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Potremmo definire dalla Cave alla Sakagura il percorso di Richard Geoffroy (foto 1), Chef de Cave Dom Perignon dove in 28 anni ha saputo fare di un ottimo prodotto uno Champagne eccellente. Cave e sakagura sono due modi per dire cantina, intesa come luogo dove grazie a fermentazioni, elevamenti, assemblaggi, affinamenti, masse di liquido più o meno zuccherine si trasformano in bevande alcoliche. Se a dirigere e domare mosti impazienti e fermentazioni tumultuose è un artista al pari di Geoffroy, allora nascono capolavori di cave e di sakagura.

Ma chissà cosa avrà pensato Richard Geoffroy assaggiando per la prima volta il sake, magari in uno dei suoi novanta viaggi in Giappone. L’avrà paragonato al vino? Ne avrà cercato l’acidità? la persistenza?

In occasione della presentazione milanese presso Armani Ristorante  di IWA 5 Assemblage 2 2020 (foto 2 e 3), ossia del “suo” sake, Geoffroy spiega, introducendo la serata, che nel sake ci sono tante elementi della cultura giapponese, ed è di fatto una bevanda identitaria, “local” come del resto sono tali tutte prima di essere esportate, a partire dallo Champagne.

E se Richard Geoffroy ha dato molto della sua competenza, sensibilità, intelligenza allo Champagne, qualche anno fa, guardandosi allo specchio mentre si sbarbava pensò che era giunta l’ora di iniziare una nuova esperienza, vale a dire la ricerca di un indefinibile qualcosa che fosse nuovo, ma soprattutto stimolante. E grazie alla sua sensibilità che gli ha permesso di coltivare negli anni un rapporto profondo con la cultura giapponese, ha trovato l’ ispirazione. Così dopo Dom Perignon si è dedicato e confrontato con il sake, bevanda associata al Giappone. In questo modo ha saputo mutuare la sua maestria di Chef de Cave, nella produzione di un sake segnatamente innovativo, senza però spezzare fil rouge che lo lega alla tradizione nipponica.

Il sito produttivo si trova nella prefettura di Toyama e si chiama Shiraiwa. L’intuito, la sensibilità, l’esperienza di Geoffroy si sono nuovamente espresse evidenziandosi con la nascita di IWA 5 Assemblage 2 2020 che unisce 3 diverse qualità di riso e 5 di lieviti; del riso utilizza solo il cuore del chicco, una piccola sfera che rappresenta il 35% dell’intero granello (caratteristiche queste, insieme all’assenza di alcol aggiunto, di Junmai Daiginjo, categoria di sake pregiati). Geoffroy spiega che “Sake parla di cultura, terroir e persone” e lo interpreta come un’estensione del vino. Ma cosa è il terroir se non l’insieme dei fattori ambientali legati a terreno, esposizione, latitudine, altitudine, clima, oltre ovviamente alla componente umana? E qui il terroir narra di colline pedemontane, di pianura coltivabile, con accesso all’acqua pura alimentata dalla neve che si scioglie direttamente dal tetto del Giappone.

E 5 è il numero universale dell’equilibrio e dell’armonia e per IWA rappresenta la cuvée di questo sakè pensato per durare nel tempo. La produzione non è statica, non si ripeterà con precisione millimetrica di anno in anno, ma piuttosto è sperimentale, capace di rinnovarsi nel tempo.
Nel calice IWA 5 è cristallino, con sentori che variano con il variare della temperatura di servizio in un succedersi di ricordi vegetali, speziati, fruttati e anche minerali. A ciò si aggiungano salda struttura, sorso suadente, avvolgente e morbido, sferico. Nel degustarlo abbiamo avvertito una nota fumé, che Geoffrey , odorandolo con noi, ci ha confermato: ma da dove nasce? Da una varietà di riso? Dalla fermentazione? Dall’elevamento? O forse nasce proprio da un’alchimia? E poi ancora ci sorprende un improvviso, marcato profumo floreale di fiori bianchi, vorremmo dire di gardenia.

Abbinamenti

Ma a che cosa abbinarlo, visto che il pairing è, al di fuori della degustazione pura, il modo in cui si possono apprezzare al meglio una bevanda e il cibo che accompagna? A spiegarcelo ci ha pensato Francesco Mascheroni Executive Chef di  Armani Ristorante.
Innanzitutto ci ha ricordato dove siamo, con una composizione di quattro appetizer (foto 4) per rappresentare altrettanti Armani nel mondo ossia una piccola mela al formaggio cremoso per rievocare New York, un macaron al Campari, perché siamo a Milano, una piccola sfera, sorta di falafel come simbolo di Dubai e un gyoza per celebrare Tokio.

Dopo questo assaggio propedeutico alle successive portate, è stato servito un piatto in cui il fungo è protagonista, supportato dalla croccantezza di cannoli di mais, oltre che da profumi di basilico e una da densa vinaigrette all’uovo (foto 5): il sorso avvolgente del sake si abbina al sapore umami dei funghi e di questi modella gli spunti vegetali.

La tartare di dentice trova il contrappunto croccante nel tempura (foto 6 ); la condiscono tocchi fruttati così da fornire spunti dolci che bene si abbinano alla morbidezza di IWA.

Gli imperdibili ravioli farciti con agnello di Langa, sono “addolciti” non da frutta ma da pomodoro datterino confit, vivacizzati da una nota di calamansi (foto 7). La dolcezza dei pomodorini e la sapida complessità dei ravioli si intessono rispettivamente con la sfericità e con le note umami del sake.

Il piccione con zucca e tamarindo (foto 8), è un piatto strutturato, ingentilito dalla presenza zuccherina della zucca e con uno spessore aromatico ispessito dalla presenza del tamarindo che richiede un abbinamento con un sake ancora una volta morbido, al tempo corposo e ancora con note umami; la morbidezza del sake oltre ad abbracciare la dolcezza della zucca, equilibra la persistenza amarognola del paté del piccione servito in tartelletta. Infine per dessert pesca grigliata così da enfatizzarne la dolcezza, mandorla e dragoncello totalmente in sintonia con l’accompagnamento.

Conclusioni
Prima considerazione: diversamente da un vino tutto pasto che si cambia con il dessert, IWA 5 armonizza con tutte le portate. Queste, inoltre, e va sottolineato, sono molto diverse: sapori vegetali con i funghi, delicatezza del pesce crudo, sapori intensi dei ravioli e del piccione, infine dolcezza del dessert.
Gli abbinamenti esprimono coerenza anche grazie alle nuance dolci di frutta nel pesce, di pomodorini confit e di zucca, oltre ovviamente di pesca grigliata, che si fondono con la morbidezza della bevanda. E qui intuiamo la professionalità di Francesco Mascheroni che ha saputo ben interpretare l’esprit di IWA 5 cioè, orchestrare sapori, aromi, consistenze creando armonia che sottende un grande rispetto non solo per il prodotto, ma aggiungiamo noi, anche per il maestro che l’ha creato.

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