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Antonella Reggiori, Italy Operations Director di Carlsberg Italia oltre ad averci raccontato la storia del Birrificio Angelo Poretti ne ha illustrato la filosofia. L’azienda attualmente produce birra in lattina, in bottiglia e in fusti, questi ultimi destinati alla somministrazione alla spina. La produzione dei fusti conta tre linee una di infustamento in acciaio e due in PET (plastica riciclabile al 100%).

Dieci anni or sono il birrificio versa in difficoltà così da trovarsi in odore di chiusura. Ma grazie all’arrivo dell’attuale AD Alberto Frausin si verifica un’insperata ripresa. Infatti Frausin individua nell’infustamento PET il futuro del birrificio. Carlsberg Italia, per merito del nuovo AD, scopre cioè che nei laboratori e negli studi degli ingegneri dell’azienda madre a Copenaghen vi sono fusti di PET nati per un progetto che non ha prodotto gli sviluppi auspicati. Chiede allora di poterli sperimentare in Italia, ottiene l’autorizzazione e a da quel momento ha inizio il rinascimento di Carlsberg Italia.

Per capirne il motivo va posto l’accento sulla differenza tra fusti d’acciaio e di PET. I fusti metallici permettono di arrivare al rubinetto di spillatura grazie all’immissione di anidride carbonica che entra nella testata del fusto e spinge la birra così da farla arrivare al rubinetto. Va detto che l’aggiunta di anidride carbonica per i puristi rovina da subito la birra; di fatto dopo una breve permanenza nel fusto la situazione peggiora. Passati cinque giorni, infatti, la birra assume un sentore metallico ed è povera di spuma, perché rimasta troppo a lungo nell’impianto di spillatura, e ciò accade quando non ci sono i consumi adeguati. Non tutti i punti di vendita, però, hanno la capacità di far ruotare i fusti ogni 5 giorni e pertanto il fusto d’acciaio presenta indubbi inconvenienti. Si aggiunga inoltre che l’anidride carbonica addizionata finisce per rendere più pesante la birra in quanto grava sullo stomaco provocando senso di gonfiore.

La nuova tecnologia PET, invece, spiega Antonella Reggiori, parte dal principio del tubetto del dentifricio per cui la pasta è fatta fuoriuscire da una pressione esterna, Il fusto attraverso un compressore d’aria viene schiacciato (foto 1) e per schiacciamento la birra arriva al rubinetto di spillatura, e oltre a riempire il calice fresca e leggera si conserva al meglio non già per 5 giorni, ma per almeno un mese. Ciò permette a moltissimi punti di vendita di poter commercializzare la birra alla spina.

Con i fusti d’acciaio chi vuole vendere qualità, ma non ha i sufficienti consumi, deve ricorrere alla birra in bottiglia. Con il PET il panorama si amplia notevolmente. Il venditore cioè può gestire più varietà di birra e diventare per il cliente un riferimento qualificato. Ma non è tutto.

(continua)

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