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El Porteño Gourmet è un ristorante argentino inaugurato nel dicembre del 2019 in pieno centro cittadino, in via Speronari 4.

L’interior design (foto 1 e 2) è firmato da Angus Fiori architects, studio curatore dei progetti del ristorante che andrà a integrarsi con i servizi di ospitalità dei clienti di Speronari Suites.

Quarta insegna milanese di El Porteño, è aperto anche a pranzo e vuole distinguersi per stile e tono dagli altri ristoranti della catena. La proprietaria è Dorrego Company fondata nel 1995, guidata da Fabio Acampora e dai fratelli Sebastian e Alejandro Bernardez. Dorrego è una società che progetta, costruisce e gestisce lounge bar e ristoranti di tendenza.

Da qualche settimana El Porteño Gourmet ha cambiato chef e ora a dirigere la cucina è il talentuoso Matteo Torretta, molto conosciuto dai food lover milanesi. Il suo ingresso apporta e apporterà, come già si sta delineando, interpretazioni creative al menu senza nulla togliere alla cucina argentina, piuttosto promuovendo una sua evoluzione. Con l’ingresso di Torretta sarà ancora più evidente il connubio, il rapporto che lega l’Italia all’Argentina.

Come spiega lo chef, vi è uno stretto legame tra i due paesi, considerando i grandi movimenti migratori che dall’Italia si sono spinti in Argentina, così da costituire un rapporto quasi secolare. Pertanto la cucina di El Porteño Gourmet si fonda sulla parilla argentina, ma sa includere anche piatti ispirati alla cultura italiana come il Mar y pampa, ossia spaghetti serviti con un centrifugato di gambero argentino, paprika e chorizo. Inoltre la carta comprende piatti di pesce.

In passato abbiamo avuto modo di degustare un ceviche realizzato da Matteo Torretta che qui a El Porteño Gourmet lo propone non di pesce, come vorrebbe la tradizione, bensì di carne utilizzando filetto di Fassona tagliato a fettine accompagnate da succo di lime, cipolla rossa marinata, pomodoro, peperoncino jalapeño, coriandolo e cristalli di sale Maldon (foto 3). È una portata perfetta anche nella pausa lavorativa perché nutriente e al tempo stesso leggera, rappresentativa della cucina dello chef che evidenzia sempre note di originalità (per un’interpretazione di ceviche di pesce  cliccare qui).

Giochi di sapori e di temperature, oltre che di consistenze nel Caldo freddo di manzo: osso con midollo tagliato nel senso della lunghezza cotto alla griglia e sormontato da battura di Fassona al tartufo (foto 4). È un piatto decisamente stuzzicante: con la posata si raccolgono insieme la carne, fredda, e il midollo, caldo, che in bocca generano una fusione di sapori con sensazioni morbide e cremose.

Siamo a Milano, e pertanto è di casa il Risotto Gourmet (foto 5), ossia risotto alla zafferano e animella: non solo il risotto “giallo” , ma anche l’animella è ingrediente della cucina milanese, che qui però è cucinata all’argentina, ossia passata con burro e succo di limone; completano la portata crema di prezzemolo e limone.

Una ricetta italiana è il Filetto alla Rossini. Il compositore marchigiano amante della buona tavola che ha lasciato in eredità non solo spartiti musicali, ma anche questo piatto. Matteo Torretta lo interpreta utilizzando manzo argentino: su un letto di spinaci è adagiato un medaglione di filetto con sopra il foie gras fresco (foto 6), guarnito con una lamella di tartufo e condito con jus di carne.

Il Filetto alla Rossini aveva ispirato Gualtiero Marchesi che per realizzarlo alla milanese, sostituì il manzo con il vitello essendo questa la carne per definizione della cucina del capoluogo (sono di vitello la cotoletta, l’ossobuco, il rustin negàa). La versione  di Torreta è invece quella originaria.

Per dessert, gelato su dulce de leche (foto 7).

Sono portate compite, ben caratterizzate, vorremmo dire signature, in cui il fil rouge è lo stile dello chef.  È azzardato, forse, definire alcuni di questi piatti fusion, ma sicuramente l’incontro di ingredienti di differente origine e l’applicazione di diverse tecniche cucinarie, anche dell’alta ristorazione, danno vita a un’indubbia originalità. Sono piatti stimolanti, che invogliano a provarne altri. Da aggiungere che in cantina, ça va sans dire, vi sono referenze argentine.

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