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Il Devero Ristorante del Devero, hotel 4 stelle, si trova tra Milano e Bergamo, vede e ha visto all’opera nella sua cucina cuochi di rilievo, come Enrico Bartolini, e oggi Moreno Ungaretti, lucense, classe 1980. Ungaretti dopo il diploma comincia a lavorare in ristoranti dove si forma in cucina non solo come chef, ma anche acquisendo la coscienza del ruolo fondamentale della sala.

Tra le esperienze professionali più significative di Ungaretti va menzionata quella maturata al Bistrot Forte dei Marmi proprio quando arrivata la stella Michelin. Qui compie un salto qualitativo assimilando le tecniche culinarie e la visione gastronomica dell’alta cucina, grazie anche al suo inserimento in una brigata di 12 persone. Per Ungaretti è sempre più chiara l’importanza della coralità in cucina così che, quando si trasferisce a Milano come executive chef dell’Hotel Galles, crea una brigata che in parte è ancora con lui.

Infatti dopo il trasferimento al Davero Ristorante, subito dopo la partenza di Enrico Bartolini, quando nel 2017 diventa l’executive chef della struttura, al proprio fianco vuole Davide Politi, già suo collaboratore al Galles.

Come definire la cucina di Ungaretti?

Sicuramente di ricerca; i suoi piatti sono spesso ragionati e nascono dall’incontro tra il dna toscano e la cultura lombarda, assimilata in circa 10 anni di anni di attività. Un saggio l’ha mostrato lo scorso mese di maggio in una serata in occasione dell’ Opening Dehors Dinner con piatti abbinati ai vini delle Tenuta Le Mojole.

La prima portata si intitola Hotellerie ed è una tartare di bue grasso frollato 40 giorni, acciuga del Cantabrico, uovo di quaglia e agrumi (foto 2). Differisce dalla preparazione classica in quanto la carne non è amalgamata con gli altri ingredienti, ma questi sino presenti su una cialda quasi a indicare che la carne di bue grasso non ha bisogno di alcun condimento per poterne apprezzare il sapore, il gusto originario; in ogni caso Ungaretti consiglia di condirla con la crema di agrumi ma lascia al commensale la scelta di tenere separate carne e cialda o a inframezzarle. Ad accompagnare il piatto Donna Marta Brut, Spumante Metodo Classico (foto 3) ottenuto da uve chardonnay (70%) e pinot nero (30 %). Piccola produzione di 1500 etichette con affinamento di 24 mesi in bottiglia dei quali 20 mesi sui lieviti. Il vino è definito da note floreali, sentori fruttati con nuance agrumate.

Per meglio capire l’esprit di ricerca di Ungaretti occorre arrivare al piatto Come una pappa al pomodoro, ossia riso Carnaroli, pomodoro, cipolla, datterino e basilico (foto 4). In questa portata l’anima toscana e quella lombarda si uniscono generando un piatto che potremmo definire fusion in quanto unisce la toscana pappa al pomodoro al milanesissimo risotto. Al riso è stato abbinato il Donna Marta Rosa 2018 (foto 5), da uve merlot, 1500 bottiglie con affinamento sulle fecce per 5 mesi. E’ un rosato gradevole, fresco, fruttato con note di fragola, di caramella di lampone.

Con Antiche Cotture, ossia fagioli al fiasco, vitello, foie gras (foto 6)… i fagioli al fiasco sono un’eredità toscana, mentre il vitello è la carne milanese per eccellenza (a cominciare dalla cotoletta, per proseguire con rustin negàa e ossobuco) Si aggiunga il foie gras, quasi un riferimento al celebrato filetto rossiniano. Ad accompagnarlo Rosso Le Mojole 2016 (foto 7) vinificato con uve merlot (70 per cento) e cabernet sauvignon (30 %). Produzione di 1500 bottiglie; affina in tonneau di secondo passaggio da uno a due anni, quindi in bottiglia per 3 mesi. E’ un vino che riproduce sentori di piccoli frutti cui si uniscono delicate note di spezie.

Per dessert Esotica, passion fruit, mousse al cocco, gelato al mango (foto 1): dolce fresco e di grande piacevolezza.

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