Valperto Degli Azzoni Avogadro è proprietario con i fratelli Aldobrando e Filippo della società Degli Azzoni Wines cui fanno capo, tra le altre, la giovane azienda spumantistica trentina LeVide nonché l’Azienda marchigiana Conti degli Azzoni.
Abbiamo incontrato Valperto degli Azzoni e Massimo Azzolini, enologo di entrambe le cantine, al ristorante Dvca di Milano in un tasting organizzato dall’agenzia di comunicazione MultiMedia, dove sono state presentate quattro referenze .
Alla presentazione è emerso, oltre ovviamente il valore dei vini, un aspetto rivelatore della linea aziendale non solo di LeVide, ma anche della Conti Degli Azzoni, Azienda che, tra le non molte italiane, redige annualmente un Bilancio di Sostenibilità di cui abbiamo scritto qui.
Dall’incontro è emerso che le linea guida che Valperto Degli Azzoni e Massimo Azzolini hanno adottato nella conduzione delle due aziende si possono sintetizzare in altrettante parole: ricerca e sviluppo. Però prima di entrare nel merito, Massimo Azzolini, in cuor suo “champagnista”, ha spiegato perché Degli Azzoni Wines, progettando di aprire una cantina spumantistica, abbia privilegiato il Tentino. Dire Trentino significa evocare lo chardonnay, ossia l’uva madre delle bollicine che a LeVide assume più sfaccettature grazie alle diverse altimetrie in cui è allevata.
La tenuta permette di produrre un blanc de blancs di alto profilo al contrario di altre zone più fredde come la Champagne dove in alcune realtà, a causa dei climi rigidi, diventa necessario utilizzare il vitigno meunier, uva a bacca rossa, che reggendo meglio il freddo, sorregge gli altri. Inoltre se gli Champagne, soprattutto in passato, erano così taglienti che occorreva svolgere la fermentazione malolattica, in Trentino non è necessaria.
Pertanto, ripete Massimo Azzolini, è stato scelto il Trentino per fondare l’azienda grazie anche al quadro climatico che permette di produrre un vino spumante Metodo Classico unicamente con uve chardonnay. E il Trentino, vale la pena ricordare, è la prima produttrice di chardonnay in tutta Italia e la qualità media dei Trento Doc, in merito ai blanc de blancs, non è seconda in Italia a nessuno.
Venendo alla LeVide, la possibilità di attingere a diverse fasce di altitudine permette di elaborare cuvée interamente di chardonnay capaci di esprimere il territorio e che ben gestite forniscono una buona maturazione e un prodotto complesso. Da questa base nasce la linea Altilia con vigneti posti ad altitudini elevate, sicuramente meno produttivi, ma che permettono di ottenere basi molto interessanti. Per contro considerando anche il cambiamento climatico, è molto facile avere rese abbondanti in pianura o nei fondovall. Però se si sale in collina cresce la qualità e se in certe zone vi possono essere vendemmie con ph e zuccheri alti e acidità basse, potendo contare su vigneti di più elevate altitudini, si equilibrano i valori così da ottenere basi di indubbio interesse con tutte le componenti in perfetto rapporto. Il proposito della Maison è di collocarsi a un livello medio alto, non prendendo in considerazioni le soluzioni commerciali che si accontentano di 18 mesi di presa di spuma, ma partendo almeno da 24 mesi di permanenza sui lieviti.
Ma veniamo alla ricerca. Massimo Azzolini, con modestia sorniona, precisa che porta rispetto per chi , come lo Champagne, ha 300 anni di storia e avendone l’azienda “qualcuno” in meno è attento a pratiche enologiche transalpine come il tiraggio con il tappo di sughero. Strada, questa, che l’azienda ha intrapreso quest’anno, ed è la prima in Trentino.
Nella Champagne si chiama bouchon liège ed è adottato in quanto la micro-ossigenazione del sughero facilita i processi ossido-riduttivi per l’autolisi dei lieviti.
Quest’anno, quindi, la presa di spuma di mille bottiglie LeVide avrà luogo con tappo di sughero graffato perché “pur complicandosi la vita” al fine gustativo un vino dopo anni di permanenza a contatto con il sughero naturale di altissima qualità si arricchisce di note di vaniglia e di nocciola che altre tappature non consentono. Questa scelta è coerente con la politica aziendale tesa alla ricerca e allo sviluppo.
Come spiega Valperto Degli Azzoni, la tappatura con sughero è una scommessa perché essendo la prima volta che viene praticata, se l’esperimento non avrà buon esito si dovrà buttar via lo spumante ottenuto. Ma nonostante il rischio, la ricerca presenta due vantaggi: permette di sperimentare e di bere il frutto della sperimentazione per cui si tocca con mano l’esito della ricerca; inoltre sperimentare apre la mente. E’ una continua evoluzione. Pertanto la sperimentazione del tappo di sughero è una prova per capire che cosa possa dare in più e se occorra lavorare la base in maniera diversa. Sviluppo e ricerca sono necessari per crescere: il primo anno lo spumante così prodotto potrebbe avere qualche criticità, però mentre si prova si impara.
“Nelle Marche” spiega Valperto Degli Azzoni “cominceremo con alcune varietà a fare il lavaggio delle uve, non per essere strani, ma per la voglia di fare ricerca e di provare”. Se alcune tra le più attente e qualificate cantine lo fanno, ci sarà un motivo. “Noi partiamo, ma in punta di piedi perché non avendolo mai fatto non sappiamo quanto le uve devono bagnarsi, quanto ci voglia per asciugarle… è una sperimentazione, ma in questa sperimentazione, oltre a crescere noi, cresce la gente che lavora in azienda”.
La Conti Degli Azzoni quest’anno darà inoltre il via a una produzione di vino naturale, né filtrato né chiarificato, e questa sperimentazione servirà per capirne la validità. Se si vuole muovere una critica a un metodo di vinificazione, spiega Valperto Degli Azzoni, occorre prima conoscerlo ossia sperimentarlo per comprenderne la validità.
Lo step successivo è raccogliere il meglio da tutto ciò che si è provato. Inoltre ciò che si apprende con la sperimentazione su un vino, si può trasferire anche su altri vini. In Italia in genere tutto o è bianco o è nero, non ci sono mai mediazioni: “o sei biodinamico o non lo sei…”. L’idea aziendale è invece quella di prendere il meglio da tutto, anziché schierarsi in base a pregiudizi, ed è l’atteggiamento più proficuo: sperimentare cose nuove, provare, valorizzare le nuove esperienza e ciò vale anche per il tiraggio con il sughero.
Le referenze degustate sono Cime di Altilia But Millesimato 2015, Cime di Altilia Extra Brut Millesimato 20015 Trento Doc, Cime di Altilia Rosé Trento Doc dei quali abbiamo scritto qui in occasione di una degustazione tenutasi nello scorso autunno e una novità, che nel 2020 stava ancora affinando, Maso Alesiera Brut Nature Riserva Millesimato 2015 Trento Doc. Rispetto alle etichette già degustate abbiamo apprezzato una costante evoluzione che giova alla complessità dei vini, senza sottrarre nulla alla freschezza.
Maso Alesiera Brut Nature Riserva Trento Doc
E’ l’esprit dello chardonnay in purezza. E’ vinificato in acciaio sosta in bottiglia sui lieviti per la presa di spuma 36 mesi. Dopo la stappatura è rabboccato con lo stesso vino senza aggiunte di zuccheri e prosegue il proprio affinamento in bottiglia. Nel calice riproduce le caratteristiche più nobili dello chardonnay con profumi floreali di fiori bianchi, sottile nota agrumata, ricordi di crosta di pane e di pasticcera. In bocca pur essendo decisamente secco, l’impatto rivela morbidezza, grande equilibrio tra sapidità e freschezza matura con ricordi di pasta di nocciola e ancora note di pasticceria. E’ verticale, con sorso piacevolmente teso e lungo.
Nelle foto alcuni piatti in abbinamento ai vini.