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Proponiamo un articolo che pubblichiamo in due puntate,- la seconda potete leggerla qui. La prima riguarda il riconoscimento UNESCO, l’Azienda di Graziano Merotto e una verticale dedicata al Prosecco Superiore di punta dell’azienda. La seconda verterà su Merotto Space e la degustazione dei vini della Cantina.

Le Colline del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene sono state riconosciute a luglio Patrimonio dell’UNESCO. Ne abbiamo parlato qui e nell’occasione abbiamo detto come l’agricoltura sia intessuta in tale contesto. Ma per capire il senso e la portata di questa fusione, e anche del riconoscimento stesso, occorre andare sul luogo e passeggiare nelle vigne. Lo abbiamo fatto visitando i vigneti dell’Azienda Agricola Merotto che si inerpicano su colline talvolta scoscese disegnando filari che non sono, come quelli di altre zone, geometricamente perfetti. Includendo anche i vigneti di fidati conferitori, comprendono Col San Martino, Farra di Soligo e Collalto alle Rive di Col San Martino Particella 86, un cru.

I filari non tracciano linee rette, ma leggermente ondulate o ad arco poiché spesso la roccia affiora e quindi non rende possibile la piantumazione ( foto 1, video 2 e foto 3). Percorrendo i filari si può notare come le dimensioni dei ceppi non siano omogenee in quanto convivono piante di età diverse. Il vigneto, cioè, non è formato da piante della stessa età e ciò per vari motivi. Le radici delle viti conferiscono solidità al terreno. Se si sradicassero i filari più in alto, per esempio per sostituirli con viti più giovani, il terreno smotterebbe. Quando una pianta va sradicata, qualsiasi sia la posizione nel vigneto, è sostituita con una più giovane che in questo modo si trova affiancata a vigne più vecchie e così operando si possono trovare filari con viti di ogni età. Questo quadro permette di capire come il riconoscimento UNESCO sia riferito non a una bellezza paesaggistica incontaminata, ma a un ambiente modellato dall’uomo anche grazie all’agricoltura. Ma cosa comporta, pensando al vino, un vigneto con viti di età non omogenee? Mark Merotto, l’enologo della Cantina (nonostante l’omonimia non è parente del titolare), spiega che le uve delle viti più giovani trasmettono al vino note fruttate, mentre quelle più vecchie comunicano sentori floreali. Vendemmiando quindi insieme uve di piante di età diverse, si comunicherà al vino un più ampio spettro aromatico.

La degustazione
Capire un paesaggio permette di affrontare nel migliore dei modi la degustazione dei vini lì prodotti in quanto tra sapori e profumi, si cerca di riconoscere le caratteristiche che un certo tipo di viticoltura ha trasmesso al vino. Ci troviamo nel nuovo Space dell’Azienda Agricola Merotto a Col San Martino in provincia di Treviso.

La cantina produce spumanti in autoclave Valdobbiadne Prosecco Superiore Docg, oltre al Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg e al Gran Cuvée Rosé Brut. E’ stata fondata nel 1973 da Graziano Merotto (foto 4), formatosi alla Scuola Enologica di Conegliano, il quale ha cominciato a produrre Prosecco da uve glera sur lie, ossia lasciando il vino a contatto con i lieviti.

Nel suo percorso Merotto, il quale oltre a una conoscenza teorica e tecnica ha la capacità di “sentire la terra” e pertanto cogliere le fasi dello sviluppo e della maturazione delle viti, ha dato vita a un’ampia gamma di vini, ciascuno ben differenziato dagli altri nonostante siano sostanzialmente Prosecco Superiore.

Nel 2009 ha inizio la produzione dello spumante che diventerà il più rappresentativo dell’azienda ossia il Cuvée del Fondatore Graziano Merotto Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Rive di Col San Martino Brut Millesimato, dalle uve della citata Parcella 86. E’ prodotto utilizzando una pratica viticola quantomeno insolita con l’obiettivo di ottenere un grande spumante brut senza perdere le caratteristiche del Prosecco Superiore. Venti giorni prima della vendemmia il 20% dei tralci è reciso in modo che i loro grappoli comincino un processo di appassimento, concentrando pertanto gli zuccheri, ma conservando al tempo stesso l’acidità dell’uva ancora verde. I grappoli sono poi vendemmiati con gli altri e pressati. Ha luogo quindi una rifermentazione del mosto che dura sei mesi e che grazie alla lisi dei lieviti, amplia lo spettro organolettico analogamente allo spumante Metodo Classico. Nel calice riflette colore paglierino, percorso da fini bollicine. Al naso è intenso con sentori di frutta bianca, di agrumi e floreali. In bocca è fresco e sapido. La denominazione di questo vino riporta la specifica Rive, riferita unicamente agli spumanti, che sta a indicare un appezzamento collinare su pendenze spesso aspre, da cui nascono vini di elevati standard qualitativi.
Abbiamo partecipato a una verticale condotta da Mark Merotto della Riserva del Fondatore 2010, 2012, 2014, 2016, 2018 (foto 5). L’idea che vi fosse un’etichetta di nove anni (foto 6) ci è sembrata circostanza insolita considerato che il Prosecco non è un vino longevo.

Partiamo dal 2018, l’ultima annata che ha la freschezza che potevamo aspettarci accompagnata da una complessità sorprendente. Il 2016 è un vino più maturo, con note sapide, nuance minerali. Il 2014 denuncia un’annata fredda esprimendo acidità elevata. Il 2012, nonostante l’età, è convincente, morbido, complesso, con ricordi di pane tostato, ancora dotato di freschezza: il profumo ricorda quello di uno spumante Metodo Classico, o, meglio, di uno Champagne. Anche il 2010 ricorda il profumo di uno Champagne: ha colore marcato e in bocca presenta maggiore morbidezza del 2012 ma ha ancora la sufficiente acidità che ci permette di apprezzarlo e di ammirarlo.

Sarebbe interessante degustarlo fra un anno per capirne il punto di arrivo.

Di questo Autore