro zero o quasi.

Decidiamo di scoprire proprio da lui tutti i segreti della genesi di un successo.

Quando e come nasce la “vocazione” per la cucina?

Avevo 10 anni, quando la mamma ci permetteva di giocare con l’impasto della pizza chiedendoci di creare la forma che volevamo, adoravo creare nuove pizze.

Il tuo primo amore è stata la pasticceria. Come ha influenzato il tuo percorso e il cambio di rotta verso il ruolo di executive chef?

La pasticceria è una scienza applicata, ha delle regole e un’etica molto ferrea, un modo di pensare e di organizzare diverso da un cuoco. Riuscendo a mixare i due mondi  si ottiene una visuale a 360°e  un equilibrio, che spero un giorno di raggiungere.

Lo scorso novembre sei approdato al Tre Cristi di Milano. Come ti ha accolto la città, punto di riferimento nella ristorazione d’eccellenza? 

In modo unico facendomi sentire a casa: Milano è come un grande luna park e ho voglia di visitarne tutte le attrazioni.

Sostenibilità e rispetto per l’ambiente: sono valori che fanno tendenza o il bisogno reale di passare dalla teoria alla pratica? Come esprimi questi concetti nella tua cucina?

La sostenibilità è senza dubbio una necessità legata a bisogni molto concreti: quello di acqua potabile, terreno fertile, aria pulita. È uno stile di vita che cerco di portare con me, qualunque cosa faccia: mentre scelgo le materie prime per il mio ristorante, quando immagino un piatto, ma anche nel mio quotidiano nella cura della casa, nell’organizzazione del mio matrimonio.

Arte e creatività a tutto tondo: due elementi che si ritrovano nella linea di piatti di tua creazione, unici nel genere. Raccontaci come nasce questa folgorazione. 

L’ispirazione  viene direttamente dagli ingredienti che vengono utilizzati nelle cucine: nasce così la prima collezione di piatti/scultura, che prende come modelli la verdura e i nudi vegetali, trasposti in opere lasciate volutamente bianche  per esaltare con semplicità quell’eleganza propria della perfezione di Madre Natura. Ma in futuro vedremo del colore: sto cercando di utilizzare colori naturali che derivino proprio dalle parti meno nobili dei soggetti, attraverso un processo di estrazione. Un esempio? Il succo della buccia della carota o della barbabietola per sfumare i soggetti. Opere da esposizione ma che non si fermano al design. Un percorso tattile che amplifica i sensi e il gusto puro dei singoli ingredienti, alla riscoperta di sapori puntuali, eleganti, netti. E dall’ingrediente al piatto, per poi tornare indietro: l’idea è nel futuro quella di creazioni commestibili all’interno del piatto

Il piatto che ti rappresenta e che ti è particolarmente caro?

Nella mia cucina nulla viene sprecato. Ogni parte e l’acqua di cottura vengono valorizzate. Un piatto simbolo di questa filosofia è Zucca, un solo ingrediente valorizzato al 100% e senza che nulla vada sprecato. Un piatto giocato su diverse consistenze e sfumature di colore e di gusto tipiche delle diverse parti: buccia, polpa, semi, filamenti interni.  Per prepararlo la zucca viene cotta intera sulla brace, poi marinata per 2 giorni. Se ne ottengono delle fette, come di una torta. Con i ritagli si prepara una crema, mentre dalla buccia si ottiene un brodo concentrato. Questo piatto è nato a casa con la mia compagna Lisa Casali, una vera pioniera della cucina sostenibile e lotta allo spreco. Stavamo leggendo un articolo sul fatto che gran parte di fibre e antiossidanti della zucca si concentrano nella buccia. È così che ho deciso di cogliere la sfida e realizzare un piatto dove nulla andasse perduto.

Gestisci una brigata giovanissima: 27 anni di media. Come ti rapporti a loro? 

Dando loro un esempio che possano seguire non solo nella pratica, ma crescendo insieme culturalmente, studiando in profondità tutti gli aspetti del nostro lavoro.   

Il rispetto della sostenibilità nell’offerta dei vini: è così nella tua cantina? 

Certamente, siamo sempre alla ricerca anche nel mondo vini.

La ristorazione moderna ha esplorato l’inimmaginabile. Come pensi dovrà evolversi per stare al passo con le nuove tendenze? 

Deve avere una coscienza, un’anima, una storia. Dobbiamo imparare a conoscere tutto, la cultura della terra, delle materie prime è indispensabile per evolverci nel massimo del rispetto e senza dimenticare che esiste la biodiversità.

Cosa bolle nella pentola dei traguardi di chef Aliberti? 

Tante cose, ma, sicuramente, il portare avanti un movimento etico, responsabile, attento e preparato.

Il suo entusiasmo ci ha convinti.

 

Articolo di: Giuliana Fais

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