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A una degustazione un partecipante commentò il gusto di un vino definendolo contemporaneo. Ci venne da pensare che sicuramente medievale non fosse.

Riteniamo, cioè, che sia ridondante ricordare il periodo storico in cui si è, nel nostro caso contemporaneo, perché lo sanno tutti, è risaputo.

L’ambiguità di  termini come moderno e contemporaneo sta proprio nel fatto che hanno più significati, in questo caso  uno storico (vedi fig. 1) e uno corrente.

Se sino a ieri dei due aggettivi menzionati nel linguaggio corrente il primo era quello maggiormente diffuso, ora il secondo è in crescita.

Moderno è ancora invalso, ma adesso è meno di tendenza. La Trattoria moderna è diventata dopo il duemila Trattoria contemporanea.

Questo passaggio rivela una certa coscienza “storica” del linguaggio corrente, ossia la percezione che i due aggettivi non siano sinonimi, ma si riferiscano a periodi successivi.

Dopo duecento anni dalla fine della “modernità”, si ha l’intuizione che definire moderno ciò che è attuale è meno calzante di contemporaneo.  Ed è interessante notare come il fiorire dell’aggettivo contemporaneo avvenga quando quest’Età è ormai, più che agli sgoccioli, già finita.

Stiamo viaggiando nell’epoca digitale, concettualmente distante anni luce dall’invenzione del telegrafo e della lampadina, per citare due invenzioni della nostra epoca.

Per questo siamo ormai nel postcontemporaneo, per utilizzare un termine impiegato in ambito artistico e filosofico. Saranno gli storici a dare un nome e una data di nascita a questa nuova epoca che ha già avuto inizio.

Guardando il diagramma anche dal primo impatto visivo risulta evidente come le età siano sempre più brevi (cliccare sull’immagine per ingrandirla). È chiaro come l’Età Antica abbia una durata maggiore della somma di quelle successive. Così se il Medioevo durò circa mille anni, l’Età Moderna “appena” tre secoli, i due secoli di quella Contemporanea bastano e avanzano.

Tornando al vino, riprendendo su una certa terminologia, nel definirne il gusto “attuale”, significa delimitarlo, differenziarlo rispetto al sapore dei vini del passato anche prossimo (per esempio di quelli barricati degli anni novanta) oltre che remoto. Pertanto definendo “attuale” un vino rosso  immediato, improntato sulla bevibilità, non daremmo adito a nessun fraintendimento, in quanto lo collocheremmo in un periodo breve e delimitato.

Per essere provocatori, definendone invece il gusto l “contemporaneo”, alluderemmo al sapore non solo dei vini attuali, ma anche  di quelli degli anni novanta e a ritroso di quelli con cui sicuramente brindarono i congressisti di Vienna agli inizi dell’Ottocento, perché il termine comprende un periodo temporale lungo due secoli.

E poi… ormai è un aggettivo che, usato nel senso corrente, è  obsoleto.

Nel diagramma è riportata la data della Rivoluzione francese come inizio dell’Età Contemporanea, però è anche valida quella del Congresso di Vienna, appunto, svoltosi nel biennio 1814-1815. Ma si tratta di sottigliezze.

Nella foto 2 una battaglia tra  età Moderna ed Età Contemporanea.

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