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Milano è ripartita e con lei uno dei suoi simboli dell’eccellenza italiana nel mondo: il Teatro alla Scala, ieri sera ha debuttato, dopo l’assenza del dicembre 2020, la serata inaugurale, con l’opera verdiana di Macbeth tratta dall’omonima tragedia di Shakespeare.

 

L’opera è ambientata in Scozia ed inizia con l’incontro tra l’uomo e il mondo della magia. Nei boschi scozzesi, nebbiosi e bagnati da un temporale risuona l’eco della profezia di alcune streghe fatta a Macbeth al ritorno dalla battaglia: “All Hail Macbeth that shalt be king hereafter”. Macbeth sarà re e il verdetto esoterico inizia ad avverarsi presto, quando i messaggeri del re Duncano ne annunciano l’elezione a Signore di Cawdor. La moglie, Lady Macbeth travolta da smania di potere convince il marito ad uccidere quella stessa notte il re Duncano ospite nel loro castello, mentre Malcom suo figlio fugge nella vicina Inghilterra; Macbeth è diventato finalmente re.

 

Non gli resta, quindi, che uccidere Banco e suo figlio per sventare l’avverarsi della seconda parte della profezia e così accade, ma il giovane riesce a sottrarsi alla morte. I tormenti psicologici di Macbeth diventano sempre più inquietanti, anche a causa dell’apparizione dello spirito di Banco durante una festa, decide allora di interpellare nuovamente le streghe sul suo futuro. Il responso è fosco: nessun uomo nato da una donna potrà sconfiggerlo e la sua potenza non cesserà finché forze provenienti dalla foresta di Birnam non si scateneranno contro di lui. In un susseguirsi di sensi di colpa e di angosce psicologiche ed emotive Macbeth stermina la famiglia del suo nemico Macduff mentre Malcom, figlio del defunto re Duncano, raduna un esercito che muove dalla foresta di Birnam contro il suo regno. Lady Macbeth in un delirio di follia e sonnambulismo muore confessando le sue atrocità, mentre Macbeth sarà ucciso in battaglia dallo stesso Macduff.

 

Il Macbeth è un incubo, è la discesa all’inferno dell’animo umano, l’ attrazione verso il male assoluto che annebbia la mente in due esseri privi di qualunque forma d’amore e di empatia. E’ la rappresentazione del potere, della sua ascesa e del suo inesorabile declino, la sua forza e le sue ombre. E’ la terza opera di Verdi giovane, unica nel percorso del compositore, ne rappresenta una vetta di qualità, un dramma con caratteristiche uniche come l’importanza del fantastico incarnato dalle streghe e dagli spiriti, tanto cari a Shakespeare, che in un contesto di opera italiana espressa soprattutto nei risvolti storici rappresenta un’eccezione. E’ inoltre un dramma totalmente privo d’amore, che è invece da sempre l’ingrediente cardine delle opere; nel Macbeth non c’è pietà, né compassione. L’opera verdiana permette allo spettatore di scendere negli abissi del male e guardare da vicino le pulsioni peggiori dell’essere umano ed è proprio affrontando il Macbeth che Verdi ritrova se stesso, intraprende cioè un percorso che gli lascerà delle costanti che perdureranno per tutta la sua carriera come il connubio del sublime con la brevità in cui il detto in poche parole è utilizzato per esprimere maggiore forza ( famose erano infatti e richieste di Verdi di “stile conciso e nessuna parola inutile” al librettista Francesco Maria Piave proprio per rendere la potenza del dramma ), o la ricerca di parole dettagliate ed eloquenti per poter definire con maggior concisione l’animo umano. Infine le cosiddette “posizioni drammatiche”, quelle scene forti, capaci di catalizzare l’attenzione e rendere il successo di un’opera che in Macbeth trovano l’apice nella scena finale del sonnambulismo di Lady Macbeth in un delirio notturno di atrocità e folli crudezze.

La regia della Prima scaligera è affidata a Davide Livermore che sceglie di rappresentarla come un incubo contemporaneo per le tematiche riscontrabili anche nella nostra attualità, un racconto della catastrofe della nostra società non attraverso la cronaca ma attraverso un altrove: l’arte. L’opera è contestualizzata all’interno del labirinto delle grandi metropoli, con ampi riferimenti architettonici come l’omaggio all’ architetto milanese Piero Portaluppi, grandi città in cui le prospettive si moltiplicano e riflettono come nel film Inception di Christopher Nolan. La direzione musicale è affidata al Maestro Riccardo Chailly che si è oltremodo concentrato su una ricerca timbrica dai colori cupi e sinistri, soprattutto per il personaggio di Lady Macbeth interpretato dalla celebre soprano Anna Netrebko proprio per rendere le ombre di una psiche drammatica dalla volontà omicida. La versione scelta per l’interpretazione è quella francese del 1865 ma viene recuperata la morte di Macbeth sul finale dalla versione fiorentina del 1847 in omaggio alla voce del baritono Luca Salsi grande fuoriclasse del repertorio verdiano che impersona Macbeth.

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