LeVide è un progetto diventato realtà. Il Gruppo Degli Azzoni presente in Italia con “Conte Aldobrando” (Toscana), “Conti degli Azzoni” (Marche) e “Conti Riccati” (Veneto) ha comprato una proprietà, un Maso in Trentino attualmente in corso di ristrutturazione dove sorgerà una cantina con vigne che allignano sopra la località di Ala e dintorni.
l progetto LeVide nel dialetto trentino, ossia le viti, è stato recentemente illustrato da Valperto Degli Azzoni, in rappresentanza dell’Azienda e dal suo enologo Massimo Azzolini su piattaforma Zoom ( foto 1 rispettivamente a sinistra e a destra in un momento della degustazione) in un incontro organizzato dall’agenzia di comunicazione Multimedia.
E’ stata l’occasione per presentare alla stampa i suoi primi tre prodotti che diventeranno sempre più identitari grazie anche a un rinnovato packaging : le etichette, tre spumanti Trentodoc, sono denominati AltiliA per comunicare il senso dell’altitudine, della montagna.
Senso che verrà rafforzato ulteriormente quando a gennaio usciranno i nuovi tiraggi e che avranno come denominazione Cime di AltiliA per associare il nome ai vigneti che sono posti sulle pendici più elevate delle colline di Trento. “Ho sempre avuto il tarlo del Metodo Classico” spiega Valperto Degli Azzoni .”Più di 20 anni fa avevo visitato alcune cantine in Franciacorta e da lì mi è nata la passione per questo metodo.”
I vigneti LeVide dimorano tra boschi e raggiungono 500 metri, 650 metri di altitudine. Massimo Azzolini precisa che la conduzione non è biologica, ma per poter portare uve sane in cantina si utilizzano i mezzi che meno vanno a impattare negativamente con l’ecosistema. Pertanto non si impiegano diserbanti, il diserbo è meccanico, e la difesa del vigneto utilizza prevalentemente rame e zolfo, con qualche altro trattamento senza impiegare prodotti di sintesi importanti.
Prima di arrivare ai vini in degustazione, per meglio definire l’azienda va detto che redige il Bilancio di Sostenibilità (un documento che riporta i principali rapporti tra la cantina e l’ambiente. Il bilancio è pubblicato volontariamente dalle aziende allo scopo di ragguagliare il pubblico interessato)
in quanto ritiene che sia imprescindibile. Valperto Degli Azzoni spiega che oggi si utilizza la parola sostenibilità anche a sproposito perché di fatto non viene perseguita da tutti coloro che la sbandierano.
“Dieci anni fa siamo partiti con il progetto Bilancio di Sostenibilità per stabilire quanto l’azienda nella sua attività incide sull’ambente inquinandolo o eliminando, come del caso di LeVide, la CO2 e nel bilancio si descrivono quelli che possono essere i processi virtuosi che servono per migliorarsi. Quando siamo partiti erano poche le aziende del vino che lo redigevano: Banfi, Mezzocorona, adesso c’è anche Ruffino. La parte interessante è che a Banfi e a Ruffino questi input sono arrivati dall’estero, dagli States. In Italia su questo siamo tema indietro, tant’è che a spiegarlo, a comunicarlo, talvolta facciamo un po’ di fatica, però ho la sensazione che quello sarà il futuro. Noi siamo partiti con il Bilancio di Sostenibilità quando sono venuti a trovarci in azienda alcuni degli importatori danesi e che ci hanno fatto un audit. Noi pensavamo che fosse sui processi produttivi, invece ci hanno chiesto quanta acqua consumassimo, come smaltissimo i rifiuti, quanta elettricità consumassimo e da dove arrivasse, ossia quanto incidessimo sull’ambiente con la nostra attività, e da lì che è abbiamo deciso di redigere il Bilancio. In questo includiamo anche il Bilancio Sociale che si può esemplificare con una domanda e cioè perché un dipendente, a parità di stipendio, preferisce lavorare in un’azienda piuttosto che in un’altra? Perché trova dei benefici, una realizzazione che va al di là della parte economica. L’aspetto sociale all’estero è molto studiato e piano piano sta prendendo piede anche in Italia”.
Veniamo all’obiettivo aziendale di LeVide: essere un’azienda che sia espressione della tipicità, della territorialità. Il fine è sicuramente la qualità, ma soprattutto la valorizzazione del territorio per cui presta grande attenzione al vigneto. Per quanto riguarda la produzione oggi si aggira attorno a 30-40 mila bottiglie; il tragiardo è arrivare a produrre 80-90 mila bottiglie, ma senza fretta. Il canale di vendita è Horeca.
La degustazione
Tutte e tre le etichette non svolgono la fermentazione malolattica.
AltiliA Trentodoc Brut Millesimato 2015 (foto 3)
Uve chardonnay allevate a 200-300 metri di altitudine. La vendemmia manuale avviene ai primi di settembre e le uve sono sottoposte a pressatura soffice. I mosti fermentano separatamente in più vasche da cui l’enologo ricava la cuvée. Rifermentazione in bottiglia per 24 mesi sui lieviti.. L’enologo spiega come ancora una decina di anni orsono i produttori invitavano a bere i propri spumanti subito dopo il dégorgement, mentre attualmente, ed è questa la filosofia della cantina, si lasciano maturare anche dopo perché lo Chardonnay proprio nel tempo riproduce sfumature e sfaccettature ed evoluzioni che da un punto di vista gustativo olfattivo diventano sempre più interessanti.
Note gustative
Nel calice bollicine fini e continue.
Al naso frutto pieno con mineralità: si colgono sentori di crosta di pane, di pasticceria, ricordi agrumati e nota minerale oltre a sentori di erbe aromatiche.
In bocca è dritto, verticale, dinamico, molto vitale con nuance minerali ben espresse. Sapido e fresco e decisamente promettente e con tutta probabilità esprimerà il meglio fra qualche anno.
AltiliA Trentodoc Extra Brut Millesimato 2015 (foto 4)
Sboccatura 2019, chardonnay con selezione di vigne vecchie, pertanto con resa bassa; rifermentazione in bottiglia di 40 mesi sui lieviti.
Note gustative
Perlage fine e persistente con corona.
Elegante al naso, con ricordi di fiori bianchi, di pane appena sfornato, e note minerali e agrumate.
In bocca è verticale, con grande equilibrio con mineralità ben espressa: il gusto è decisamente secco vivacizzato da una spiccata quanto gradita acidità e ancora sapidità, note minerali e finale lungo
AltiliA Trentodoc Brut Rosé (foto 5)
Una parte di uve pinot nero è sottoposto a macerazione a freddo 6-8 °C per sei ore e rappresenta il 30% della massa per estrarre in fase acquosa la nota di frutta rossa. Più correttamente: Massimo Azzolini sottolinea che “la macerazione permette di ottenere un mosto che ha già estratto la parte nobile della frazione gusto-olfattiva con i precursori che con la fermentazione daranno quella nota quasi di ribes, di frutta rossa che vanno a caratterizzare questo rosé. Il vino è stato imbottigliato senza alcun ritocco”.
Note gustative
Perlage e corona sono ben espressi. Bel colore rosa antico.
Profumo con piacevoli note fruttate di piccoli frutti e floreale di rosa e di viola.
In bocca, dopo la degustazione dell’Extra Brut, evidenzia maggiore morbidezza, la presenza del pinot nero allarga il vino in bocca leggermente frenato al centro. Piace per la capacità avvolgente , le note minerali e anche leggera speziatura.
Conclusione
Sono vini che riflettono la filosofia aziendale che persegue qualità e territorialità, e bene la esprimono. Ciò che ci piace, è la freschezza accompagnata da sapidità, ma anche la sensazione avvolgente che accarezza il palato comunicando una sensazione molto piacevole. Per quanto compiuti, sono vino in divenire con un potenziale che potrà bene esprimersi nei prossimi anni.