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A fondo pagina aggiornamento luglio 2019

In genere quando parliamo di un ristorante iniziamo dai piatti. Nel caso di Sine preferiamo partire dal cuoco, ossia Roberto Di Pinto. Ciò perché Di Pinto ha vissuto esperienze secondo noi molto formative che ampliano notevolmente gli orizzonti gastronomici. E’ nato a Napoli e lo precisiamo non per una curiosità anagrafica, ma perché è qui che comincia il suo percorso professionale. E’ passato da Nobu, considerato un maestro della cucina giapponese, e da Yannick Alleno, uno dei cuochi più rappresentativi di Francia, tre stelle Michelin. Ha inoltre praticato le cucine di Vittorio Beltramelli a Parigi, allievo di Gualtiero Marchesi e di Ferran Adrià, e non è tutto, ma a noi basta.

Giappone, Francia sono due capisaldi della cucina mondiale, Marchesi e Adrià, due innovatori epocali. Per cui Di Pinto con questo patrimonio culturale, dopo la recentissima esperienza da Bulgari, qualche mese fa apre Sine che non vuole essere un altro ristorante gourmet, bensì gastrocratico, capace di rivolgersi ai giovani dedicando agli U25 un tavolo il martedì con menu a 35 euro e mettendo in carta un business lunch con piatti dettati dal mercato. E c’è pure un tavolo in cucina, per chi volesse vivere un’esperienza totalizzante lasciando carta bianca allo chef. Il locale è ampio, cucina a vista (nella foto 2 uno scorcio), arredo essenziale, pulito.

Veniamo alle portate.

I carciofi alla giudia, piatto poco frequente a Milano, qui è preparato con stracciatella, gamberi e mela verde (foto 3): le sfumature amarognole del carciofo sono compensate dalla dolcezza della stracciatella e dei gamberi.

Mescafrancesca, patate e astice (foto 4) è il piatto da non perdere, nasce povero e si nobilita nella cucina di Sine. La mnesca o mesca francesca è un piatto povero della tradizione partenopea. Gli avanzi dei vari tipi di pasta che rimanevano nella madia erano tradizionalmente cotti insieme in una minestra preparata con svariati ingredienti, in genere ortaggi compresi i legumi. La Mescafrancesca di Di Pinto si arricchisce dell’astice, della maionese di crostacei (ottenuta dalle teste dei crostacei trattate a temperature negative, passate al pacojet e montate con olio extravergine d’oliva) e delle foglie di basilico thai. Non è solo l’astice a fare la differenza, ma anche gli altri ingredienti: la ricca polpa del crostaceo bene si lascia accompagnare dalla neutralità della pasta, e compendiare dalla trama dei sapori. Ciò che ci è piaciuto di questa portata è la sensazione di morbidezza che comunica; è un piatto rassicurante e la mescolanza di vari formati di pasta, e pertanto di tante diverse consistenze, alimenta le sfumature gustative.

In merito alle consistenze, un piatto di grande soddisfazione masticatoria è il diaframma, cipolla caramellata, ravioli di guanciale e wasabi partenopeo (foto 5). La carne ha la centralità del piatto, ma gli altri elementi non vogliono cederle il ruolo di unica protagonista perché non si sentono per nulla comparse. Il raviolo ha la piccantezza del friarello, la cima di rapa campana, quando comincia a ingiallire e assume  sapore penetrante, quasi pungente che ricorda vagamente il rafano ed è il wasabi napoletano. Preparazione con cui trastullarsi in un intessersi di diversi sapori, succulenta e sapida.

Notiamo come la cucina di Di Pinto sappia nobilitare la povertà di un piatto non solo unendo un ingrediente pregiato, ma anche utilizzando un procedimento, una tecnica culinaria capace di cambiarne la percezione. Prendiamo lo sgombro, pesce che ormai si trova raramente al mercato come tanti altri pesci azzurri. E’ un pesce povero e trovarlo elencato nella carta di un ristorante gastrocratico… il pesce sfilettato è marinato a secco come vuole la tradizione giapponese, tra alga kombu, sale e zucchero con l’aggiunta di un trito di erbe aromatiche mediterranee. Lo sgombro è poi impiattato su una crema di pane, completato con alghe wakame, gaspacho alla pizzaiola ed estratto di mozzarella (foto 1).

Non occorre aggiungere commenti o analizzare orgalonetticamente  il piatto come facevano i sommelier con i vini negli anni ottanta. E’ una portata nippomediterranea ben calibrata, fortemente personalizzata dalla mano dello chef e dello chef lascia trasparire il sapere; è la semplicità a dettare il ritmo e ogni preparazione che qui si mescola è frutto di un’elaborazione netta, pulita, senza ridondanze o divagazioni. Va ancora detto che la cantina (foto 6) custodisce etichette di pregio nazionali ed estere.

In conclusione la cucina di Sine, per riprendere in parte quanto già detto, è pulita, senza ridondanze, cosmopolita, sintesi di significative culture culinarie.

Aggiornamento luglio 2019
Sine è un ristorante dinamico. Oltre al costante lavoro di ricerca in cucina, sta lavorando sulla carta dei vini e più in generale degli alcolici. Nasce così una nuova proposta  Sine che riguarderà la cena del lunedì. Infatti ogni mese protagonista della prima serata della settimana sarà un cantina vinicola in rappresentanza di una regione. Il percorso degustativo enologico verrà abbinato ai piatti elaborati appositamente dallo chef Roberto Di Pinto.
Si comincerà stasera primo luglio con una cena dedicata alla Sicilia che sarà replicata i prossimi lunedì, ossia 8-15-22-29 luglio.

Il menu
Pane di tumminia e olio di tonda iblea
Carpaccio di tonno, gelato al cappero e dressing agli agrumi
Risotto alla norma
Tagliolini al nero e ricci di mare
Filetto di spada, zucchine in fiore
Dolcezze siciliane

con i vini della cantina siciliana Tasca d’Almerita (foto 7).

In pieno stile gastrocratico il menu, accompagnato da 4 calici da degustazione, è proposto a un prezzo di 65 euro.

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