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Mi View Restaurant,  e il nome lo anticipa, è il ristorante milanese che offre uno dei panorami più suggestivi della città. Dall’alto del ventesimo piano della Torre WJC si delinea una skyline insolita e suggestiva. Il ristorante, cucina a vista, è sobriamente elegante. Usciti dall’ascensore, anch’esso panoramico, il cliente è subito accolto e accompagnato nella sala dove il personale di alta professionalità, ma al tempo stesso ospitale, lo fa accomodare al tavolo prenotato. Piace la luminosità della location e se la stagione e il tempo lo permettono, le sfumature rosse del tramonto arredano l’ambiente di note calde.

A occuparsi di noi la Maitre Sommelier Monica Angeli, capace di raccontare al meglio i piatti e di suggerire i vini più adatti ad accompagnarli. La carta serale  prevede tre menu degustazione, o più esattamente tre percorsi gastronomici, rispettivamente di 5, 7, 10 portate con o senza vini abbinati.

Ma non è una carta rigida in quanto si possono scegliere i piatti dai vari menu.

A pranzo le proposte cambiano. La cantina è decisamente internazionale con referenze di vari paesi dal Libano alla Nuova Zelanda, con referenze francesi, tedesche spagnole, slovene… oltre a una selezione di Champagne e per gli appassionati anche una selezione di vini Orange. Etichette italiane anche di piccoli produttori che ben rappresentano l’enologia nazionale. La carta dei vini è curata da Monica Angeli.

Pane e lievitati sono home made (foto 1)

Concordato il percorso gastronomico, la Maitre Sommelier ci ha proposto tre diverse etichette. E’ stato un piacere conoscere referenze di produttori che ignoravamo, con vini eleganti, puliti, complessi e al tempo stesso di segnata bevibilità. Ad aprire la serata Franciacorta Docg Brut, Bosio, floreale e fresco.

La prima portata di Amouse bouche (foto 2) comprende
Salmone marinato alla barbabietola
Cozza, mela verde e yogurt
Gelato ai ricci di mare e Pata Negra
Tartelletta di foie gras e gelatina al Marsala

Da qui iniziamo a capire lo stile dello chef Cristian Spagnoli. Per presentarlo basterà dire che era nella Nazionale Italiana Cuochi fino al 2017, ed è stato Cuoco dell’anno 2013.

Ogni singolo pezzo di questa portata rivela una propria compiutezza, in piena sintonia con il pensiero di Auguste Escoffier, lo chef francese considerato il padre dell’alta cucina, che in merito agli antipasti scrisse “ciò che non hanno in termini di quantità, dovrà essere compensato da un’estrema finezza di gusto, e di una cura nella disposizione tale da renderli irreprensibili”.

E sono queste preparazioni mignon a fornire il timbro all’intero menu. Il cuoco con questi assaggi comunica cosa sappia produrre, di quale livello tecnico dispone e quanto sia evoluto il proprio gusto. Di fatto in cucina non si crea nulla di nuovo, ma sono gli abbinamenti, il food pairing del cibo, a determinare la novità.
I sapori degli ingredienti di ogni assaggio sono netti, distinti e con la masticazione si fondono, si assemblano, si bilanciano senza mai generare distonie: dalla semplicità del salmone, un gravsd laks che ritrova nella dolcezza della barbabietola un sapore della sua marinatura, alla complessità della tartelletta di foie gras e gelatina al Marsala dove le note amarognole del primo sono ammorbidite dalla seconda.

Essenza di carota: Purea di patata della Sila in infusione di carota (foto 3).
E’ un gioco di cucina dove la semplicità del gusto mostra sfumature diverse operando con altrettante diverse consistenze.

E poi cosa dire del menu, un susseguirsi di sapori. Lo chef in alcun piatti utilizza più ingredienti, senza mai ridondanze, evidenziando padronanza e capacità nel gestire la materia.
Granchio nel bosco: Insalata calda di funghi cardoncelli, spalletta di vitello e granciporro (foto 4): i funghi carnosi rappresentano la componente più neutra del piatto così da attenuarne le note più vigorose. Ad accompagnarlo un cremoso e sapido Etna Bianco Nerina 2018, Girolamo Russo (foto 5).

Apprezziamo gli abbinamenti insoliti se ben calibrati. Per contro siamo poco tolleranti nei confronti di accostamenti che sembrano voler più stupire che piacere. Il piacere, invece, non ha mediazioni con Ricci in testa: Spaghetti incartati Morelli, polpa di ricci di mare, gel di testina di vitello, grué di cacao (foto 6). Il piatto unisce due ingredienti, ricci e testina di vitello, che si collocano agli antipodi per caratteristiche gustative e merceologiche, ed entrambi sono molto golosi. Qui si uniscono generando un insieme armonioso dove le grué di cacao fanno da contrappunto vivacizzando i sapori profondi del piatto. Preparazione tecnicamente perfetta.

Andiamo a caccia: Petto di fagiano con terrina ai mirtilli e patè di fegato (foto 7). E’ un piatto della cucina classica, che utilizza le tecniche di alta culinaria; apprezziamo il fondo ridotto, perfetto per intensità di sapore, di consistenza, di colore, addensato senza scorciatoie e dotato di giusta lucidità. La carne è morbida e saporita, e ciò non è dato trattandosi di una varietà, il fagiano, e di un taglio di carne, il petto, molto asciutti quando non stopposi. Nel piatto un patè che ha più la consistenza di un foie gras che non di un pasticcio. Preparazione equilibrata con un felice accostamento di piccoli frutti. Ad accompagnare la portata Loach 2018, Radoar (foto 8 ) da uve, zweigelt e pinot nero: fruttato e vibrante

Un’altra costata: Filetto di manzo cotto affogato, sentori di yogurt, topinambur e olio alla curcuma (foto 9) è l’esaltazione-valorizzazioe della materia prima. Sapore, grado di cottura, morbidezza e qualità della carne sono ineccepibili. La guarnizione non distrae, non manca un fondo ridotto, perché qui si cucina. Il protagonista assoluto è il filetto da affettare, degustare, coglierne la succulenza, e che prima di portare alla bocca passiamo nella riduzione per arricchirne di nuance umami la sapidità. Carne da addentare come il topinambur con le sue garbate note amaricanti che contribuiscono ad ampliare il ventaglio gustativo della portata.

Per dessert Cioccolato che passione: Mini mousse al cioccolato bianco, latte e caramello, spugna al cacao, gelato Guanaja 70%, una sinfonia di docezze… lla foto, meglio delle parole (foto 10).

Conclusioni
Riteniamo che quando si posseggano, come nel caso di Cristian Spagnoli, le tecniche culinarie, e un gusto educato, si possano percorre diverse strade, quella della tradizione, magari supportata dalla tecnologia, e quella della contemporaneità che suggerisce innovazione. Così lo chef spazia con mano sicura nei vari ambiti, ma qui emerge lo stile: pur nella complessità delle elaborazioni, Spagnoli rispetta il sapore originario dell’ingrediente, il suo esprit, perché non lo perde mai di vista. Capacità, questa, che apprezziamo molto.

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