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Valeria Benatti, sta presentando in varie città italiane il suo ultimo libro Gocce di Veleno, Giunti. E’ la storia di Claudia vittima di un maschio geloso e possessivo, incapace di capire che gelosia e possessività non sono amore, ma violenza.

Claudia ce la farà. Assistita da un centro antiviolenza, riuscirà a sottrarsi a quell’amore padrone quando capirà che un rapporto così non è normale. Abbiamo rivolto all’autrice qualche domanda.

Gocce di Veleno?

Un pugno allo stomaco. Così è stato definito. Il libro ha uno scopo nobile: quello di aiutare le donne maltrattate, che sono tantissime, non le donne violentate, non le donne ammazzate, a capire che ne possono uscire. Il maltrattamento in Italia è un fenomeno molto sommerso, di cui non si parla; l’80% delle donne maltrattate non ritiene che il maltrattamento sia un reato, quindi non denuncia. Pertanto c’è una quantità infinita di donne in Italia, che quotidianamente è insultata, derisa, svilita, maltrattata, ossia trattata in modo indegno e indecoroso da, spesso, i loro partner, mariti, compagni, e subisce tutto questo senza reagire pensando che sia normale. Non è normale.

Il maltrattamento può essere l’anticamera del femminicidio?

Penso di sì perché può esserci un’escalation. Spesso gli uomini maltrattanti, che io chiamo aguzzini, narcisi, barbablù, man mano che acquisiscono spazio e continuano a maltrattare, prendono sempre più coraggio perché non trovano dall’altra parte una reazione, ma sempre passività. La violenza ha un’escalation perché lui gode nell’umiliare; la donna pensa di dover subire e spera che lui cambierà, e la situazione può rimanere così, che è già una vita orrenda, o degenerare in violenza.

Quindi i maltrattamenti sono casalinghi. Sì può dire la stessa cosa della violenza sulle donne?

Assolutamente sì. Il maltrattamento avviene in famiglia. L’origine della violenza è per lo più in famiglia. Sono molto più rari i casi della violenza esterna. E’ una piaga sociale diffusa e sommersa, perché non se ne parla. Ho scritto un libro molto “sgradevole” soprattutto la prima parte, in cui viene raccontata la violenza, volutamente sgradevole: deve dare fastidio la passività di Claudia, deve dare fastidio la violenza del suo maschio. Si deve capire che “quella roba lì” è brutta, è sbagliata. Ho scritto cose forti, perché di quella roba lì di cui ci si vergogna se si sta vivendo, non se ne parla, ma si subisce, è minimizzata pensando che si tratta solo di parolacce e di parolacce non si muore. Certamente non si muore, ma si vive male, e non è giusto comunque. Sono relazioni malate. Vi sono fior di saggi che raccontano le relazioni malate, le dinamiche vittima – carnefice; sono profili psicologici ben precisi. Bisogna riuscire a rompere il loop tra vittima e carnefice, e trovare la via d’uscita.

In Italia, per quanto la donna si sia emancipata, c’è ancora una notevole differenza di genere. Pensa che la nostra sia una cultura che favorisce maltrattamento e violenza?

E’un problema culturale. Il maschio italiano, purtroppo non solo lui, recentemente è arrivato a concepire che la donna lavori, sia indipendente. Si tratta di conquiste recenti, dell’altro ieri, così come il voto, la possibilità di far carriera. Per cui sicuramente abbiamo fatto dei passi in avanti, ma la cultura ci mette un po’ ad adeguarsi. L’uomo è convinto che la donna sia sua, e che quindi amare una donna significhi possederla, controllarla. La donna che deve fare ciò che dice il maschio e rispondere al maschio di tutto quello che è, vuole e desidera, secondo me è un’aberrazione… però quante ce ne sono. Anche in buona fede, certi maschi sono convinti che quello sia il modo di amare: tu sei mia, tu mi appartieni, tu fai quello che dico io. C’è un proverbio napoletano che tradotto recita così: tuo marito ti batte? No! Allora vuol dire che non ti vuole bene. Storicamente siamo vissuti in questo modo dove l’uomo è il padrone e la moglie subisce, accetta. Il marito aveva la possibilità di avere altre storie, e la donna no; le donne adultere finivano in galera, mentre i maschi no. Ma questa sperequazione che da un punto di vista legale non c’è più, culturalmente esiste ancora. Se una donna è libera è connotata negativamente, mentre per l’uomo libero non esiste un corrispettivo negativo, anzi è un “figo”.

Anche il mondo dello spettacolo televisivo maleduca?

Certo. Un presentatore può essere grasso brutto e vecchio; le donne invece devono essere sempre magre, belle, giovani.

Tornando alla violenza. Lo stalking può essere un primo passo verso il femminicidio.

Sì perché lo stalker è ossessionato dalla sua vittima. Lo stalker non riesce ad abbandonare in genere la sua ex, moglie o fidanzata che sia, e continua a tampinarla. Finalmente c’è una legge contro lo stalking, ma le donne non sono sufficientemente tutelate perché vengono ammazzate anche se denunciano. Ciò perché la denuncia non basta a fermare lo stalker. La legge contro lo stalking ha già fatto molto, ma non è sufficiente perché quelli ossessionati non si fermano, sono persone pericolose a piede libero che possono ammazzare. Basta leggere le cronache: molto spesso le donne che hanno denunciato uno stalker poi sono state ammazzate. Sono delitti annunciati che vengono perpetrati. Ciò per dire che la nostra società non tutela ancora abbastanza le donne. E’ pertanto importante parlare dei centri antiviolenza che in Italia non hanno abbastanza fondi, rischiano di chiudere. C’è stato recentemente un grande concerto con cantanti donne all’Arena di Verona per raccogliere fondi per i centri antiviolenza; anche il mio libro, nel suo piccolo, darà parte del ricavato a queste strutture. Esistono in tutta Italia da molti anni, sono gratuiti, per cui qualunque donna che stia vivendo in questo momento una situazione borderline, magari non è ancora stata picchiata, magari ancora “non è detto che”, però si sente in una situazione di disagio, non riesce a lasciare il suo uomo, ha paura, si rivolga a un centro antiviolenza dove troverà un team di donne preparatissime (avvocate, professioniste, psicologhe) pronto ad aiutarla. Pensavo che questi centri si occupassero solo di violenza fisica e invece si occupano anche di violenza psicologica e di tutto quello che può essere di supporto per una donna in pericolo o che sta vivendo un grande disagio.

Le donne però non sempre fanno questo passo

Sì perché le donne che subiscono questi maltrattamenti hanno in realtà una forte ambivalenza. Da un lato vorrebbero uscirne, dall’altro sono innamorate, soggiogate, credono che si tratti di amore. Nel momento in cui vanno in un centro antiviolenza devono rinunciare al loro “amore”, a quello che loro hanno creduto fosse un amore. Quindi sono molto dibattute ed è per questo che se non sono spinte dalle amiche che le vedono in difficoltà o da una paura reale o da qualcos’altro, tendenzialmente continuano a subire perché sperano sempre che qualcosa cambi considerato che l’uomo spesso chiede scusa, enuncia buone intenzioni. Il problema è che molto spesso le cose non solo non cambiano, ma peggiorano. E deve essere chiaro che l’amore non è quella roba lì. L’amore deve far star bene, fare essere serene senza vivere nella paura.

Gocce di Veleno, un libro scritto da una donna per le donne. Un libro che però fa bene anche agli uomini.

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