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Proponiamo un articolo sui vini Planeta in rapporto alla storia recente dell’enologia siciliana che pubblichiamo in due puntate.

Abbiamo incontrato Francesca, Alessio e Santi Planeta (nella foto a sinistra Santi), in rappresentanza dell’azienda Planeta,  in un incontro organizzato dall’agenzia di comunicazione Inedita presso il ristorante Uovodiseppia Milano, per la presentazione di alcuni vini aziendali tra i più rappresentativi descritta nella seconda puntata dell’articolo (cliccare qui).

La storia odierna dell’enologia siciliana

Prima, infatti, per meglio cogliere l’esprit di questi vini, vorremmo raccontare il contesto in cui sono nati. Ciò perché nel corso dell’incontro si è evidenziato come la nascita dell’odierna enologia siciliana di qualità, che ha visto i suoi albori, sia pure in nuce, negli anni ottanta del secolo scorso, si sia sviluppata nei decenni successivi grazie anche all’apporto determinante di un uomo che divenne l’anima dell’azienda Planeta.

E’ una storia che noi riportiamo così come l’hanno narrata Francesca, Alessio e Santi e per farlo dobbiamo compiere un passo a ritroso nel tempo.

La Sicilia è sempre stata tra le maggiori regioni produttrici di vino, ma a eccezione di una piccola percentuale DOC, il resto era vino da tavola di modesta qualità venduto sfuso.

Ma questo quadro si traformetà, prima lentamente, quindi con sempre maggiore vigore.

Tra i produttori siciliani va sicuramente menzionata la famiglia Planeta quantomeno perché da quasi 5 secoli si occupa di agricoltura e viticoltura.

Negli anni sessanta Vito Planeta dismette la propria cantina di vinificazione per fondare e presiederne una sociale, divenuta nel tempo patrimonio collettivo e modello di sviluppo territoriale. E nel 1973 Diego Planeta, suo figlio, diviene presidente di questa cantina, la Settesoli, carica che manterrà per quasi 40 anni. Seguendo le orme paterne, come spiega Francesca Planeta, opera per valorizzare il territorio siciliano. Il percorso che intraprende per la cantina è quello di salvaguardarne il territorio dove tante famiglie, per un totale di circa 9000 abitanti, sono coinvolte nella produzione vitivinicola, ciascuna con il proprio piccolo vigneto.

E Diego Planeta dà inizio a un processo di produzione di qualità che ha, come aspetto fondamentale, l’imbottigliamento, così da dare un nome, un’etichetta, un riconoscimento e maggiore valore al vino qui prodotto.

Nel frattempo dal 1985 al 1992 diventa Presidente dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino, e rivoluziona il settore in quanto sua mission è di fare della Sicilia un luogo enologico al pari di Toscana, Piemonte e altre regioni del mondo.

E per intraprendere tale percorso inizia a mettere a dimora diversi vigneti sperimentali, costruisce cantine di sperimentazione, ma soprattutto si circonda di grandi professionisti come Giacomo Tachis, Attilio Scienza, Gianpaolo Fabbris.

Il  quadro iniziale è ora in piena evoluzione.

Per fornire la giusta visibilità alla sua regione, nei primi degli anni novanta Diego Planeta porta il Padiglione di Sicilia al Vinitaly dove, per renderlo maggiormente attrattivo, organizza al suo interno il ristorante Gattopardo che vede ogni giorno all’opera uno chef diverso. Non sono molte le aziende che all’epoca aderiscono al Padiglione, circa 20, contro le 250 attuali.

Planeta

Per quanto riguarda l’azienda familiare nell’85, Diego pianta i primi 45 ettari di vigneto, con l’idea di produrre un vino con il nome Planeta in etichetta,  attorno al cinquecentesco baglio Ulmo, nel Melfitano, da sempre proprietà della famiglia, dove dà vita anche a microvinificazioni sperimentli. Qui esordiscono vitigni internazionali quali chardonnay, merlot e cabernet sauvignon, e al tempo stesso si valorizzano quelli autoctoni come il grecanico e il nero d’Avola.

A Diego Planeta, scomparso nel 2020, si deve anche la volontà di coinvolgere la famiglia in questo progetto, cosicché vuole che siano Francesca, Alessio e Santi, ossia l’allora ultima generazione, i protagonisti della nuova era del marchio Planeta che nasce nel 1995 con la prima vendemmia. Da lì, come spiega Alessio Planeta, è stata un’evoluzione continua che ha portato, forse i primi in Sicilia, a delocalizzare, ossia alla zona storica aggiungerne altre, per cui Vittoria, Noto, Etna, Capo Milazzo così ad arrivare anni dopo a realizzare un’azienda che ha cinque luoghi di produzione e che non si è fermata a questo.

Infatti se Planeta negli anni novanta ci è concentrata sulla viticoltura, successivamente ha assunto sempre più il profilo di un’azienda polifunzionale, dedicandosi a un’agricoltura più differenziata che comprende, tra gli altri, seminativi, produzione di mandorle, di olio.

Assieme a Tasca nel 2010 ha creato SOStain programma di certificazione dell’agricoltura sostenibile in Sicilia, e nel 2020 è nata la Fondazione SOStain che non si limita a gestire il programma di sostenibilità, ma attua progetti virtuosi, come la creazione di una bottiglia siciliana prodotta con vetro riciclato in Sicilia, modificando completamente l’impronta carbonica di questo comparto produttivo. Va ancora detto che dietro a SOStain non c’è solo una grande certificazione, molto più rigida di altre che, per esempio, non ammette il diserbo, ma da qualche anno è cominciata la certificazione in biologico.

Dal 2022 tutte le produzioni Planeta sono certificate bio. Questa è la risposta aziendale alla sostenibilità e tutte le sue realtà hanno sempre avuto attenzione all’armonia dei luoghi, al benessere delle persone che ci lavorano, al rispetto del paesaggio e delle architetture esistenti, anche nella costruzione di nuove cantine.

Nel prossimo articolo parleremo dei vini degustati e delle rispettive tenute.

Di questo Autore