A Peschera Borromeo, comune dell’interland milanese, poco lontano dall’Idroscalo, in una villetta fuori dal centro abitato si trova Asina Luna, traduzione di aina luna, da una canzone di Fabrizio De Andrè, e la scelta del nome ci piace.
Il ristorante, gestito da una giovane, nonché competente coppia, ossia Tiziana Dinoia e Riccardo Succi è specializzato in carni alla brace, ma la proposta culinaria è più ampia in quanto la cucina propone una più ampia scelta di piatti anche di pesce.
Le carni, sostanzialmente filetti e lombate posteriori comprensive di filetto e di controfiletto, sono esposte in una vetrinetta: abbiamo contato undici tagli (foto 2). Più in là un barbecue tradizionale che presto, spiega Riccardo Succi, verrà sostituito da un nuovo modello. Soffermandoci sui tagli di carne, ciò che più ci colpisce non è tanto l’ampio assortimento, ma le caratteristiche di alcuni di questi.
Per esempio una lombata di colore più scuro, che potrebbe sembrare poco allettante non avendo il colore e la polposità di altri, è invece, una prelibata rarità. Si tratta di un Dry Aged, di razza Prussiana Gogiorni (nella foto 3 terzo taglio da sinistra), sottoposta a parziale disidratazione, tecnica di conservazione della carne rinverdita dal passato, attuata oggi utilizzando le più aggiornate tecnologie. Ciò comporta che la carne concentri i propri sapori e pertanto chi ama i gusti intensi non abbia dubbi su quale ordinare.
Un’altra carne che non passa inosservata è di razza austriaca, e viene stagionata per 80 giorni in grasso di vitello (foto 4), così da ottenere una consistenza molto diversa, se non opposta, a quella della a quella Dry Aged, in quanto la carne pur affinando a lungo, grazie al grasso mantiene la totale succulenza.
La nostra attenzione è catturata da un terzo taglio, sempre lombata, ma di Vacca Vecchia (foto 5), ossia di bovini vissuti a uno stato semi rado, macellati a fine vita. Abituati a manzi poco più che vitelloni, l’idea di una carne bovina di bestia anziana ci incuriosisce, perché siamo disposti ad affrontate una bistecca di carne magari più tenace di altre, ma ripagati dal sapore, riteniamo intenso.
Non vogliamo ora elencare tutti gli altri tagli in carta, però merita un cenno la Wagyu che qui non manca, ossia Miyabi di Kyoto (nella foto 6 il primo a sinistra), massimo grado di marezzatura A5 considerata la carne giapponese dell’anno. I capi sono allevati in un habitat antistress, in pascoli silenziosi lontani da qualsiasi forma di inquinamento e dormono in “lettiere” di trucioli di cipresso e cedro rinnovate quasi quotidianamente; inoltre e si abbeverano a fonti d’acqua ricca di minerali.
Ma spositiamoci in una delle due sale, resa accogliente dal legno degli arredi, dalle luci pacate che rendono ospitale l’ambiente. In sala Tiziana Dinoia accoglie i clienti con professionalità e cortesia. Al tavolo, mentre le carni cuociono, abbiano modo di assaporare un prosciutto crudo iberico de Bellota, ossia nutrito con le ghiande, di 36 mesi di stagionatura, Pata Negra Blanquez (foto 7), tagliato al coltello; un ottimo inizio: grande e avvolgente sapidità accompagnata dalla dolcezza delle parti grasse.
Non da meno il petto d’anatra affumicato adagiato su un letto d’insalata d’arancia e finocchi cui si unisce il soncino (foto 8) che ne vivacizza il sapore.
Il primo assaggio di carne fresca lo proviamo con la tartare di filetto di scottona servito con sedano, raspadura, noci e granella d’uovo (foto 9)… condita comme il faut (incredibile come sia difficile trovare una buona tartare) con una carne che, per usare un termine comune, si scioglie un bocca.
Sorprendente il rotolo di pane chapati con ripieno di Wagyu Miyabi e formaggio Comtè su crema leggera di curry (foto 10). Ciò che sorprende in questo piatto da consigliare ai più ghiotti è la riconoscibilità della carne giapponese in quanto non si presenta compatta, come quelle di ogni altro paese, ma più “diluita” per effetto del grasso che sciogliendosi la fa percepire fondente. Piatto armonico, che ci ha convinto nonostante la nostra reticenza ad abbinare carni e formaggi.
Poi è arrivato il momento di provare le carni cotte alla brace: due fiorentine una l’austriaca frollata nel grasso e l’altra la Vacca Vecchia (nella foto 11 a sinistra l’austaliana a destra la Vacca Vecchia), un confronto molto promettente. La prima è senza esitazione succulenta, morbida, ma senza rinunciare alla sapidità. E’ tenera, ma non cedevole, il tessuto della carne è fitto, senza mai indurirsi: si passa dal filetto al controfiletto senza incontrare grandi differenze di sapore e di consistenza. L’altra fiorentina è sicuramente più tenace, ma non “dura” come pensavamo potesse essere, semmai più soda, anzi, piacevolmente soda, e molto sapida. Qui la differenza tra filetto e controfiletto è più evidente in quanto la consistenza del filetto si rivela sensibilmente più tenera di quella del controfiletto, mentre il sapore del controfiletto è più marcato ed emerge con maggiore decisione il gusto umami.
Ad accompagnare le carni, e resettare il palato tra un taglio e l’altro, un gradevolissimo mix di verdure in vasocottura (foto 12). Che dire. Un’esperienza che consigliamo.
Per quanto la carne sia protagonista, come anticipato, non manca un nutrito filone dedicato al pesce con piatti quali polpo croccante, gamberi in tempura.
Inoltre segnaliamo una ben organizzata carta dei vini con ricarichi segnatamente bassi.