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Abbiamo concluso lo scorso articolo sull’olio (per leggerlo cliccare qui) con una domanda: come riconoscere un buon olio? E’ pur vero che la maggioranza di noi profani difficilmente è in grado di riconoscere un buon olio. In questo ci aiutano le indicazioni di massima dei produttori e degli esperti in materia: il nostro palato, guidato dal buonsenso, può orientarci correttamente.

Le note olfattive potranno variare e ricordarci la mandorla, il carciofo, il sentore erbaceo, i frutti di bosco o il pomodoro.

All’assaggio si potranno avvertire sensazioni differenti: il fruttato, l’amaro e il piccante saranno elementi distintivi di un olio extra vergine. Il fruttato potrà essere leggero, medio o intenso e in base a questo se ne determinerà l’abbinamento a tavola.

Indici di scarsa qualità saranno invece al gusto il rancido, il riscaldo o la muffa. La fluidità dovrà essere medio-bassa e il colore dal giallo al verde intenso. Fondamentali per garantire una shelf-life ottimale del prodotto, sono le precauzioni di conservazione: utilizzo di materiali adeguati, quali vetro scuro o latta e il riparo da luce e fonti di calore, che potrebbero innescare processi ossidativi e fermentazione.

La classificazione qualitativa degli oli vergini di oliva viene attualmente affidata ai panel test, ovvero gruppi omogenei di esperti chiamati alla valutazione organolettica in base a criteri oggettivi fissati dal Regolamento (CE) n. 2568/91 e successive modificazioni. Diffidare quindi da super offerte su presunti extra vergini di qualità e da prodotti di dubbia provenienza: una garanzia in tal senso ci viene data dall’acquisto di extra vergini DOP, prodotti nel rispetto di rigidi disciplinari, che ne assicurano la tracciabilità e la filiera.

A testimonianza della crescente valorizzazione del prodotto, definito dai più autorevoli un functional food, si parla sempre più di terroir, anche in fatto d’olio. Termine finora riservato al vino, il terroir di un olio extra vergine esprime l’interazione tra i fattori ambientali che caratterizzano e conferiscono unicità alle varietà (cultivar) e il fattore umano, portatore di cultura e sviluppo sociale.

Tutto questo per definire e consolidare l’elemento fortemente identitario degli oli monovarietali. Il mondo dell’olio d’oliva non è statico: nuovi creazioni si delineano sia per il packaging, sia per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche stesse. Ma questo sarà il tema del prossimo e ultimo articolo sull’olio extra vergine.

Articolo di: Giuliana Fais

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