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Stefano Masanti, oltre ad aver creato Ma! Officina Gastronomica, di cui abbiamo scritto qui, dove produce pregiati salumi , tra cui una bresaola come poche, è chef del Ristorante Il Cantinone di Madesimo, una stella Michelin aperto solo alcuni mesi all’anno, dove si può scegliere tra due menu rispettivamente di 5 e 7 portate e non singoli piatti.
Al Ristorante Il Cantinone abbiamo sperimentato una cucina che non è facilmente definibile. Si intuisce un grande lavoro teso alla valorizzazione dei prodotti locali, non solo le carni, ma anche i piccoli frutti, i fiori, le erbe aromatiche, colti e non acquistati. Ma non è solo una cucina del territorio in quanto non disdegna prodotti del mare come nel caso della capesanta (foto 2 ) affettata a carpaccio servita con mirtilli di Madesimo e fiori d’alpeggio, come dire il mare che incontra la montagna. La dolcezza della capesanta si intesse con quella dei mirtilli, vivacizzata dalla loro stessa nota agra.

Ma quando diciamo capacità di valorizzare i prodotti intendiamo dire che una portata che si chiama semplicemente “carote” (foto 3) si rivela un piatto ineccepibile e per nulla banale: le carote di diverse varietà, grazie al taglio, alle cotture meritano di essere le uniche protagoniste. Ciò vale anche per il sedano rapa in tre consistenze e tartufo nero valtellinese.

L’ uovo di quaglia, crema di castagne di Samòlaco, caramello di aceto di vino Sforzato, spuma di casera (foto 4), ci spaventa un po’ per il numero degli ingredienti, ma a torto. Si tratta di una fusione equilibrata  in un piatto caldo, morbido, avvolgente, dove i toni “dolci” sono suadenti, sfumati, rassicuranti.

Marcel Proust scriveva talvolta periodi lunghissimi, ma al tempo stesso di facile lettura; per spiegare questo stile lo scrittore Alessandro Baricco ha preso spunto dai pistoleri del mitico far west, ossia dalla loro abilità a ruotare la rivoltella attorno all’indice per dimostrare la propria bravura che presuppone la capacità di usare, se necessario, al meglio quell’arma. Così Proust con i suoi lunghissimi periodi, dimostra la sua padronanza della sintassi, ci gioca con dimostrazioni di bravura. Questo per dire che quando arriva al tavolo la millefoglie di patate con rognoni di coniglio e senape (foto 5) quello che percepiamo con gli occhi è un parallelepipedo formato da un unico pezzo di patata. Invece è formato da infinite lamelle, veli sovrapposti così che quel minuscolo “monolito” di patata ha la leggerezza propria delle millefoglie, ma senza averne la parvenza. Un gioco di abilità, una rivoltella fatta ruotare attorno all’indice, un periodo formato da molte proposizioni… Ossia la patata, ingrediente quasi ancillare, che fa da supporto ai rognoni, particolare di un quadro più complesso, sia qui valorizzata così da conquistare spazi e attenzione.

Non è tanto scontata neppure la coda di manzo valtellinese alla royale (foto 6), francesismo complesso: la coda, spolpata e ricomposta non è solo tenera, cedevole, ma fondente insaporita da un jus eseguito magistralmente.

Lo chef, non pago, ha preparato quindi un carpaccio di luccio di Gera Lario, con caciucco di lago e uova di trota (video 7): è un piatto nella propria semplicità, complesso. Noi apprezziamo le zuppe di pesce d’acqua dolce, ma mai c’è capitato di vederla abbinata a un carpaccio: la scorrevole morbidezza del caciucco, la tenera consistenza del luccio, la garbata croccantezza delle uova.. un susseguirsi di sensazioni… e in questo succedersi di portate appare sempre più chiaro perché lo chef proponga solo menu e non singoli piatti, ossia percorsi per comunicare in modo esauriente facce della propri cucina.

Salmerino di montagna e cavolfiore (foto 8), pesce nobile e verdura difficile da interpretare perché può essere dolce o greve. La dolcezza del cavolfiore accompagna il pesce cotto in modo da intensificarne il sapore, e ancora alla cremosità, questa volta del cavolfiore, sono abbinate uova di pesce, di salmerino.

E arriva il momento del risotto alla zucca del nostro orto e tartufo nero valtellinese (foto 9) un altro abbinamento che si vorrebbe ripetere e ripetere: mantecatura come ci si aspetta nelle occasioni migliori.

Lombo di cervo del sindaco di Madesimo, crema di nespole chiavennasche fermentate, millefoglie di verza (foto 10) una forte espressione di prodotti del territorio.

Piacevole “riposa gusto” lo sciroppo di sambuco madesimino, fiori conservati di acacia e tarassaco, gemme di abete (foto 11), è servito prima di dare inizio ai piatti dolci:

mirtilli rossi degli Andossi, gelato al latte di capra di Villa Chiavenna, crumble di polenta e spuma calda di cioccolato alle mandorle (foto 12);

piccola pasticceria;

colomba pasquale di Stefano Ciabarri e Emanuele Spreafico.

Piatti studiati, ma non cervellotici, escono con naturalezza, non occorre decifrarli; lo chef ottiene dagli ingredienti che utilizza esattamente ciò che vuole. E non è da tutti. I cuochi.

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