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Un importante lavoro d’impegno civile che racconta la storia di un’Italia a cui era rimasta solo quell’estrema risorsa di dignità: il diritto a un rifiuto. Accadeva il 13 novembre 1931. Nel 1931 fu imposto a tutti i professori universitari di giurare fedeltà al regime fascista. Solo 12 professori su oltre 1200 rifiutarono di prestare giuramento. Claudio Fava (foto 2) racconta la storia di uno di loro, che rappresenta i pensieri e i gesti di tutti coloro che ebbero il coraggio di dire “no”, consapevoli di andare incontro a conseguenze pesantissime per le loro vite professionali e personali.

A guidarli, secondo Fava, fu «l’incapacità della menzogna, il rigore illuminista del sapere, la noia per le liturgie del fascismo. Ma anche l’intuizione sul destino del paese, sul modo in cui furbizie e conformismi avrebbero trasformato l’Italia di quegli anni in una terra senza libertà e senza decenza». Le teste si possono tagliare o contare. Il regime fascista, nelle università italiane, scelse entrambe le soluzioni. Di teste ne contò milleduecentotrentotto. Dodici furono quelle che tagliò. Eroi per caso di un’Italia civile a cui era rimasta solo quell’estrema risorsa di dignità: il diritto ad un rifiuto.

Accadeva il 13 novembre 1931. Il mio testo teatrale racconta uno di loro. Che nella propria storia raccoglie i pensieri e i gesti di tutti: l’incapacità della menzogna, il rigore illuminista del sapere, la noia per liturgie del fascismo. Ma anche l’intuizione sul destino del paese, sul modo in cui furbizie e conformismi avrebbero trasformato l’Italia di quegli anni in una terra senza libertà e senza decenza. Si chiama Mario Carrara e fa il medico legale in un tempo ancora abituato a censire gli uomini e le anime con l’algida geometria di Cesare Lombroso: fronte, ossa, sguardo, fiato, pelle…Nella vita di Carrara – vedovo, solitario, ironico e inacidito al tempo stesso – c’è l’università che per lui è esercizio del dubbio volterriano.

C’è la fantesca Tilde che lo accudisce, lo sfotte, lo scuote. C’è il suo corredo di pillole minute come un’unghia per sedare claustrofobie e gastriti. E c’è il carcere, dove Carrara da vent’anni va ad ascoltare, a lenire, a curare solitudini. Attorno a lui corre l’Italietta conformista dei primi anni del fascio, gli studenti con la tessera del Guf cucita nella tasca dei pantaloni, il finto perbenismo, la carriera, le conversazioni vaghe e discrete dei colleghi, le brume umide di una città del Nord… Sulla politica, fatta di goliardia e di lettere maiuscole, Carrara nutre un disagio estetico più che ideologico. Gli sembrano ridicoli certi suoi studenti inamidati in camicia nera e pugnaletto. Gli vengono a noia le finte orazioni dei colleghi più anziani sulla patria e sul destino. Troppo poco per un turbamento o per una ribellione: la vita potrebbe scorrere senza pieghe…

Finché accade qualcosa. All’inizio sono solo dettagli: passi di marcia lungo la strada, un detenuto bastonato in cella, la rassegnazione di certi colleghi, la tiepida prudenza di ragazzi che hanno solo metà dei suoi anni… Lentamente attorno a sé Carrara percepisce l’agonia di un’Italia in cui molti capiscono cosa sta accadendo, ma pochi scelgono di stare dalla parte giusta. Non scelgono ebrei e liberali, che continuano a iscriversi a migliaia al partito fascista. Non sceglie la chiesa che cerca solo parole di benevola neutralità. Perfino socialisti e comunisti continuano a ritenere Mussolini solo un frutto del caso, un errore minore. Quando il rettore gli comunica data e prescrizioni del giuramento – fedeltà al re e al duce – Carrara capisce di non poterlo fare. Non per eroismo. È che in quel giuramento, in quel rito a cui tutti si sottoporranno per lasciare quiete le loro esistenze, Carrara riconosce improvvisamente anche la propria vita: le pillole disposte in buon ordine sulla tovaglia dei suoi pranzi da vedovo, l’inconfessabile paura di accettare il corteggiamento di Tilde, l’estraneità per quei ragazzi a cui ha regalato il proprio sapere senza rivolgere loro mai una domanda di troppo. E invece le domande adesso sgorgano, impertinenti, necessarie: che ci fate a vent’anni con quel pugnaletto e la camicia nera?

Più che una ribellione, è il senso della decenza. Ma anche l’occasione per dare una sferzata alla propria vita. In quell’ultima lezione di verità ai suoi giovani avanguardisti e ai suoi rassegnati colleghi. In quell’amore sospeso per Tilde che ha trovato finalmente il coraggio e la spudoratezza di non rifiutare. In una delle ultime scene, mentre gli altri professori – ligi e mansueti – pronunciano il loro giuramento, vedremo Carrara attraversare i camminamenti del carcere in cui ha sempre lavorato da medico legale: questa volta da detenuto, con i pantaloni larghi e i passi trascinati, perché gli hanno tolto cintura e stringhe. Non ha giurato. Non poteva. Non potrà mai più. [Il giorno dopo le cattedre dei reprobi verranno immediatamente riassegnate. Nessuno dei nuovi docenti si tirerà indietro. Alla storia resteranno solo i nomi dei dodici che seppero dire di no a Mussolini. Mario Carrara fu uno di loro.]

Teatro Stabile di Catania presenta IL GIURAMENTO prima milanese 
dal 20 al 25 FEBBRAIO 2018 novità assoluta di Claudio Fava regia Ninni Bruschetta (foto 3).  Le musiche sono firmate da Cettina Donato, compositrice, arrangiatrice e pianista italiana, prima donna italiana a dirigere orchestre sinfoniche con repertorio jazz. Il 22 febbraio alle ore 18,30 presso il Teatro Menotti, Claudio Fava incontrerà gli studenti delle scuole superiori di Milano e il pubblico per raccontare ed approfondire una delle pagine più drammatiche della storia italiana. Parteciperanno:

l’on . Claudio Fava;

Roberta Cairoli, storica e membro del direttivo dell’Istituto di Storia contemporanea Pier Amato Perretta di Como, ricercatrice del Centro Lumina di Milano e socia della Società Italiana delle Storiche;

Ninni Bruschetta, regista dello spettacolo “ Il Giuramento;

Saverio Ferrari dell’Osservatorio Nuove Destre che da molti anni studia il fenomeno delle destre radicali e si occupa di ricerche storiche;

Roberta Pizzochera, ricercatrice del centro studi sociali ed umanistici Malise che modererà l’incontro.

Verrà inoltre proiettato il documentario Erano tutti giovani, La Resistenza di Linda, Una testimonianza autentica degli anni della guerra e della Resistenza. Un affettuoso omaggio a una donna che li ha vissuti intensamente . Nel foyer del teatro verrà installata la mostra di Antonio Manta sul monumento Yad Vashem, il centro mondiale per la memoria dell’Olocausto .

BIGLIETTERIA TEATRO MENOTTI

PREZZI intero 28.00 € + 1.50 € prevendita

ridotto over 65/under 14 – 14.00 € + 1.50 € prevendita

martedì e mercoledì posto unico 14.00 € + 1.50 € prevendita

ORARIO BIGLIETTERIA

Dal lunedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00

domenica ore 14.30 | 16.30 solo nei giorni di spettacolo

Acquisti online con carta di credito su www.teatromenotti.org

ORARIO SPETTACOLI

martedì, giovedì e venerdì ore 20.30

mercoledì e sabato ore 19.30 (eccetto le prime ore 20.30)

domenica ore 16.30 lunedì riposo

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