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Quando Milano ospitò Expo2015, in Italia si cominciò a conoscere il sake interpretandolo in un modo nuovo. Furono organizzati eventi, degustazioni e il Padiglione Giapponese divenne un punto focale dell’Esposizione.

Arrivarono in Italia i produttori di sake; gli uffici commerciali e ministeriali giapponesi si prodigavano nel far conoscere quella bevanda alcolica di cui si sapeva genericamente che derivava dal riso, ma poco di più.

E proprio in quegli anni nasce Sake Company, non solo un’agenzia di Import – Export con il Giappone, ma un centro di promozione del sake. A crearlo Lorenzo Ferraboschi (foto 2) che dopo aver vissuto ed essersi sposato in Giappone con Maiko Takashima, torna in Italia convinto che il sake, quello di qualità, piacerà agli italiani e con la moglie fonda la Company. E vede giusto.

Vendita di sake on-line, corsi per Sake Sommelier, iniziative di promozione… grazie anche all’attività della Sake Company, se prima l’Italia rappresentava un modesto mercato, nel 2018 diventa il primo importatore di sake in Europa superando l’UK che deteneva saldamente il primato.

Sakeya The House of Sake, ristorante giapponese con la cantina di sake più ricca d’Europa, è un’altra creazione di Lorenzo Ferraboschi: un luogo non solo dove poter apprezzare piatti della cucina giapponese, ma anche momento di cultura dove sperimentare abbinamenti tra piatti giapponesi e sake.

Nel frattempo Lorenzo Ferraboschi intraprende altre attività, tra queste la stesura di un libro, Guida al Sake, ora in libreria, che permette di conoscere questa bevanda in tutte le sue sfaccettature. Un libro così mancava, considerato l’interesse sempre più forte per il tema come testimoniano non solo i dati di vendita, ma anche le partecipazioni costantemente più numerose ai corsi per Sake Sommelier, la richiesta di interventi integrativi sul tema negli stessi corsi di Sommelier del vino, ed è interessante notare che nei siti di vendita on-line di vini, Sake, dopo Vino, è la parola più digitata.

La Guida al Sake è costituita da tre capitoli: il primo è dedicato alle origine e alla storia del sake; il secondo alla produzione e ai processi fermentativi; il terzo a come degustare al meglio il sake.
Ed è tutto scritto in stile narrativo scorrevole, chiaro, esaustivo.

Un aspetto che ci ha subito colpiti è l’elevata alcolicità di questo “vino” di riso, che forse per questo motivo qualcuno in passato ha scambiato per distillato. Considerato che il mosto d’uva ha una maggior ricchezza zuccherina di quello del riso, ci aspettavamo che il vino fosse conseguentemente più alcolico. In una presentazione della guida Lorenzo Ferraboschi ha spiegato perché non sia così. E’ proprio la grande ricchezza di zucchero dell’uva che fa si che i lieviti facciano inizialmente più fatica a svolgere la propria funzione perché tanto è maggiore la presenza di zucchero più il lievito è soggetto ad uno shock osmotico iniziale che lo rallenta.

Nel caso del sake, invece, ci sono meno zuccheri per cui non si origina nessuno shock osmotico, e inoltre il lievito è affiancato da un fungo, il koji (fermentazione multipla parallela) che continua a saccarificare così che i lieviti, che forniranno la cifra stilistica del prodotto finito, sono costantemente “nutriti” e possono spingere l’alcolicità sino a 20 gradi.
Il sake differisce da altre bevande fermentate, come birra e vino, in quanto può essere servito a varie temperature. Ma ci sono regole da rispettare. I sake meno cari (che non significa di minore qualità) si possono servire a un ventaglio di temperature più ampio in quanto possono essere proposti rinfrescati o riscaldati.

Il riso per produrre questi sake è meno sbramato, pertanto è un riso con un chicco grosso che conseguentemente origina sake maggiormente strutturati. Ciò perché meno il chicco è sbramato e maggiori sono le “impurità” che cede, ossia sali minerali, lipidi, dei quali il koji si nutre fornendo maggiore complessità. Se il chicco è molto sbramato, invece, il koji si nutre di solo amido e conseguentemente genererà sake più sottili.

Pertanto i sake più complessi e strutturati nascono da riso meno sbramato mente quelli più fini, aromatici e setosi da riso molto sbramato talvolta così levigato da presentarsi in piccole sfere, perle minute.
Il sakè più raffinato va generalmente bevuto fresco in quanto se ne coglie ugualmente l’aromaticità, mentre il più “grezzo” oltre che fresco si può servire caldo così che il calore gli fornirà la spinta per meglio esprimere i profumi.
Conseguentemente se fresco si serve in un bicchiere ampio per dar modo agli aromi di liberarsi, mentre con il sakè caldo si utilizza un bicchiere meno capace proprio perché, come detto, il calore favorisce la volatilizzazione degli aromi.

Per quanto riguarda gli abbinamenti una regola consiste nel servire il sake in base alla temperatura del piatto: con un pesce crudo un sakè fresco, con un risotto fumante uno caldo.

Nella Guida sono riportate le diverse classificazioni di sake in base alla sbramatura che denomina il sake così da permettere un’agevole lettura delle etichette. E tante, tante altre info.

Guida al Sake
Lorenzo Ferraboschi
Trenta Editore
128 pagine
16,00 euro
Il libro è in vendita in libreria, su Sake Company  e sui principali siti di vendita online.
Per informazioni e materiale per la stampa scrivere a Trenta Editore cliccando qui.

Di questo Autore