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L’Azienda Fattoria Le Pupille è nata fine anni sessanta; poco lontana da Scansano era all’epoca una fattoria con ulivi, coltivazioni varie e con una vigna di 2 ettari. Il nuovo proprietario cominciò a produrre vino dal piccolo vigneto. Amico dell’enologo Giacomo Tachis, ebbe la possibilità di sperimentare con lui diversi stili di vinificazione. Nel 1978, quando venne istituita la nuova DOC Morellino di Scansano, il vino aveva le carte in regola per farne parte e così ne assunse la denominazione l’anno stesso. Precedentemente i vini prodotti alla Fattoria non erano commercializzati, ma con la nascita della doc cominciò la vendita soprattutto, e non solo, in Italia, ma anche negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei.

L’Azienda acquisì maggiore dinamismo a partire dal 1985, anno in cui la giovane Elisabetta Geppetti, figlia del fondatore, ne assunse il comando. All’epoca il vigneto contava poco meno di dieci ettari e produceva tre vini, ossia Morellino, Morellino Riserva e un bianco. La nuova proprietaria , intuito il potenziale vitivinicolo della Maremma, cominciò a trasformare l’azienda facendone una realtà vitivinicola al passo con i tempi. La trasformazione avvenne anche attraverso un’incessante lavoro svolto da Elisabetta Geppetti per promuovere il Morellino al punto da assumere nel 91 la presidenza del Consorzio e anche oggi per molti giornalisti è l regina del Morellino. L’ Azienda conta 85 ettari di vigna che producono nove diverse etichette per un totale di circa 500 mila bottiglie. Da circa vent’anni l’Azienda si è spostata dalle Pupille nell’attuale sede vicino a Grosseto. Le vigne storiche sono rimaste e ora le viti allignano soprattutto nei territori di Magliano in Toscana e di Scansano oltre che in 15 ettari posti intorno alla cantina.

A parlarcene è Clara Gentili, figlia di Elisabetta Geppetti, operativa in azienda da nove anni. Per l’occasione ha presentato due vini quantomeno insoliti, in un incontro sulla piattaforma Zoom organizzata dall’agenzia Thurner PR di Firenze. I vini proposto sono RosaMati e Poggio Argentato (foto 1) entrambi annata 2019

I vini degustati

RosaMati (foto 2) è prodotto da 10 anni ed è un rosato insolito per la Maremma, ma anche per la Toscana, considerato che nasce da uve syrah in purezza, vitigno in Azienda coltivato da diversi anni utilizzato per la produzione di un vino rosso, e che ultimamente sta assumendo sempre maggiore importanza. Le uve vengono raccolte a metà – fine agosto, e sono messe in cella frigorifera a 4 °C per 12-15 ore quindi, previo passaggio al selettore ottico, sono trasferite in pressa. La pressatura sofficissima ha una durata di tre ore giusto il tempo perché il mosto assuma una coloritura rosa chiaro, per poi passare in vasche d’acciaio. Quando parte la fermentazione il cinque per cento della massa viene messa in tonneau usati. In merito al selettore ottico, Clara Gentili spiega che se per certi vini non può sostituire la selezione manuale, di fatto permette, quando utilizzato, di velocizzare il processo selettivo, soprattutto se i volumi da vinificare sono importanti. RosaMati svolge la malolattica e affina sino ad aprile, mese in cui viene imbottigliato. Il colore è molto attuale, ossia rosa chiaro, così da ricordare lo stile provenzale. Nelle prime produzioni, racconta Clara Gentili, aveva colore più intenso e la ricerca per ottenere l’attuale sfumatura delicata ha richiesto tempo. Ma schiarire il colore non ha comportato alleggerire, appiattire le caratteristiche gustative del vino, anzi.

Note degustative
E infatti il corredo aromatico è molto ricco, con sentori fruttati, cui si aggiungono ricordi di erbe aromatiche, una distinta nota di elicriso e una vaga nuance speziata di pepe. In bocca rivela la propria struttura e nonostante abbia svolto la fermentazione malolattica, ha una spiccata quanto piacevole freschezza; acidità e sapidità sono la caratteristica gustativa di questo vino che conduce a un finale lungo. E’ un vino indubbiamente di beva immediata ma senza rinunciare alla complessità. Considerato il potenziale di invecchiamento che rileviamo nell’attuale annata in commercio , ossia la 2019, abbiamo chiesto se non fossero disponibili i millesimi immediatamente precedenti. Clara Gentili ci ha confermato che le annate 2018 e 2017 godono di piena forma, ma ci ha ricordato che il mercato vuole rosati giovanissimi, che già aspetta con impazienza la data di immissione al consumo che è in aprile e che anticiperebbero volentieri. Forse varrebbe la pena organizzare con i committenti una verticale delle ultime tre annate per cogliere pienamente le capacità evolutive di questo vino.

Abbinamenti
Clara Gentili lo abbinerebbe a spaghetti alle vongole, pesce al forno e come aperitivo anche nell’accezione più ampia di apericena, anche con cibi leggermente speziati, salumi formaggi.

Poggio Argentato (foto 3)

A sua volta, ben si distingue, in quanto a uve, dalla produzione regionale e non solo. Nasce infatti da un blend composto da sauvignon per il 60 per cento, petit manseng, 30 per cento, e traminer e semillon che rappresentano il restante 10 per cento. E’ un vino molto caratterizzato. Le uve, eccezion fatta per il petit manseng, sono state messe a dimora agli inizi degli anni 90 per produrre SolAlto, vendemmia tardiva che la Maison produce solo negli anni in cui è presente la botrytis. Successivamente le uve sono state colte a maturazione e ne è nato un vino interessante e da lì ha preso il via il progetto che ha portato a Poggio Argentato. Nel tempo l’uvaggio è cambiato in modo sensibile, ma da alcuni anni il blend è stabile. La raccolta delle uve avviene in epoche diverse perché sauvignon, traminer e semillon hanno circa lo stesso tempo di maturazione e sono vendemmiate a fine agosto, mentre il petit manseng è raccolto a metà settembre. Come per RosaMati, le uve sono poste in celle frigorifere per 12-15 ore, seguono il passaggio al selettore ottico, la pressatura soffice con permanenza in pressa per 3 ore, poi in vasca: sauvignon da solo; traminer e semillon insieme e petit manseng in tonneau, per poi affinare, unicamente il petit manseng, in tonneau nuovi. Pertanto le uve sono vinificate separatamente, i vini ottenuti non svolgono la malolattica, e ad aprile ha luogo, dopo l’assemblaggio, l’imbottigliamento.

Note degustative

Molto beverino, facile da capire, ha una complessità perché figlio di uve nobili, ciascuna con un proprio carattere che nel blend armonizza con gli altri. E’ un bianco piacevole di colore paglierino, tendente al dorato., cremoso, con acidità importante; il traminer e il semillon conferiscono aromaticità, il sauvignon ricordi di frutta tropicale mentre il petit manseng comunica una nota minerale. Si avvertono ancora sentori di macchia mediterranea, di erbe aromatiche, note agrumate, e ancora l’elicriso, che è il timbro che contraddistingue entrambi i vini. Ottimo equilibrio tra acidità e alcolicità, quest’ultima ben integrata.

Abbinamenti

Da provare per accompagnare pesce crudo, piatti semplici, con come risotto con gli asparagi, gratinati, e grazie all’acidità che, pesci grassi e salumi.

Conclusione

Sono vini compiuti, ben equilibrati, adatti a questa stagione per la bevibilità, ma adeguati per essere proposti tutto l’anno anche grazie alla complessità. Sono vini per certi versi audaci, che trovano un importante lavoro di ricerca in cantina, con patiche enologiche tese a valorizzare l’originalità delle uve.

Nella foto 4 Clara Gentili.

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