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William Shakespeare, nell’Amleto fa dire a Ofelia, rivolta al fratello “There’s rosemary, that’s for remembrance”, ossia propone il rosmarino perché rafforza la memoria.

Ma questa è una sola delle doti di questa pianta. Dal punto di vista gastronomico, ed è ciò che qui ci interessa, il suo passaggio in cucina non passa inosservato. Ha una potente carica aromatica e se vogliamo aromatizzare un olio ce ne rendiamo subito conto. Mettendo un rametto di rosmarino in una bottiglia di vino bianco si ottiene una bevanda stimolante che può ricordare vagamente la Retsina greca. In cucina, proprio per l’intensità aromatica, non va utilizzato con tutti i cibi .

E’ l’erba giusta per marinare la carne di manzo prima di cuocerla alla griglia, ma va bene anche con quelle ovine che sono molto intense. Rispetto ai pesci si abbina sicuramente all’anguilla comunque si cucini ed è adatto a profumare i carpioni in genere.

Però, visto che non ha la delicatezza del prezzemolo, andrebbe evitato con i piatti delicati. Una sogliola al burro potrà essere aromatizzata dalla salvia, ma non dal rosmarino che ne coprirebbe il sapore gentile. Ma ciò vale anche per le carni bianche, Il petto di pollo al rosmarino saprebbe soprattutto di rosmarino. Ma anche una saporita braciola di maiale, così come un nodino di vitello, armonizza sicuramente meglio con una foglia di salvia, mentre il filetto di maiale, che è una carne rossa, si lascia accompagnare dal rosmarino. Per contro con i ceci, unito in un soffritto di olio e aglio, si sposa a meraviglia,

Un’avvertenza: se destiniamo il rosmarino a una lunga cottura leghiamolo con un filo di cotone per evitare che disperda i sui aghi nella preparazione, perché questi sono alquanto spiacevoli se capitano in bocca. Non che mangiare il rosmarino faccia male, ma non è gradevole se masticato, sia per la consistenza coriacea, sia per il sapore quasi amaro che non è piacevole come quello del basilico. Né tritato risolve il problema perché pur sempre disturba la masticazione e deforma il gusto della preparazione che dovrebbe valorizzare.

Se proprio vogliamo unirlo a un ripieno o a un involtino, per “depotenziarne” le criticità tagliamo, che non vuol dire tritiamo, le foglie con un coltello come in una sorta di brunoise, per cui a pezzetti piccolissimi, della stessa lunghezza dello spessore della foglia, piuttosto meno che più. Solo allora il sapore si distribuirà omogeneamente e masticandolo la consistenza sarà impercettibile. In questo modo potremo cospargerlo sulla tagliata di manzo o sugli scottadito, ma anche sulle patate al forno o fritte.

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