Abbiamo incontrato, su piattaforma zoom, Umberto Cosmo, patron con i fratelli Luigi e Domenico, della Maison spumantistica Bellenda. E’ stata l’occasione per approfondire la conoscenza territoriale del Prosecco e di degustare due etichette significative, ossia Sei Uno e SC 1931, entrambi Prosecco Superiore Metodo Classico (foto 1).
Bellenda e il territorio
Bellenda nasce nel 1986 a Conegliano Valdobbiadene, nel triangolo del Prosecco storico, la zona vitivinicola che si fregia della Docg. I fratelli Cosmo, sin dalla nascita dell’Azienda, hanno sempre cercato di capire quali siano le opportunità che questo territorio possa dare. Ciò significa che oltre all’abituale routine che richiede la gestione di una cantina, si sono adoperati, insieme con altri tra i più attenti produttori, a fornire un’immagine diversa di questa zona vinicola, rispetto a quella che generalmente veniva percepita.
“Qualcuno mi disse” spiega Umberto Cosmo “che il nostro territorio sa fare, ma non sa far sapere”. Ma grazie all’intraprendenza delle aziende maggiormente performanti, il territorio negli ultimi vent’anni ha assunto sempre più importanza. Ovviamente non va sottovalutata la presenza del Prosecco Doc, quello di pianura, che ha permesso anche alla Docg di ottenere maggiore visibilità in mercati che forse, senza questa spinta, non avrebbe potuto raggiungere.
La Docg, sia chiaro, non è una piccola denominazione, è una delle più grandi con 90 milioni di bottiglie sul mercato ogni anno. Nonostante ciò il Prosecco Doc si è rivelato un veicolo utile per la promozione in quanto ha più forza per aprire i mercati. Sono poi i consumatori a scegliere quale tipo di Prosecco, tra Doc e Docg, scegliere.
La zona del Prosecco è diventata famosa perché i produttori hanno lavorato bene, e continuano a farlo. In merito a chi sostiene che la fortuna di questo vino sia legata al prezzo competitivo, Umberto Cosmo risponde che esistono molti altri spumanti nazionali e internazionali a costo inferiore. Pertanto se fosse il prezzo basso a rendere famoso un prodotto constateremmo la fortuna di qualche altro vino, che però non c’è. Il Prosecco, precisa Umberto Cosmo, è semmai un lusso accessibile e ribadisce che un territorio diventa famoso quando lavora in modo appropriato. Va ancora detto che il comparto vinicolo italiano ha registrato un forte cambiamento a partire dalla metà degli anni 80 quando cioè si è verificato un movimento di rinascita. Alcuni suppongono che sia stata una reazione allo scandalo del metanolo, ma Umberto Cosmo ritiene invece che sia dovuto a una serie di coincidenze virtuose a partire dall’attenzione della stampa verso il rinnovarsi della cucina che ha convolto il settore enologico, senza sottovalutare una maggiore attenzione da parte delle nuove generazioni di produttori che erano preparate, spesso con maggiori conoscenze dei prodotti non solo locali.
Quindi una serie di fattori ha contribuito a far crescere il profilo qualitativo del vino italiano a partire dagli anni 80 con tuti gli errori di gioventù in cui si è incorsi come: i vini che sapevano di legno, l’impiego massiccio dei vitigni internazionali, i vini novelli prodotti con molta disinvoltura; del resto in Italia quando qualcosa va di moda si mettono tutti a produrlo.
Bellenda in quel periodo vinificava anche vini fermi, bianchi e rossi, in qualche modo sperimentali, ma da metà degli anni 90, la produzione ha ripreso ad essere unicamente spumantistica. Del resto l’azienda a due anni dalla fondazione produceva già spumanti Metodo Classico: un bianco da uve chardonnay, pinot nero e meunier, e un rosé, ed è da queste produzioni che è nata l’ identità. aziendale.
La nascita dell’identità territoriale
L’identità territoriale nasce invece quando la Carpené Malvolti nel 1926 riporta per la prima volta in etichetta la denominazione Prosecco e da lì si è partiti. I produttori dell’epoca avevano capito che utilizzare la denominazione Champagne di Conegliano come riportavano le precedenti bottiglie, non era il modo ideale per porsi sul mercato. Ciò perché la capacità di dare valore al territorio nasce quando si cancellano riferimenti di altre zone più famose. Alle prime cantine va il merito di aver capito che il territorio ha delle peculiarità da valorizzare e che hanno saputo farlo. Successivamente molti, la maggior parte dei produttori, in particolare quelli che “lavorano bene”, hanno messo del loro per portare questo territorio ad avere un’identità. Il Prosecco cioè non è nato per imitazione di altri, ma seguendo la propria strada.
Prosecco Metodo Classico
L’idea di produrre un Prosecco Metodo Classico nasce un po’ per caso, ma anche dalla convinzione che i primi Prosecco fossero verosimilmente rifermentati in bottiglia considerato che le autoclavi le portò Carpené Malvolti attorno agli anni trenta del secolo scorso. Anche il metodo ancestrale, detto “con il fondo” ossia la rifermentazione in bottiglia per cui con la presenza dii sedimenti, è arrivato in zona negli anni sessanta e conseguentemente non si può considerare il prototipo di tutti i Prosecco.
Ma come è nata l’idea? Umberto Cosmo aveva preso in considerazione di produrre un Prosecco con il fondo, per cui torbido, ma il mercato, come quello americano, avrebbe potuto considerarlo difettoso. Il passo logico successivo fu quello di produrre sì un Prosecco con il fondo, per poi sboccarlo, in altre parole un Metodo Classico. E fu così che Bellenda intraprese questo percorso, il primo anno un po’ in sordina, senza pubblicizzarlo troppo, siamo circa a metà del primo decennio del 2000. Grazie agli ottimi risultati l’esempio è stato seguito da altri. Il vitigno glera, spiega Umberto Cosmo, è in grado di esprimersi in modi diversi così da rivelarsi uva che si presta perfettamente sia al Metodo Charmat sia al Metodo Classico. Bellenda produce 2 Metodo Charmat, 3 Metodo Classico e 3 vini ancestrali. Sono stati effettuati vari esperimenti con il Metodo Classico con rifermentazioni anche brevi, per esempio di 3 mesi, ma anche per difficoltà legislative la cantina ha scelto fermentazioni più lunghe.
Sei Uno Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Doc Grive di Carpesica Extra Brut 2018 (foto 2)
E’ vinificato interamente in acciaio con 10-14 mesi di permanenza sui lieviti per la presa di spuma. Si avvicina a un modello di Charmat da un punto di vista d’identità però con delle espressioni necessariamente diverse.
Umberto Cosmo in merito spiega come Sei Uno abbia alcune espressioni che vengono nascoste in uno Charmat. O meglio, l’autoclave sa valorizzare alcuni aspetti della glera, ossia quel lato di molecole aromatiche che poi si evolvono in profumi che ricordano la mela, la pera, nelle annate eccellenti, però questo modello di aromi, di fatto nasconde il côté di aromi floreali di fiori bianchi, come l’acacia, il glicine e altre espressioni che ricordano il profumo dell’uva da cui viene questo prodotto: un grappolo profuma di fiori bianchi. Ed è, questa, una spiegazione che ci permette di capire al meglio Sei Uno.
Nelle ultime versioni i vini base sono prodotti con livelli di solforosa molto bassi in quanto lo zolfo è una delle molecole che dà origine a composti che comunicano odori sgradevoli. Per cui meno solforosa si aggiunge all’inizio e meno possibilità si hanno di avere cattivi odori, incongrui alla fine della seconda fermentazione e ciò spiega la pulizia di questo vino al naso come in bocca, senza sbavature o note spurie.
Bottiglie prodotte: 15 mila
S.C. 1931 Metodo Classico Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Pas Dosé 2017 (foto 3)
Nei primi anni di produzione il vino era lasciato sui lieviti per la presa di spuma 12-15 mesi. Successivamente, essendo un pas dosé, si è arrivati a 24 mesi, per acquisire una certa ricchezza di mannoproteine che conferiscono al vino rotondità e volume. Pertanto il prolungamento del periodo di presa di spuma ha permesso di ottenere un prodotto più completo rispetto alle prime versioni. Inoltre parte del vino è affinato in legno di acacia, preferito al rovere in quanto quest’ultimo è un po’ “ingombrante”, ossia comunica note che non sono quelle volute.
S.C. 1931, spiega Umberto Cosmo, con gli anni comincia a mostrare deviazioni aromatiche e ciò gli ha permesso di capire che la glera è un vitigno semi aromatico. Ma c’è di più, e riteniamo questo aspetto più che interessante, ovvero che degustando sboccature vecchie si percepisce la presenza di alcune note di idrocarburo che sono caratteristiche di alcuni Riesling rifermentati in bottiglia , dove sono più evidenti. Pertanto, sia pur in misura minore rispetto ad altri vitigni, spiega Umberto Cosmo, la glera ha un’evoluzione verso questo modello di profumi.
Bottiglie prodotte: 5.000
Conclusioni
Non abbiamo voluto fornire schede organolettiche, come generalmente proponiamo, in quanto riteniamo che queste etichette vadano raccontate così come Umberto Cosmo ha saputo narrarcele e, a prescindere dai profumi di mela e di glicine, dalla verticalità e dalla sapidità, l’essenza di questi vini è tutta in queste note.