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Abbiamo incontrato Silvia Cirri, patronne dell’Azienda Podere Conca di Bolgheri  nella sua casa milanese per un press lunch preceduto da una verticale di cinque annate di Agapanto Bolgheri rosso e da un’annata di Apistós Cabernet franc in purezza (foto 1). In un precedente incontro abbiamo presentato l’azienda (ne abbiamo parlato qui).

Vorremo però riprendere qualche informazione per meglio contestualizzare l’incontro odierno.
Silvia Cirri è medica in un ospedale milanese e imprenditrice vitivinicola a Bolgheri.

Prologo

La madre, innamoratasi del Bolgherese, dopo anni di frequentazione acquista nel 1982 una casa con podere annesso che comprende circa 800 ulivi di cultivar leccino e moraiolo, già all’epoca a conduzione biologica, dando il via a una produzione di olio che successivamente commercializzerà.
Silvia Cirri, pur impegnata nella propria attività ospedaliera, è attratta dal mondo del vino, tant’è che, nonostante il poco tempo a disposizione, segue i corsi di sommelier AIS, affascinata dalla scientificità che implica la produzione vinicola.

Podere Conca
Per cui disponendo di terreni a Bolgheri, zona particolarmente vocata alla viticoltura, nel 2014 Silvia Cirri mette a dimora nel suo podere un piccolo vigneto e comincia a vinificare, prima annata 2015, uve di Bolgheri selezionate, in attesa che l’impianto divenga produttivo.

Ma diventare vigneronne non è stato facile in quanto Silvia Cirri ha dovuto creare dal nulla un ambiente adatto alla vinificazione e solo relativamente da poco tempo dispone di una propria cantina con tanto di barricaia. Un plus del Podere, dal 2019 certificato bio, è la conduzione sostanzialmente di sole donne, con la guida enologica affidata a Laura Zuddas.

L’azienda produce 4 etichette, per un totale di 35 mila bottiglie. La superficie vitata si sviluppa su poco più di 5 ettari: una piccola parcella vicina all’azienda è riservata al cabernet franc trattato come un Bolgheri Superiore, dove si produce Apistós. Si trova a 6 km dal mare su Sopra Strada che rappresenta la parte più nobile, su cui insistono realtà quali Ornellaia, Podere San Guido Sassicaia, definita da terreno ferroso, sassoso, che fornisce acidità, potenza e struttura al vino. Il vigneto più esteso si colloca a le Ferruggini , distante 4 chilometri dal mare, dove la terra, più sabbiosa e argillosa, comunica eleganza ai vini.

Il vino più rappresentativo del Podere è Agapanto Bolgheri Rosso.
Silvia Ricci nel produrlo, ha voluto scostarsi dallo stile invalso preferendo un trend più fresco per cui ha unito ai cabernet il ciliegiolo, uva che conferisce maggiore freschezza oltre a note fruttate.

I vini in degustazione

Agapanto Vino Rosso Bolgheri DOC
I grappoli sono raccolti in piccole cassette per evitare che si schiaccino. Giunte in cantina, le uve (50% cabernet sauvignon, 30 % cabernet franc, 20% di ciliegiolo), sono attentamente selezionate su un tavolo di cernita quindi hanno luogo le vinificazioni separate dei singoli vitigni. Le fermentazioni – macerazioni si svolgono in vasche di cemento non vetrificato. Dopo la svinatura, il ciliegiolo è elevato in tonneau e i cabernet in barrique di rovere francese, tutti di secondo e di terzo passaggio, per una durata di 12-14 mesi. Non sono utilizzati legni di primo passaggio per evitare di trasmettere al vino note segnatmente tostate e vanigliate. Dopo il blend delle singole partite avviene l’imbottigliamento con successivo affinamento di sei mesi.

Apistós Vino Rosso IGT Costa Toscana Cabernet Franc
Apistós ossia incredibile, è il fiore immaginario che non esiste in natura ed è quindi incredibile. Il pigiato, ossia il mosto sulle bucce, fermenta e macera in vasche di acciaio per 30 giorni. Il vino è successivamenteelevato in barrique di primo e secondo passaggio per 16 mesi e affina in bottiglia.

Le annate

Abbiamo degustatole annate Agapato dal 2016 al 2020 e Apistós 2019 (foto 2).

Agapanto
In linea di massima, sia pur tra le differenze date dall’affinamento e dalle specificità delle singole annate, Agapanto è definito da profumo fruttato con sentori di prugna, mora e nuance balsamiche di macchia mediterranea; in bocca è succoso, avvolgente, con tannino che, nelle varie sfaccettature, non è mai aggressivo.

Più nel particolare:

l’annata 2016 è sicuramente a suo modo ineccepibile, ben equilibrata, anche se non è quella che ci ha più emozionato;

la 2017 ha sofferto di un clima eccessivamente caldo, però la conseguente morbidezza del vino è ben equilibrata da una buona acidità;

della 2018 si coglie la pienezza, con note balsamiche ben espresse, e tannino giustamente presente;

la 2019 è complessa, armonica, e lascia intuire margini di crescita;

Agapanto 2020 è il vino che non ti aspetti per compiutezza nonostante la giovane età; si può supporre che sia solo all’inizio di una lunga evoluzione, ma già conquista per il frutto immediato e succoso, per il tannino educato, per l’equilibrio complessivo.

Apistós
Alla degustazione riflette colore rosso rubino. Al naso si riconoscono frutti di bosco come mora e ribes nero, note erbacee e di erbe aromatiche, quindi si avverte il peperone verde.
In bocca è consistente, complesso, rotondo, strutturato tannino fine e freschezza ben integrata.

Da questa verticale cogliamo una inevitabile differenza tra le varie annate per la diversità delle uve che si sono succedute negli anni, ma anche per uno stile sempre più definito e consapevole. Dal confronto di queste etichette notiamo una indubbia crescita dell’eleganza del prodotto, risultato di una costante evoluzione qualitativa.

Dopo la verticale, nel corso del lunch (foto 3) nel delizioso giardino della casa, un gioiello in pieno centro città, non visibile agli occhi dei più, abbiamo degustato, tra gli altri, Elleboro Vino Bianco IGT Toscana 2021, che non nasce, come si potrebbe supporre, dal vermentino, l’uva bianca del territorio, ma da uve viognier, che rappresentano circa il 50 per cento dell’uvaggio, in dipendenza dell’annata, unite a chardonnay e sauvignon; Elleboro è vinificato e affinato in acciaio.
Possiede colore giallo paglierino. Al naso si riconoscono profumi di frutta gialla matura come pesca, albicocca, con una nuance appena accennata di frutta tropicale.
In bocca vi è corrispondenza con quanto avvertito in fase olfattiva, acidità vibrante, rinfrescante. È un vino molto equilibrato ed elegante.

Conclusioni

Ciò che abbiano apprezzato in tutti i vini è lo stile e l’eleganza che li accomuna, accompagnati da una nota fresca e da un’immediatezza anche delle etichette più complesse, forse merito della mano femminile (al di là di ogni stereotipo ottocentesco).
Inoltre l’approccio alla concezione dei vini non certo dissacrante, ma scuramente non canonico (il ciliegiolo nel Bolgheri, i vitigni internazionali che animano Elleboro, il Cabernet franc in purezza) lasciano intuire come Silvia Cirri sia una donna, un’imprenditrice, dotata di forte personalità, carattere, con idee ben chiare; nonostante sia “attorniata” da cantine celebrate, dal nome altisonante, non conosce l’emulazione. Ed è anche questo un aspetto che sicuramente ci ha conquistato. Podere Conca è ora a sua immagine e somiglianza. Suo e del suo team, come ci tiene a precisare.

Di questo Autore